Ricerca italiana: poco pagata, molto citata. Il confronto con l’Europa

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Il sistema europeo della ricerca è caratterizzato da una notevole diversità in termini di remunerazioni per i ricercatori. Questa disparità salariale può essere attribuita a vari fattori, tra cui le differenze economiche tra i Paesi membri, le politiche nazionali in materia di ricerca e sviluppo, e le condizioni di lavoro specifiche delle istituzioni accademiche e di ricerca.

In questo contesto va inquadrato il paradosso che caratterizza il contesto italiano.

Sebbene l’Italia investa meno in ricerca e sviluppo rispetto ad altre nazioni europee, il paese continua a eccellere in termini di qualità scientifica, posizionandosi ai vertici mondiali per il numero di citazioni per pubblicazione.

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Il quadro delle disparità salariali

È difficile trovare riferimenti precisi ed esaustivi, tuttavia l’incrocio di diverse fonti fornisce il seguente quadro.

  • In Germania, un ricercatore post-dottorato può aspettarsi di guadagnare tra i 50.000 e i 70.000 euro all’anno, a seconda dell’esperienza e del settore di specializzazione. I professori universitari possono guadagnare anche di più, con stipendi che spesso superano i 100.000 euro all’anno.
  • In Francia, le remunerazioni per i ricercatori variano notevolmente a seconda della posizione e dell’istituzione. Un ricercatore post-dottorato può guadagnare tra i 35.000 e i 45.000 euro all’anno, mentre i professori universitari possono raggiungere stipendi compresi tra i 60.000 e gli 80.000 euro all’anno. La Francia offre anche numerosi incentivi fiscali e finanziamenti per incoraggiare la ricerca e l’innovazione.
  • Il Regno Unito, nonostante la Brexit, continua a essere un importante centro di ricerca in Europa. I ricercatori post-dottorato possono guadagnare tra i 30.000 e i 40.000 sterline all’anno, mentre i professori universitari possono arrivare a guadagnare tra i 60.000 e i 100.000 sterline all’anno. Tuttavia, il costo della vita nel Regno Unito, in particolare a Londra, può ridurre significativamente il potere d’acquisto di questi stipendi.
  • In Italia, un ricercatore post-dottorato può aspettarsi di guadagnare tra i 25.000 e i 35.000 euro all’anno, mentre i professori universitari guadagnano generalmente tra i 50.000 e i 70.000 euro all’anno. Nonostante le difficoltà economiche, l’Italia continua a produrre ricerca di alta qualità, spesso grazie alla dedizione e alla passione dei suoi ricercatori, come si vedrà più avanti (Tab 1.). È tuttavia anche evidente che il fenomeno della emigrazione di persone formate per la ricerca verso Paesi che offrono più stabilità e maggiori possibilità economiche causerà nel medio periodo un progressivo impoverimento scientifico del Paese.
  • L’Olanda, infine, offre eccellenti condizioni di lavoro e generosi stipendi per i ricercatori. Un ricercatore post-dottorato può guadagnare tra i 45.000 e i 55.000 euro all’anno, mentre i professori universitari possono raggiungere stipendi compresi tra i 70.000 e i 100.000 euro all’anno. Le istituzioni di ricerca offrono anche numerosi benefici aggiuntivi, come contributi pensionistici e assistenza sanitaria.

Remunerazioni dei ricercatori: fattori di contesto

La raccolta e la lettura di questi dati è complessa: non è infrequente riscontrare deviazioni tra le diverse fonti, spesso i dati non sono omogenei e tutto è reso ancora più incerto dalla compresenza di diversi fattori di contesto. Vediamone alcuni:

  • Uno dei principali fattori che influenzano le remunerazioni dei ricercatori è il budget che ogni nazione dedica alla ricerca e allo sviluppo (R&D), che sembra essere direttamente collegato al livello salariale degli addetti. Germania e Olanda, che investono pesantemente in R&D, tendono a offrire stipendi più alti, con fondi limitati per la ricerca, come l’Italia, tendono a offrire stipendi più bassi (Tab 1.)
  • Anche il numero totale di ricercatori per nazione (sia in valore assoluto, che normalizzato per la popolazione complessiva) sembra influenzare l’analisi (si veda Tab. 1 colonna 4, più avanti).
  • Le politiche nazionali in materia di istruzione e di ricerca giocano un ruolo cruciale nella determinazione delle remunerazioni. Ad esempio, i Paesi con politiche favorevoli alla ricerca, come la Francia e il Regno Unito, spesso offrono incentivi finanziari e fiscali per attrarre ricercatori di talento. Gli investimenti in ricerca e sviluppo (dati OCSE) indicano che il Regno Unito ha investito il 2.9% del Prodotto Nazionale Lordo in Ricerca (Gross Domestic Expenditure on Research and Development, GERD). L’Italia ha investito l’1.50% (1,48% nel 2021), la Francia il 2.3% (2,21% nel 2021), la Germania il 3.13% (3.13% anche nel 2021).

Tabella 1. Indici della ricerca scientifica dei Paesi del G7: popolazione nel 2021 (Our World In Data); percentuale del Prodotto Nazionale Lordo investito nella ricerca nel 2021 (OCSE); percentuale degli impiegati nella ricerca rispetto al totale degli impiegati nel 2021 (OCSE); numero di documenti scientifici citabili nel 2022 (Scimago); numero di citazioni per documento citabile nel 2022 (Scimago; Hirsch-index per Paese nel 2022 (Scimago). Si segnala che per alcuni Paesi i valori del 2021 e 2022 non erano disponibili, e quindi sono stati riportati i valori più recenti (valori in parentesi).

  • Infine, il costo della vita deve essere ovviamente considerato. Paesi con un alto costo della vita, come il Regno Unito e i Paesi Bassi, possono avere salari nominali elevati, ma il potere d’acquisto effettivo può essere inferiore rispetto a Paesi con un costo della vita più basso.

La situazione in Italia

Per valutare la qualità della ricerca, e quindi poter osservare il livello scientifico e la preparazione dei ricercatori dei singoli Paesi, possiamo analizzare i dati SCIMAGO 2022 che ci offrono in modo chiaro uno sguardo completo. Prendiamo ad esempio i Paesi con maggiore numero di pubblicazioni, citazioni, e h-index (Tab. 2): sorprendentemente, l’Italia, pur con tutti i limiti del sistema nazionale che abbiamo ricavato dai dati su esposti, ha un valore di citazioni per pubblicazione che la pone al 4° posto nel mondo. È chiaro che data la enorme mole di pubblicazioni mondiali, queste cifre non sono influenzabili da meccanismi distorsivi nazionali, di autocitazione, e rappresentano bene il paradosso della ricerca italiana: ottima qualità, bassa remunerazione dei ricercatori, basso investimento nazionale nel settore R&S.

Tab 2. Dati del 2022. I Paesi sono ordinati per numero di citazioni della singola pubblicazione. Sorprendentemente, l’Italia viene prima di Germania, Francia, USA, India e Giappone.

Conclusioni

Le remunerazioni nel sistema europeo della ricerca variano notevolmente da Paese a Paese. Mentre alcuni Paesi offrono stipendi generosi e ottime condizioni di lavoro, altri devono fare i conti con budget limitati e politiche meno favorevoli alla ricerca. Tuttavia, l’Europa continua a essere un importante centro di eccellenza accademica e scientifica, grazie alla dedizione e alla passione dei suoi ricercatori.

Il nostro Paese rappresenta una eccezione, con valori assai positivi della qualità della ricerca a dispetto del basso investimento nel settore. Ma con un futuro assai incerto in termini di ricambi generazionali.

Bibliografia

European Commission. (2020). Research and Innovation Performance in the EU. Brussels: European Commission.

OECD. (2021). Main Science and Technology Indicators. Paris: OECD Publishing.

Nature Index. (2022). Salary and Benefits Survey. London: Springer Nature.

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Eurostat. (2021). R&D Expenditure and Personnel. Luxembourg: Publications Office of the European Union.

Times Higher Education. (2020). Academic Salaries in Europe. London: THE World University Rankings.

SCIMAGO – https://www.scimagojr.com/countryrank.php?year=2022



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