La Calabria a Sanremo, la storia racconta. Il mito di Rino Gaetano



Era il 28 gennaio del 1978, quando sul palco dell’Ariston, a Sanremo, si presentava con un cilindro, un frac e un ukulele un certo Rino Gaetano da Crotone. La sua canzone si intitolava Gianna e da quel momento la sua vita ha preso una piega diversa: quel cantautore che non era mai riuscito a sfondare con le sue canzoni a sfondo sociale e che metteva in primo piano le relazioni con gli amici, tocca il cielo con un dito, assapora il successo e da allora la storia della ragazza che “aveva un coccodrillo ed un dottore” non è più passata di moda. Rino Gaetano a Sanremo arrivò primo nella classifica dei Cantautori e terzo in quella generale dietro ai Matia Bazar e Anna Oxa.

Rino Gaetano 1978

E pensare che non avrebbe mai voluto salire su quel palco, non si sentiva a suo agio. Ma quel cilindro, quel frac, quella camicia a righe, quelle scarpe da ginnastica, quell’ukulele e persino le medaglie al valore che aveva al petto lo hanno aiutato a portare se stesso e a rompere le regole di una kermesse musicale rigida. Un po’ come lui ruppe le regole del cantautorato italiano negli anni Settanta. La sua lezione da outsider fu così forte che resiste tuttora. Basti pensare ad alcuni dei suoi brani in bilico tra nonsense, ironia, linguaggio diretto, orecchiabilità e critica sociale: da Spendi spandi effendi a Mio fratello è figlio unico, da Aida (che racconta la storia di una donna e dell’Italia), a Nuntereggae più a Ma il cielo è sempre più blu in cui Gaetano fa un elenco di peccati e peccatori, vittime e carnefici, di un’Italia che non sembra cambiata dagli anni Settanta. Sono degli evergreen trasversali che sono piaciuti a destra e a sinistra.

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Rino Gaetano e Anna Oxa a Sanremo

A celebrare i 40 anni di Gianna, la musica del cantautore che amava Jannacci e l’uomo, qualche anno fa, è stato il libro Rino Gaetano. Essenzialmente tu (Odoya) di Matteo Persica (già autore di una biografia su Anna Magnani), che è stato presentato all’epoca proprio a Casa Sanremo con Mario Luzzatto Fegiz, critico del Corriere della Sera. L’autore ha raccolto le testimonianze di amici, colleghi, fidanzate, le voci di Domenico “Mimì” Messina (amico dai tempi del seminario), Franco Pontecorvi (amico e road manager), Amelia Conte e Daniela (fidanzatina a 13 anni che viene citata nella canzone Rosita), del produttore Giacomo Tosti e di molti altri. «La forza di Rino non era puntare al successo, ma riuscire comunque a uscirne vincitore – spiega Persica – è rimasto sempre lo stesso grazie alla sua limpidezza: perseguiva la via della libertà. Tutto qui. Era semplicemente un poeta neorealista senza maschere, che raccontava quello che gli accadeva intorno». Rino incanalava ispirazione dalle cose semplici che coglieva anche durante il tragitto del 60 notturno.

«Ho vissuto Rino da amico – racconta Mimì – e sono stanco di leggere di lui come un ubriacone e un massone. Lo hanno massacrato, anche con la fiction trasmessa dalla Rai – sostiene Domenico Messina – Non era quello che ci hanno mostrato, era un ragazzo che amava la famiglia e che si divertiva con gli amici. Forse la fama gli piaceva poco. Io lo conoscevo così, tutto il resto non lo condivido».

Il suo fascino è rimasto immutato nel tempo, la sua musica è stata spesso fraintesa, strumentalizzata, ma mai dimenticata.

Anticonformista. Outsider. Immigrato. Meridionale. Rino Gaetano è un artista underground che ha avuto successo per uno strano scherzo del destino. Cantarlo a squarciagola, ad una festa con gli amici o al falò di Ferragosto in riva al mare, ha un senso liberatorio. Così com’è accaduto durante il lockdown della prima ondata del Covid, con tanto di tributo a Rino di decine di colleghi sulle note di Ma il cielo è sempre più blu. Oggi, come allora, qualcuno gli avrebbe dato del demagogo, del qualunquista, perfino del furbo, ma Gaetano dava voce già allora ad una società definita dal disinteresse e dalla solitudine in cui i rapporti umani sono sempre più falsati e l’incontro è cosa rara.

Nelle sue canzoni cantava l’incomunicabilità, l’isolamento, l’esclusione sociale. Era insofferente all’ipocrisia. Il suo tono era leggero e dissacratorio ma mai superficiale.

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Di recente, Techetechetè, la popolare trasmissione di Raiuno, ha messo insieme le canzoni più importanti di Rino, rievocando i passaggi televisivi più “gettonati”, da Senza Rete a Domenica In passando per 10 Hertz e il Festival di Sanremo, il Festivalbar e il Cantagiro e chi più ne ha più ne metta. Rino Gaetano non era certo il personaggio che cantava la sua canzoncina e basta, faceva spettacolo sempre e comunque, a partire dai look con i quali si presentava: il cilindro piuttosto che il cappello da “colonialista”, il bermuda e la tenuta marina, persino il cane mentre canta “Berta filava” ad “Adesso Musica” ed eccezionalmente giacca e cravatta mentre fa il verso al suo idolo, Fred Buscaglione, eseguendo “Il dritto di Chicago” in una trasmissione commemorativa, solo un anno prima di andarsene anche lui. Persino una esilarante gag con Corrado che gli vuole tagliare i capelli mentre canta la sua canzone.. Impossibile non essere orgogliosi di un talento come quello di Rino. Ma non c’è dubbio che la “perla” della trasmissione sia stata la rievocazione della sua memorabile apparizione ad “Acquario”… Ma questa è un’altra storia, che vi racconteremo presto. 



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