Anche Esselunga ha presentato querela per essere stata contattata dalla banda del finto Crosetto. Le denunce ufficiali salgono così a quattro: oltre a Esselunga, la famiglia Beretta, che sta al vertice della multinazionale bresciana produttrice di armi, la casa farmaceutica Menarini degli Aleotti, e Massimo Moratti, che a oggi sembrerebbe l’unico ad aver versato un milione di euro circa su un conto in Olanda (poi il denaro è stato dirottato ad Hong Kong) in teoria per pagare un riscatto per due giornalisti rapiti in Medio Oriente. L’elenco degli imprenditori e dei gruppi industriali contattati da truffatori fingendosi membri dello staff di Crosetto, o direttamente lui stesso, sembra destinato a crescere.
Non ci sarebbe alcun collegamento con gli spioni di Equalize a Milano, né con quelli della squadra Fiore su cui indagano i pm della Capitale. E l’inchiesta della Procura meneghina sui truffatori con la voce di Crosetto non ha nulla a che vedere neppure con le vicende relative ai presunti dossieraggi. Lo confermano a Domani fonti investigative. Quello che sta coinvolgendo il capo del dicastero di via XX Settembre è però un caso misterioso e aperto: chi si cela dietro a coloro che avrebbero tentato truffe milionarie usando il ministro?
Gli inquirenti, che indagano anche per associazione a delinquere, stanno cercando di rispondere a questa domanda mettendo in fila le denunce che proprio nelle ultime ore sono arrivate sulle scrivanie dei magistrati di Milano e che portano le firme di grandi e potenti famiglie imprenditoriali. Una decina le presunte vittime. Ma i casi di truffa, tentata o meno, potrebbero aumentare, con gli esposti, per esempio, dei patron di Luxottica e dello stilista Giorgio Armani, nonché di ulteriori vertici imprenditoriali. Come Diego Della Valle, Marco Tronchetti Provera, Patrizio Bertelli (gruppo Prada), Francesco Caltagirone.
Sempre secondo quanto appreso da Domani non ci sarebbe inoltre conoscenza diretta tra le vittime e il ministro, che ha annunciato di aver pronta una denuncia per sostituzione di persona e che, al momento, non verrà sentito dagli inquirenti.
L’unico dato certo, attualmente, è il filo rosso che lega gli imprenditori coinvolti: grandi disponibilità economiche ed elevate capacità di movimentare il denaro senza passare da organi di controllo. Intanto alcuni conti correnti usati dai truffatori per far transitare i soldi sarebbero già stati bloccati. L’inchiesta, condotta dal nucleo investigativo dei carabinieri e col coordinamento del procuratore capo Marcello Viola e dal pm Giovanni Tarzia, prosegue a ritmo serrato.
Non un caso isolato
La truffa dei finti Crosetto è l’ultima di una lunga serie. I casi abbondano. Nelle scorse settimane Enrico Mentana lancia durante il telegiornale un servizio sconvolgente nel quale compaiono la premier Giorgia Meloni e il miliardario Elon Musk. I due annunciano di aver trovato un metodo per far guadagnare montagne di soldi a tutti gli italiani. Chiaramente, nella realtà tutto ciò non è mai avvenuto, non esiste alcuna formula magica e nessuno diventerà ricco in poco tempo. Ma decine di migliaia di italiani si sono ritrovati questo video sui propri social nelle scorse settimane, l’ennesimo deepfake. Lo scorso luglio il volto del governatore di Banca d’Italia, Fabio Panetta, era stato utilizzato per un video falso, in cui chiedeva di fare alcuni investimenti che avrebbero risanato l’economia e avrebbero arricchito le tasche di molti.
Ma cosa sono i Deepfake? Il Garante della privacy nel proprio vademecum li definisce «foto, filmati e audio creati grazie a software di intelligenza artificiale che, partendo da contenuti reali, riescono a ricreare, in modo estremamente realistico, le caratteristiche e i movimenti di un volto o di un corpo e a imitare fedelmente una determinata voce».
Nel caso Crosetto è stata utilizzata la tecnica chiamata voice cloning. I truffatori seguono solitamente due strade: si può preparare in anticipo un audio già elaborato oppure telefonare e, in tempo reale, modificare la voce attraverso software prontamente addestrati. Oggi sono disponibili diverse applicazioni, sia per dispositivi mobili che per web, a cui basta fornire alcune registrazioni vocali della persona da imitare e, in pochi minuti, il server sarà in grado di riprodurre la voce in modo convincente, come è accaduto nella truffa ai danni degli imprenditori. Questo metodo è accessibile a tutti e, in numerosi casi, non comporta alcun costo.
Sembra complicato? È molto più facile di quanto sembra. «In cinque minuti con pochi dollari si può commissionare qualsiasi tipo di deepfake» spiega Paolo Attivissimo, divulgatore scientifico e giornalista informatico. Le società che creano questi contenuti hanno generalmente base «in Estremo Oriente», zone in cui è difficile rintracciare gli artefici.
Danni devastanti
Bisogna precisare, però, che creare deepfake non è di per sé un reato. Il problema è l’uso che se ne fa. Col tempo, i contenuti generati sono diventati sempre più realistici e difficili da smascherare. E sono sempre più diffusi in rete. Secondo l’istituto internazionale delle Nazioni Unite per la ricerca sul crimine e la giustizia, nel 2023 i materiali falsificati con l’intelligenza artificiale sono stati oltre 95mila, con un aumento del 550 per cento rispetto al 2019.
Ma è difficile monitorare questi contenuti, a causa della rapidità con cui vengono diffusi e cancellati sulla rete. Infatti secondo Onifido (una delle società tra le più autorevoli sull’identità digitale), l’aumento sarebbe ancora più vertiginoso: più 3.000 per cento dal 2022 al 2023. Altri dati aggiornati sul fenomeno non esistono, semplicemente perché è molto difficile da quantificare.
Ma perché sono così pericolosi? «Vengono usati per creare ricatti e truffe estremamente credibili, e in alcuni paesi, come Cina, Stati Uniti e Russia, governi o organizzazioni filogovernative investono fortemente sui deepfake per destabilizzare governi ritenuti rivali o anche solo per seminare il dubbio e la disinformazione».
I precedenti
I danni possono essere devastanti e in tutto il mondo si sono verificati precedenti. Lo scorso luglio la voce del premier del Queensland Steven Miles è stata contraffatta per promuovere un ingannevole investimento in Bitcoin: decine di cittadini sono caduti nella trappola.
Un episodio simile si è verificato negli Emirati Arabi, dove i truffatori, replicando il tono e lo stile di un dirigente d’azienda attraverso un software deepfake, sono riusciti a sottrarre ben 51 milioni di dollari ad alcuni suoi clienti. Nel 2019, un dipendente di una società britannica ricevette una chiamata da chi si presentava come il suo superiore, il quale gli ordinò il trasferimento di 250 mila dollari su un conto specifico. Solo dopo aver eseguito il bonifico, fu scoperto che la conversazione era stata interamente simulata tramite intelligenza artificiale.
Secondo le stime di Deloitte, solo negli Stati Uniti le perdite finanziarie causate dai video falsi arriveranno a 40 miliardi di dollari nel 2027 (27,7 in più rispetto al 2023). Una piaga che rischia di diffondersi senza controllo.
© Riproduzione riservata
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link