C’è anche Massimo Moratti, imprenditore e storico presidente dell’Inter, tra i truffati dal falso Guido Crosetto. Anche lui è finito nella rete dei truffatori che, spacciandosi per il ministro della Difesa o per membri del suo staff, hanno architettato un raggiro milionario ai danni di facoltosi vip. “Questi sono bravi, nel senso che sembrava assolutamente tutto vero. Comunque può capitare, poi certo uno non se l’aspetta una roba di questo genere. Ma succede a tutti…”, ha detto Moratti oggi a la Repubblica.
La scusa di partenza usata per la truffa
L’inchiesta aperta dalla procura di Milano, guidata da Marcello Viola, punta a individuare truffatori e truffati. La scusa di partenza, almeno in un caso, sarebbe stata questa: “Ci sono dei giornalisti italiani rapiti in Iran e in Siria. È una cosa segretissima. Lo Stato chiede un suo aiuto. Restituiremo tutto attraverso la Banca d’Italia”.
Moratti ha denunciato
“Hanno contattato anche me – rivela Massimo Moratti -. Preferirei non raccontare altro, vediamo come va avanti l’inchiesta. Al momento preferisco stare tranquillo. Ho fatto denuncia, certo”. È corretto dire che ha pagato un milione di euro?, gli chiede il giornalista Rosario Di Raimondo. E lui: “È corretto dire che ho fatto denuncia, aspettiamo e poi le saprò dire”. La denuncia, intanto, è arrivata sul tavolo del pm Giovanni Tarzia, che coordina il lavoro dei carabinieri.
La truffa dei soldi per il riscatto e gli imprenditori contattati
A quanto risulta all’Adnkronos, tra le persone che sono state contattate dal gruppo di truffatori, ma che non sarebbero cadute nel tranello, figurano anche lo stilista Giorgio Armani, Marco Tronchetti Provera, l’amministratore delegato di Tod’s Diego Della Valle e Patrizio Bertelli, marito di Miuccia Prada e presidente del gruppo.
Secondo quanto fatto trapelare finora dalla procura, gli imprenditori benestanti sarebbero stati truffati grazie anche all’intelligenza artificiale usata per camuffare le voci del ministro, di un funzionario e di un generale dell’esercito. La scusa usata sarebbe stata quella di avere soldi necessari per un riscatto. Lo stesso ministro Guido Crosetto ha confermato e ha ricostruito la vicenda in un post sui social: “Preferisco rendere pubblici i fatti perché nessuno corra il rischio di cadere nella trappola”.
Uso questo mezzo per dare pubblicità ad una grave truffa in corso.
Un’assurda vicenda che inizia martedì con la chiamata di un amico, grande imprenditore, che mi chiede perché la mia Segreteria avesse chiamato la sua per avere il suo cellulare. Gli dico che era assurdo, avendolo…
— Guido Crosetto (@GuidoCrosetto) February 6, 2025
L’inchiesta e i bonifici su conti esteri
Gli episodi sono diversi, tra truffe messe a segno e tentate, ma la vittima caduta nella rete del gruppo – capace di utilizzare tantissimi numeri “clonati”, uno con il prefisso di Roma, ma anche dello staff del ministro Crosetto – sarebbe solo una. Alla richiesta di fantomatici riscatti da pagare per persone – giornalisti in particolare – rapite in Medio Oriente, solo una vittima avrebbe versato denaro, in due diversi momenti. Sul suo nome il riserbo è massimo, anche per ragioni investigative.
Il procuratore capo Marcello Viola, il pubblico ministero Giovanni Tarzia e i carabinieri del nucleo investigativo sono al lavoro per bloccare i bonifici fatti su conti esteri, anche se sembra difficile che si riescano a “congelare”. In tal senso, sono stati attivati tutti i canali di cooperazione internazionale per arrivare a bloccare il denaro, in particolare su un conto europeo.
L’allarme della Banca d’Italia
La truffa in cui viene usato il nome di Crosetto, però, non sembra l’unica. Da Banca d’Italia arriva un invito alla prudenza. “Si sono verificati di recente alcuni tentativi di truffa che utilizzano indebitamente il nome e il logo della Banca d’Italia, come ad esempio richieste di denaro per liberare giornalisti rapiti all’estero, con la promessa di una restituzione da parte della Banca d’Italia”, si legge in una nota dell’istituto, completamente estraneo a queste richieste. “Si raccomanda di non fornire alcuna risposta e denunciare i casi all’autorità giudiziaria”.
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