Ciro Pettirosso morto a Bellizzi

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La Casa Circondariale di Avellino “Antimo Graziano” è stata teatro di una tragedia che ha scosso profondamente detenuti, personale penitenziario e familiari delle persone ristrette. Nella giornata di ieri, il corpo senza vita di Ciro Pettirosso, 36 anni, originario di Napoli, è stato ritrovato all’interno della struttura. Il decesso del giovane detenuto ha immediatamente allertato le autorità competenti, che hanno avviato le indagini per fare luce su quanto accaduto.

Indagini in corso: la Procura dispone l’autopsia

Non appena la notizia si è diffusa, la Procura della Repubblica di Avellino ha aperto un fascicolo d’indagine. Il magistrato di turno, Cecilia Annechini, ha disposto l’autopsia sulla salma del detenuto, che è stata trasferita presso l’obitorio dell’Ospedale “San Giuseppe Moscati” di Avellino. L’esame autoptico e quello tossicologico saranno eseguiti nella giornata di martedì e saranno fondamentali per chiarire le cause del decesso.

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Gli inquirenti stanno vagliando ogni ipotesi, senza escludere alcuna possibilità: dalle cause naturali a un malore improvviso, fino a eventuali negligenze o circostanze esterne che potrebbero aver influito sul tragico epilogo. La dinamica dell’accaduto rimane ancora poco chiara, ma la vicenda ha acceso i riflettori sulle condizioni di detenzione all’interno della struttura penitenziaria e sulla sicurezza dei detenuti.

Le accuse della famiglia: “Vogliamo giustizia”

Il fratello della vittima, Francesco Pettirosso, ha rilasciato dichiarazioni forti che gettano ombre sulla gestione sanitaria del carcere di Avellino. “Mio fratello è morto a causa dell’incapacità del personale medico presente all’interno del carcere. Hanno sottovalutato la sua condizione, era affetto da una grave forma di diabete”, ha denunciato Francesco con rabbia e dolore.

Secondo il fratello, Ciro non faceva uso di sostanze stupefacenti e stava regolarmente scontando la sua pena. Tuttavia, il giovane detenuto avrebbe ricevuto una somministrazione errata di insulina, un errore medico che, secondo la famiglia, ne avrebbe causato la morte. “Noi vogliamo giustizia e la vogliamo ora, per il dolore che stiamo vivendo. Quando ci sarà l’autopsia, sarà presente anche un perito di parte richiesto dalla nostra famiglia”, ha aggiunto Francesco Pettirosso.

il carcere di Avellino: un problema irrisolto

Il drammatico evento accaduto nel carcere di Avellino riporta in primo piano la questione delle condizioni di detenzione nelle carceri italiane. Sovraffollamento, carenza di personale medico e difficoltà nella gestione sanitaria dei detenuti sono problemi che affliggono molte strutture penitenziarie nel Paese. I sindacati della polizia penitenziaria e le associazioni che si occupano di diritti dei detenuti denunciano da tempo una situazione sempre più critica: carenze strutturali, scarsità di risorse e un sistema sanitario interno che, spesso, non riesce a garantire cure adeguate ai detenuti affetti da patologie croniche.

Il caso di Ciro Pettirosso, se le accuse della famiglia dovessero trovare conferma, potrebbe rappresentare l’ennesimo episodio di negligenza in un contesto già segnato da numerose criticità. Le indagini faranno chiarezza, ma una riflessione più ampia sulle condizioni delle carceri italiane sembra ormai inevitabile.

Attesa per i risultati dell’autopsia

L’intera vicenda ora ruota attorno agli esiti dell’autopsia, che potranno confermare o smentire le accuse della famiglia. Solo attraverso l’analisi medico-legale si potrà stabilire con certezza cosa abbia provocato la morte di Ciro Pettirosso e se vi siano responsabilità da attribuire a eventuali errori sanitari o altre cause esterne. 

Il sindacato NurSind, non più tardi di tre giorni fa, si chiedeva cos’altro dovesse ancora accadere affinché la direzione del carcere e l’ASL intervenissero in modo concreto per garantire la sicurezza dei lavoratori.

Nel frattempo, il prefetto di Avellino era già stato informato della situazione e di altre problematiche urgenti. Tra queste spiccano:

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  • Mancanza di acqua corrente durante le ore notturne, che impedisce agli operatori sanitari di svolgere azioni basilari come il lavaggio delle mani.
  • Grave carenza di personale: è capitato, addirittura, che – durante il turno notturno – un’unica infermiera ha dovuto assistere oltre 600 detenuti.

Un primo incontro con il prefetto Rossana Riflesso, tenutosi il 14 dicembre, aveva fatto sperare in un miglioramento, ma da allora sono passati due mesi senza alcuna riconvocazione. La tragedia avvenuta nel carcere di Avellino ha sollevato un’ondata di indignazione e dolore. La famiglia della vittima chiede risposte, la magistratura indaga, mentre il dibattito sulla condizione delle carceri italiane torna prepotentemente sotto i riflettori.



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