perché scomodare (anche) la Cassazione?

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La detrazione IRPEF del 19% delle spese sanitarie deve applicarsi non solo in caso di anticipazione da parte del contribuente, cui faccia seguito il rimborso dell’assicurazione, ma altresì ove le stesse siano direttamente corrisposte alla struttura sanitaria dall’assicuratrice: a condizione che i relativi premi assicurativi versati dal contribuente non abbiano formato oggetto di alcuna forma di deduzione fiscale. Logica inoppugnabile del “principio di diritto” enunciato dalla Cassazione che si fonda sul preciso disposto normativo dell’art. 15 TUIR. Ciò che stupisce, leggendo la sentenza, non è tanto che l’Agenzia delle Entrate abbia sentito il dovere di chiedere l’intervento della Cassazione, quanto che le Commissioni di primo e di secondo grado si siano pronunciate respingendo entrambe il ricorso del contribuente: forse, vien da dire, neppure leggendo la norma del TUIR! Sarebbe interessante sapere, da qualche report ufficiale, quale sia il costo che la collettività deve sopportare per ogni contenzioso tributario spesso inutile, come questo.

Ciò vale, naturalmente, a condizione che i relativi premi assicurativi versati dal contribuente non abbiano formato oggetto, in passato, di alcuna forma di deduzione fiscale.

La logica di questa pronuncia è inoppugnabile, ma – soprattutto – si fonda sul preciso disposto normativo dell’art. 15 TUIR, secondo cui, fra gli oneri che danno diritto alla detrazione, si considerano anche le spese rimborsate per effetto di premi di assicurazione versati e per i quali non spetta la detrazione d’imposta.

La (speciosa) questione sollevata dall’Agenzia delle Entrate riguardava le modalità di rimborso, poiché nella fattispecie non si era trattato di denaro riversato al contribuente da parte dell’assicurazione (c.d. assicurazione indiretta), ma di pagamento effettuato dalla compagnia assicuratrice alla struttura medica convenzionata (c.d. assicurazione diretta).

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La Corte di Cassazione ha correttamente osservato che quest’ultima tipologia costituisce una mera modalità di liquidazione, che dal punto di vista fiscale determina i medesimi effetti del rimborso. Per giungere a questa evidente – e a mio avviso scontata – conclusione, viene scomodato addirittura il principio dell’interpretazione costituzionalmente orientata, a fronte di una situazione del tutto identica costituita da aver subito “un sinistro sanitario”: la dizione letterale dell’art. 15 TUIR, che si riferisce alle “spese rimborsate”, non condiziona la detrazione alla sola circostanza dell’anticipo della spesa da parte del contribuente e, quindi, non esclude la detrazione, nel caso in cui l’importo della spesa sia stato sostenuto direttamente dall’assicuratrice.

Ciò che stupisce leggendo la sentenza in questione non è tanto che l’Agenzia delle Entrate abbia sentito il dovere di arrivare a chiedere sul punto una pronuncia della Cassazione (fatto di per sé – purtroppo – già significativo dell’approccio dell’Amministrazione finanziaria al rapporto fisco-contribuente), quanto la circostanza che sia la Commissione di primo grado che quella di secondo grado si siano pronunciate respingendo entrambe il ricorso del contribuente, forse, vien da dire, neppure leggendo la norma sopra ricordata!

A questo punto, a me piacerebbe sapere da qualche report ufficiale quale sia il costo che la collettività deve sopportare per ogni contenzioso tributario, spesso inutile come questo.

E parlo sia di costi diretti che di costi indiretti.

I primi sono chiaramente riferiti al costo-uomo per ora lavorata a fronte di redazione, notifica e protocollazione dell’atto poi impugnato, impugnazione del contribuente, gestione del contenzioso per l’ufficio, gestione dei ricorsi e appelli da parte delle segreterie dei giudici tributari (e della Cassazione, siamo a oltre 30 mila pronunce annue della sezione V della Corte), riunioni per le udienze, redazione delle sentenze, gestione delle relative notifiche.

I costi indiretti riguardano da un lato tutta l’attività lavorativa sottratta ad altri compiti più importanti da parte dell’Amministrazione finanziaria, quali ad esempio quello di scovare la (vera) evasione fiscale, dall’altro l’attività dei giudici tributari, che potrebbero avere maggior tempo da dedicare allo studio e all’approfondimento delle questioni più rilevanti (e non di quelle bagatellari), e non da ultimo il costo sociale, ma con chiari riflessi economici, generato dalla persistente sfiducia dei contribuenti verso un Fisco visto sempre come nemico, perché come tale si comporta.

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