L’uscita degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi: un disastro annunciato

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Nel bel mezzo di una crisi climatica senza precedenti, con temperature record e disastri ambientali sempre più frequenti, gli Stati Uniti scelgono di voltare le spalle all’Accordo di Parigi per la seconda volta. Questo trattato, il primo legalmente vincolante sulla lotta al cambiamento climatico, riunisce quasi tutte le nazioni del mondo in un impegno comune per ridurre le emissioni e contenere il riscaldamento globale.

Negoziato nel 2015 da 196 paesi, oggi conta l’adesione di 185 membri della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), con solo tre nazioni che non lo hanno ratificato. Dal 2020, i paesi firmatari hanno iniziato a presentare i loro piani nazionali d’azione climatica, conosciuti come “NDCs” (Nationally Determined Contributions). Questi piani devono riflettere un livello crescente di ambizione rispetto alle versioni precedenti e delineare le azioni necessarie per ridurre le emissioni di gas serra, contribuendo così agli obiettivi globali dell’accordo. 

Il precedente del 2020

Nonostante sia il secondo maggiore emettitore di gas serra al mondo, il paese decide di uscire dall’Accordo ancora una volta, minando il fragile equilibrio degli sforzi internazionali per contrastare questa emergenza planetaria. Gli Stati Uniti hanno avuto un rapporto instabile con l’Accordo di Parigi: dopo aver inizialmente aderito, si sono ritirati nel 2020 sotto la presidenza di Donald Trump, per poi rientrare nel 2021 con l’amministrazione Biden. Ora, con Trump di nuovo alla guida dal gennaio 2025, arriva l’annuncio di una seconda uscita, suscitando forti preoccupazioni a livello globale.

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Durante il suo primo mandato, Donald Trump aveva giustificato il ritiro sostenendo che l’intesa internazionale imponeva oneri ingiusti sull’economia statunitense. Anche nel suo secondo mandato, la sua retorica rimane invariata. L’annuncio della seconda uscita degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi, siglato il 20 gennaio 2025, arriva in un momento critico: il mondo ha appena vissuto l’anno più caldo mai registrato, con incendi ancora attivi a Los Angeles e altre catastrofi ambientali che colpiscono diverse parti del pianeta. Il ritiro degli Stati Uniti non solo compromette gli sforzi internazionali per contrastare il cambiamento climatico, ma lancia anche un messaggio pericoloso ad altre nazioni, mettendo in discussione la credibilità dell’impegno globale.

La nuova politica energetica Usa

L’insediamento di Trump nel 2025 rappresenta una svolta netta nelle politiche energetiche e climatiche degli Stati Uniti che, durante Biden, avevano visto l’approvazione dell’Inflation Reduction Act, un piano decennale, approvato nel 2022, che puntava a ridurre il deficit, combattere l’inflazione e investire nella produzione energetica e manifatturiera nazionale.

Nell’ambito dell’energia e del cambiamento climatico, l’IRA aveva stanziato 369 miliardi di dollari per energie rinnovabili e veicoli elettrici, con l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra del 40% entro il 2030. Questo intervento mirava a contrastare il cambiamento climatico e a creare nuove opportunità economiche. Tuttavia, con Trump alla presidenza, ci si può aspettare una politica energetica radicalmente diversa, caratterizzata dall’espansione della produzione di combustibili fossili, dall’uscita dagli accordi internazionali sul clima, dalla riduzione dei sussidi alle energie rinnovabili e dalla rimozione delle restrizioni sulle trivellazioni in terre e acque federali.

Stop agli incentivi per le auto elettriche

Il 20 gennaio, Trump ha firmato un ordine esecutivo che revoca l’obiettivo, precedentemente stabilito da Joe Biden, di rendere elettrico il 50% delle nuove auto vendute entro il 2030. Durante l’annuncio, il presidente ha dichiarato che gli Stati Uniti “non saboteranno le nostre industrie”. Inoltre, l’ordine prevede l’eliminazione del credito d’imposta di 7.500 dollari per l’acquisto di veicoli elettrici, una misura introdotta dall’amministrazione Biden per incentivare la transizione verso mezzi a basse emissioni.  

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Queste azioni segnano un cambiamento significativo nella politica energetica americana, con un ritorno al sostegno dei combustibili fossili e una riduzione degli incentivi per le energie rinnovabili. L’industria del petrolio e del gas ha accolto favorevolmente queste misure, mentre i sostenitori dell’energia pulita esprimono preoccupazione per il possibile rallentamento della transizione verso fonti sostenibili. Inoltre, è probabile un’accelerazione nell’approvazione di progetti di gas naturale liquefatto e, più in generale, un ritorno a politiche energetiche tradizionali, il cui minimo comune denominatore sembra essere il totale disinteresse per le istanze climatiche.

L’attacco alla ricerca sugli oceani

Inoltre, come riportato da Areale, la newsletter di Domani, l’8 febbraio 2025, l’amministrazione Trump, con il supporto di Elon Musk, ha avviato un attacco senza precedenti alla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), uno dei centri di ricerca climatica più importanti al mondo. Un’intrusione illegale da parte del Department of Government Efficiency (Doge) ha portato alla sottrazione di dati e alla temporanea chiusura del sito, mentre si prospettano tagli drastici al budget e al personale.

Questa offensiva si inserisce nel più ampio piano Project 2025, che mira a smantellare le istituzioni ambientali, come già accaduto con la Environmental Protection Agency (EPA), ora sotto la guida di Lee Zeldin, vicino all’industria petrolifera. Con Chris Wright, ex CEO di una compagnia di fracking, nominato segretario all’Energia, l’amministrazione punta a deregolamentare ulteriormente il settore, mettendo in discussione decenni di progressi nella lotta al cambiamento climatico.

L’ordine esecutivo di Trump

Ecco l’ordine esecutivo firmato dal Presidente degli Stati Uniti che segna un deciso cambio di rotta nella politica ambientale internazionale del Paese. Con questo provvedimento, l’Amministrazione pone “l’interesse nazionale” al centro delle decisioni sugli accordi internazionali, ribadendo la volontà di “proteggere l’economia americana” da impegni considerati “onerosi o ingiusti”. Di seguito, il testo integrale.

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METTERE L’AMERICA AL PRIMO POSTO NEGLI ACCORDI AMBIENTALI INTERNAZIONALI

ORDINE ESECUTIVO

20 gennaio 2025

Per l’autorità conferitami come Presidente dalla Costituzione e dalle leggi degli Stati Uniti d’America, si ordina quanto segue:  

Sezione 1. Scopo  

Gli Stati Uniti devono far crescere la propria economia e mantenere posti di lavoro per i propri cittadini, assumendo al contempo un ruolo di leadership negli sforzi globali per la protezione dell’ambiente. Per decenni, grazie a politiche sensate che non ostacolano l’attività del settore privato, gli Stati Uniti hanno contemporaneamente fatto crescere l’economia, aumentato i salari dei lavoratori, incrementato la produzione energetica, ridotto l’inquinamento di aria e acqua e abbassato le emissioni di gas serra. Il successo degli Stati Uniti nel perseguire obiettivi economici e ambientali deve essere un modello per altri paesi.  

Negli ultimi anni, gli Stati Uniti hanno aderito a trattati e iniziative internazionali che non riflettono i valori del nostro Paese né il nostro contributo alla crescita economica e alla tutela ambientale. Inoltre, tali accordi destinano fondi dei contribuenti americani a paesi che non necessitano o non meritano assistenza finanziaria, contrariamente agli interessi del popolo americano.  

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Sezione 2. Politica

È politica della mia Amministrazione mettere gli interessi degli Stati Uniti e del popolo americano al primo posto nello sviluppo e nella negoziazione di qualsiasi accordo internazionale che possa danneggiare o frenare l’economia americana. Questi accordi non devono imporre oneri ingiustificati o eccessivi agli Stati Uniti.  

Sezione 3. Attuazione

a) L’Ambasciatore degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite dovrà presentare immediatamente una notifica scritta formale di ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi nell’ambito della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici. La notifica sarà inviata al Segretario Generale delle Nazioni Unite, depositario dell’Accordo, come indicato nell’Appendice A. Il ritiro degli Stati Uniti e le relative obbligazioni avranno effetto immediato a seguito di questa notifica.  

b) L’Ambasciatore degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite dovrà notificare formalmente e per iscritto al Segretario Generale delle Nazioni Unite, o a qualsiasi altra parte interessata, il ritiro degli Stati Uniti da qualsiasi accordo, patto o impegno assunto nell’ambito della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici.  

c) L’Ambasciatore degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite, in collaborazione con il Segretario di Stato e il Segretario del Tesoro, dovrà interrompere immediatamente o revocare qualsiasi impegno finanziario assunto dagli Stati Uniti in base alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici.  

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d) Una volta completati i compiti indicati nei paragrafi a, b e c, l’Ambasciatore degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite, in collaborazione con il Segretario di Stato e il Segretario del Tesoro, dovrà certificare un rapporto da inviare all’Assistente del Presidente per la Politica Economica e all’Assistente del Presidente per gli Affari di Sicurezza Nazionale, descrivendo in dettaglio eventuali azioni aggiuntive necessarie per raggiungere gli obiettivi politici indicati nella Sezione 2 di questo ordine.  

e) Il Piano Finanziario Internazionale per il Clima degli Stati Uniti è immediatamente revocato e annullato. Il Direttore dell’Ufficio per la Gestione e il Bilancio dovrà, entro 10 giorni dall’emissione di questo ordine, fornire indicazioni per l’annullamento di tutti i fondi congelati.  

f) Entro 30 giorni dall’emissione di questo ordine, i Segretari di Stato, del Tesoro, del Commercio, della Salute e dei Servizi Umani, dell’Energia e dell’Agricoltura, insieme all’Amministratore dell’Agenzia per la Protezione Ambientale, all’Amministratore dell’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale, ai Direttori delle principali istituzioni finanziarie internazionali statunitensi e ai responsabili di qualsiasi altro dipartimento o agenzia pertinente, dovranno presentare un rapporto dettagliato all’Assistente del Presidente per la Politica Economica e all’Assistente del Presidente per la Sicurezza Nazionale, illustrando le azioni adottate per revocare o annullare le politiche implementate nell’ambito del Piano Finanziario Internazionale per il Clima.  

g) Il Segretario di Stato, il Segretario del Commercio e i responsabili di qualsiasi dipartimento o agenzia che pianifica o coordina accordi internazionali sull’energia dovranno d’ora in avanti dare priorità all’efficienza economica, alla promozione della prosperità americana, alla libertà di scelta dei consumatori e al rigore fiscale in tutti gli impegni esteri riguardanti la politica energetica.  

Sezione 4. Disposizioni generali

a) Nessuna disposizione di questo ordine deve essere interpretata in modo da compromettere o influenzare:  

   i) l’autorità conferita dalla legge a un dipartimento o agenzia esecutiva, o ai rispettivi dirigenti; oppure  

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   ii) le funzioni del Direttore dell’Ufficio per la Gestione e il Bilancio in relazione alle proposte di bilancio, amministrative o legislative.  

b) Questo ordine deve essere attuato in conformità con le leggi applicabili e subordinatamente alla disponibilità di stanziamenti.  

c) Questo ordine non è destinato a creare alcun diritto o beneficio, sostanziale o procedurale, applicabile per legge o in equità da qualsiasi parte nei confronti degli Stati Uniti, dei loro dipartimenti, agenzie o enti, dei loro funzionari, dipendenti o di qualsiasi altra persona.  

Casa Bianca, 20 gennaio 2025



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