Approvato il regolamento per la concessione in uso temporaneo delle sale comunali

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Il Consiglio comunale, presieduto da Elena Ranfa, nella seduta del 10 febbraio ha approvato con 18 voti favorevoli e 10 contrari il regolamento per la concessione in uso temporaneo delle sale comunali. Come spiegato dall’assessora al bilancio Alessandra Sartore, si tratta di uno strumento volto a garantire una maggiore trasparenza e uniformità nell’azione amministrativa dell’ente. Il Comune dispone di numerose sale utilizzate per le attività istituzionali e concesse temporaneamente a terzi per eventi aperti al pubblico relativi ad attività istituzionali, sociali, formative, politiche, sindacali, artistico-culturali e comunque consentite dalla legge.

 

L’atto regolamentare, nel testo risultante anche da emendamenti apportati in commissione, mette in condizione l’utente esterno di conoscere le condizioni, i tempi e le modalità della concessione, evitando che si applichino regole non omogenee fissate dai singoli uffici. In particolare, il regolamento chiarisce le regole per l’accesso e le dichiarazioni che deve rendere il richiedente in ordine al rispetto delle regole democratiche e di non discriminazione; stabilisce e conferma la preferenza accordata alle attività dell’ente rispetto a quelle dei soggetti terzi e, tra queste ultime, l’applicazione del criterio cronologico di presentazione delle domande; individua alcune fattispecie che consentono la concessione gratuita delle sale; indica in maniera chiara e dettagliata gli obblighi e le responsabilità dei concessionari; rimanda ad apposito atto della giunta comunale l’indicazione delle sale a cui si applica il regolamento, dell’ufficio competente al rilascio della concessione e delle regole di dettaglio da applicarsi alla singola sala.

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Più in dettaglio, il comma 3 dell’articolo 2 stabilisce che, “nell’ambito del perseguimento dei fondamentali principi costituzionali, non verranno concessi utilizzi per iniziative finalizzate alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali e religiosi o che abbiano tra i loro fini l’apologia del fascismo o del nazismo o dell’antisemitismo”.

L’articolo 6 (Richiesta dei locali), al comma 3 lettera g, precisa inoltre che la domanda di concessione deve tra l’altro contenere, a pena d’esclusione fatta salva l’applicazione del soccorso istruttorio, la dichiarazione del richiedente di: “riconoscersi nei principi costituzionali democratici; non professare e non fare propaganda di ideologie neofasciste, neonaziste, razziste, in contrasto con la Costituzione e la normativa nazionale di attuazione della stessa, finalizzate alla ricostruzione del Partito Fascista; non perseguire finalità antidemocratiche, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza; garantire il rispetto della legge 20 giugno 1952, n. 645 (c.d. Legge Scelba) e dalla legge 25 giugno 1993 n. 205, (c.d. Legge Mancino); non utilizzare la sala per attività riguardanti il consumo di tabacco e/o prodotti alcolici, non distribuire materiale pornografico o legato al gioco d’azzardo; non perseguire atteggiamenti discriminatori e/o denigratori verso terzi”.

 

Riccardo Mencaglia (FdI) ha ricordato che in commissione il gruppo di FdI ha presentato emendamenti ispirati a risoluzioni del Parlamento europeo di cui ha richiamato alcuni punti (per approfondire le proposte di emendamento: https://perugiacomunica.comune.perugia.it/i-commissione-approvato-il-regolamento-per-la-concessione-delle-sale-comunali). A suo avviso, sarebbe stato necessario introdurre ulteriori specifiche prendendo atto del fatto che vi sono numerosi regimi dittatoriali o autoritari. Il Democracy Index dell’Economist – ha ricordato – su 167 paesi, ne classifica 59 come autoritari e tra questi il peggior punteggio va ad Afghanistan e Corea del Nord, dove il monopartitismo è sancito dalla Costituzione. Per Mencaglia si dovrebbe riconoscere che non esistono dittature giuste e sbagliate; portare in aula ordini del giorno che parlano di diritti, Europa, lotta alle discriminazioni e pace non ha senso se poi manca l’onesta intellettuale e la forza morale per condannare ogni forma di violenza, di dittatura e di privazione di diritti umani. Vista l’incompletezza del documento, ha annunciato voto contrario.

 

Per Leonardo Varasano (Progetto Perugia), malgrado l’approvazione di emendamenti, restano questioni in sospeso. Il consigliere ha richiamato un’affermazione del 21 gennaio, quando la giunta ha comunicato l’avvio dell’iter per il regolamento; in quella comunicazione si faceva riferimento all’articolo 6, comma 3, laddove si richiede la dichiarazione di adesione ai principi costituzionali e democratici. Una norma che Varasano ha definito legittima, ma anche tale da stimolare una riflessione. La sindaca – ha notato il consigliere – ha parlato di una grave mancanza, ma negli anni scorsi, pur in mancanza del regolamento, non ci sono state iniziative da parte di gruppi sovversivi né adunanze sediziose: già c’erano accorgimenti. Certe dichiarazioni – ha proseguito – hanno provocato polemiche perché a monte c’è una lezione di libertà completamente ignorata che proviene dall’illuminismo e dal liberalismo. Poi ha annunciato voto contrario.

 

Niccolò Ragni (Pd) ha sostenuto che gli emendamenti presentati da FdI contengono elementi non condivisibili anche dal punto di vista storiografico: a suo avviso, non si può aderire al paradigma del totalitarismo, con una equiparazione tra nazismo, fascismo e movimento comunista, che è in via di revisione da parte della storiografia contemporanea e che va rifiutato anche considerando il ruolo avuto dal movimento comunista in Italia. L’articolo 6, comma 3 lettera g, mette al riparo dalle espressioni di una cultura nazista e fascista, ma anche da gravi violazioni dei diritti umani e della libertà perpetrate da regimi di sinistra nel corso del Novecento: ciò – ha concluso – assorbe le critiche dell’opposizione e rende non necessarie ulteriori specifiche.

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Secondo Nilo Arcudi (Perugia Civica) un dibattito ispirato da un approccio ideologico è privo di utilità per i cittadini. Il regolamento, a suo avviso, non dovrebbe essere uno strumento per tentare di rivendicare che qualcuno è più antifascista di altri. Perugia – ha detto – è una città civile che si richiama ai valori costituzionali e tentare di mettere bandierine serve solo a dividere la comunità. Ha quindi invitato a superare le ideologie e ad amministrare con concretezza la città.

 

Elena Fruganti (FdI) ha espresso alcuni rilievi rispetto alla ricostruzione di Ragni asserendo che le considerazioni storiografiche rischiano comunque di portare fuori strada l’assise. Per la consigliera l’opposizione non ha avuto problemi a esprimere una ferma condanna dei regimi anti-democratici di ogni matrice e ha invitato la maggioranza a fare lo stesso. Il mancato accoglimento degli emendamenti proposti da Mencaglia – ha concluso – fa sì che l’atto resti incompleto e che quindi non possa essere avallato.

 

Edoardo Gentili (Forza Italia) ha affermato che probabilmente c’era davvero bisogno del regolamento. La mancanza di un elenco delle sale a cui si riferisce, tuttavia, anzitutto rende evidente un problema di metodo. La vera questione da affrontare, inoltre, a suo avviso era legata al deposito cauzionale, scomoda barriera d’ingresso. Per questo il consigliere aveva lanciato l’idea di un’assicurazione per danni nei confronti del bene che poteva essere sostitutiva del deposito cauzionale per alcune sale. Resta poi ancora da capire se le scelte saranno in capo a un dirigente o alla politica. Gentili ha colto tra l’altro l’occasione per auspicare che non si vada verso un aumento dei costi di utilizzo delle sale. Ad ogni modo – ha concluso – si è persa l’occasione  per riconciliare una città ancora molto spaccata; il comma 2 dell’articolo 1 era già sufficientemente esplicativo nello stabilire che le iniziative ospitate non possono contrastare con la legge e lo statuto comunale.

 

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Chiara Calzoni (Perugia Civica), preannunciando a sua volta un voto contrario, ha evidenziato che il regolamento presenta criticità che impongono una riflessione. E’ inaccettabile – ha detto – vincolare la concessione di spazi pubblici sulla base di una impostazione ideologica. Mentre dovrebbe essere condannata ogni forma di totalitarismo e di discriminazione, in questo caso – reputa la consigliera – si condannano in maniera selettiva solo alcune dittature. Formulazioni basate su criteri di parte creano il rischio che si possano negare spazi pubblici sulla base di una valutazione non oggettiva né imparziale.

 

Cesare Carini (Pensa Perugia), ringraziando Sartore per la sua relazione, ha sottolineato che il regolamento è uno strumento necessario proprio perché limita lo spazio di discrezionalità. Esso promuove la più ampia fruibilità delle sale comunali, sia pure nel rispetto dei principi costituzionali. Per il consigliere non si può mettere in discussione la riaffermazione dell’antifascismo, che è parte di tale patrimonio costituzionale. Valutazione positiva sul confronto in commissione, proficuo perché ha consentito di apportare correttivi suggeriti anche dall’opposizione.

 

Secondo Fabrizio Ferranti (Perugia per la sanità pubblica), il regolamento riflette la volontà di ricollegarsi alla Costituzione italiana e di porsi dalla parte della legalità. Di fronte a certi valori non si può parlare di battaglie del passato, perché la democrazia è sempre sotto attacco. Il testo finale, dunque, accoglie un legittimo richiamo normativo, non un approccio ideologico.

 

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Anche secondo Lorenzo Falistocco (Avs) il regolamento non spacca la città, ma si limita ad affermare chiaramente quanto dice la Costituzione e di fronte a tale operazione non si può parlare di ideologia.

 

Per Marko Hromis (Pd) è importante ribadire che non si possono dare per scontati i valori che discendono dal dettato costituzionale. L’assenza di riferimenti al comunismo nel regolamento – ha asserito – è dipeso dal collegamento con il contesto nazionale, come normale in sede di elaborazione di un atto comunale; ad ogni modo, rimettere al centro il dna antifascista di Perugia non può significare voler dividere la città.

 

In sede di dichiarazioni di voto, hanno preso la parola anche Antonio Donato (M5s), Paolo Befani (FdI), Francesca Pasquino (Pd).



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