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Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi Sinistra, Italia Viva e Più Europa hanno annunciato che presenteranno in Parlamento una mozione di sfiducia contro il ministro della Giustizia del governo Meloni, “in merito alla gravissima vicenda della liberazione e del rimpatrio con volo di Stato del torturatore libico”
I partiti di opposizione – Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi Sinistra, Italia Viva e Più Europa – hanno annunciato che presenteranno in Parlamento una mozione di sfiducia contro il ministro della Giustizia del governo Meloni, Carlo Nordio, “in merito alla gravissima vicenda della liberazione e del rimpatrio con volo di Stato del torturatore libico Almasri”.
Ministero giustizia a Cpi: chiarimenti e collaborazione
Intanto il ministero del Giustizia ha chiesto informalmente alla Corte penale internazionale di avviare delle consultazioni per una comune riflessione sulle criticità che hanno riguardato il caso Almasri: lo scopo è di scongiurare il ripetersi di situazioni analoghe e di avviare una sorta di ‘agreement’ per una migliore collaborazione futura. In queste ore all’Aja è dunque giunto un documento riguardante alcuni chiarimenti e ipotesi per facilitare la comunicazione con i giudici internazionali in futuro. Secondo fonti informate, al momento non sarebbe ancora arrivata alcuna comunicazione di indagini nei confronti dell’Italia da parte della Cpi.
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Il caso Almasri alla Camera preliminare della Cpi
Ieri una nota diffusa dal portavoce della Corte dell’Aja ha ufficializzato di aver acceso i riflettori sul caso Almasri. Ventitré giorni dopo aver spiccato un mandato d’arresto internazionale nei confronti del carceriere libico, la Cpi ha deciso di chiedere a Roma spiegazioni formali sui motivi che hanno portato le autorità a ignorare la richiesta di consegna, violando gli obblighi di cooperazione. Il rischio che il dossier finisca sul tavolo del Consiglio di sicurezza dell’Onu è più che concreto. Anche se l’iter potrebbe rivelarsi assai lungo. Nessuna indagine è invece all’orizzonte nei riguardi della premier Giorgia Meloni e dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, a dispetto del ricorso presentato da un rifugiato sudanese vittima delle torture di Almasri.
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Cosa può succedere
Aperto il 2 ottobre scorso su richiesta del procuratore capo della Cpi, il caso è da settimane al centro del tavolo della Camera preliminare I dell’Aja, con la giudice rumena Iulia Motoc a guidare i lavori affiancata dalle togate Reine Alapini-Gansou e María del Socorro Flores Liera. Sono state loro ad approvare il 18 gennaio il mandato d’arresto per il generale libico con l’accusa di crimini di guerra e contro l’umanità commessi dal febbraio 2011 nella famigerata prigione di Mittiga. Una decisione avallata pur con “un’opinione in dissenso” espressa dalla messicana Flores Liera, giudice dalla carriera diplomatica di altissimo profilo, dichiaratasi contraria sostenendo che la Cpi non abbia giurisdizione in merito. Una carta giocata poi dal governo per evidenziare, nelle parole di Nordio, il “pasticcio” commesso dal tribunale dell’Aja. A dettare le prossime mosse nel confronto sempre più teso tra il governo e l’Aja saranno lo Statuto di Roma, caposaldo della Corte, e il regolamento 109 della stessa Cpi che prevede il possibile rinvio del dossier all’Assemblea degli Stati Parte o al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Un bivio delicato davanti al quale, se le giudici dovessero ritenere l’Italia responsabile di mancata collaborazione, il caso non resterebbe confinato all’Aja – che esercita giurisdizione sulla Libia in virtù di una risoluzione dello stesso organo esecutivo dell’Onu – ma finirebbe dritto a New York, dove la Cpi è sempre più sotto il fuoco di Donald Trump.
Approfondimento
Caso Almasri, che cosa è successo. Le tappe della vicenda
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