Se si dovesse compilare una classifica dei fenomeni più imprevedibili della fisica, la turbolenza occuperebbe uno dei primi posti. È così complicato da descrivere matematicamente, che tutto ciò che gli scienziati sono in grado di fare anche oggi è presumere il 75 per cento di questi eventi con 18 ore di anticipo. Nel frattempo, un sostanzioso numero di ricerche suggerisce che a causa del riscaldamento globale la frequenza della turbolenza è in aumento in tutto il mondo. Non è un caso che i mass media diano sempre più notizia di incidenti in volo e i social sempre più di frequente mostrino video di caos e terrore nelle cabine. D’altronde, alcuni mesi fa 31 persone sono rimaste ferite e una è morta su un volo della Singapore Airlines proveniente da Londra che ha incontrato una grave turbolenza.Un ricercatore del Royal Institute of Technology di Stoccolma, Ignacio Gallego-Marcos, specializzato in meccanica dei fluidi e con decine di anni di esperienza nella previsione della turbolenza aerea, ha creato un sito (www.turbli.com) che offre previsioni di questo fenomeno, fornendo così un servizio finora inesistente per i viaggiatori di aereo. I più di duecentomila frequentatori mensili del sito hanno ora a disposizione una classifica delle rotte più «movimentate» nei singoli continenti. Se i tre tragitti con la più alta turbolenza media fra tutte le distanze e i continenti sono in America Latina, sulle Ande, cioè Mendoza (Argentina) – Santiago (Cile), Cordoba (Argentina) – Santiago (Cile) e Mendoza (Argentina)- Salta (Argentina), in Europa la rotta Milano-Zurigo figura al terzo posto dopo quella Nizza-Ginevra e Nizza-Zurigo. Se si guarda ai singoli aereoporti europei, quello più «turbolento» è Torino, seguito nell’ordine da Milano, Ginevra, Bergamo, Zurigo, Lione, Nizza, Basilea, Barcellona e Verona.
Ci sono tre tipi di questi «moti irregolari». Il primo riguarda l’attraversamento di una tempesta quando il velivolo sperimenta potenti venti ascensionali e discensionali. È un fenomeno tipico delle rotte che incrociano zone tropicali. Un secondo tipo di turbolenza si verifica nel passaggio sopra le creste montuose sottovento, ed è una delle peggiori per la presenza di vortici che sottopongono l’aereo a forti sollecitazioni. Infine, c’è il cosiddetto wind shear, una turbolenza dovuta a rapidi cambiamenti nella velocità del vento a diverse altitudini. Sebbene i nuovi apparecchi siano dotati di sofisticati radar meteorologici, sui quali i piloti si basano per aggirare le aree più tormentate, tale evento atmosferico è assai difficile da identificare. Luke Storer, meteorologo dell’università di Reading (Regno Unito), dice: « Se si osservano i dati dell’Usa National Transportation Safety Board si scopre che, solo nei voli operati dagli Stati Uniti, nel periodo 1980-2008 ci sono stati 234 incidenti da turbolenza. Dei 298 feriti gravi risultanti, 184 erano parte del personale di volo e 114 erano passeggeri. Ma il punto è che si prevede un aumento di questi incidenti nel prossimo futuro, in particolare a medie latitudini in tutte le stagioni». La causa di questo aumento, secondo Storer, è appunto il riscaldamento atmosferico: «I cambiamenti di temperatura dovuti all’aumento di anidride carbonica non sono uniformi e, come conseguenza, si generano moti convettivi che provocano turbolenza. Da qui le previsioni di un aumento della frequenza che varierà da zona a zona. Per esempio, alcuni studi suggeriscono per il nord Atlantico una crescita della frequenza tra il 40 e il 170 per cento. Aldo Frediani, docente di Aeroelasticità all’Università di Pisa, spiega: «Di norma, un progettista di aereo deve dimostrare che il velivolo rientri in una classe in cui il comfort del passeggero (il livello di accelerazione a cui può essere sottoposto) non può essere inferiore a valori assegnati». Gli standard della turbolenza atmosferica derivano dagli effetti che si misurano sui velivoli mediante sistemi di acquisizione dei dati di volo e dalla interpretazione di tali valori attraverso modelli matematici. «Questi dati sono alla base dei regolamenti che stabiliscono i valori di intensità della turbolenza alle varie quote e per classi di aerei, con elevati criteri di sicurezza.
Quindi, a mio parere nel prossimo futuro i velivoli attuali continueranno a essere sicuri. Ma ciò non significa che, se la turbolenza atmosferica continuerà ad aumentare in modo significativo, gli aeroplani non dovranno adeguarsi a nuove norme» aggiunge Frediani. Ed ecco qualche accorgimento utile per i passeggeri: «L’incremento di accelerazione verticale del velivolo è inversamente proporzionale al cosiddetto «carico alare» (peso massimo al decollo diviso l’area della superfice alare). Dunque, la turbolenza produce maggiore instabilità e mancanza di comfort nei velivoli piccoli. L’accelerazione che subisce un passeggero è la somma di quella verticale e di quella rotatoria. Quest’ultima è nulla nel baricentro e massima lontano da esso, ovvero nei posti in coda». Insomma, temete la turbolenza? Allora viaggiate su aerei grandi e sedetevi nei posti centrali.
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