Italiani popolo di venditori (online)

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Del desiderio compulsivo di fare shopping si è parlato ampiamente. Ma oggi si va in controtendenza: la gente ha scoperto il piacere di vendere quello che non interessa più. Tra sostenibilità e voglia di fare piccoli guadagni, gli italiani danno fondo a soffitte e cantine e riversano tonnellate di oggetti sulle app per la compravendita. Da un’inchiesta di BVA – Doxa si evince che 24 milioni di persone in Italia comprano e vendono beni di seconda mano, generando un valore economico di 25 miliardi di euro, con un guadagno medio annuo di circa mille euro a persona. Vere e proprie community, che hanno numeri da megalopoli: solo su Subito.it ci sono oltre 18,7 milioni di utenti unici al mese.

Con il motto di «diventiamo tutti mercanti», si sono ingrossate le schiere di un popolo di venditori, che si scatena sulle piattaforme e sulle numerose app disponibili. Le occasioni sono veramente tante e provare a vendere è semplicissimo. Bastano pochi passaggi per proporre un oggetto su eBay, Catawiki, Subito.it, Vinted, Wallapop, o sul marketplace di Facebook. I più esperti, poi, studiano i gusti degli acquirenti stranieri e puntano su siti più legati a un certo territorio: per esempio, se si vuol vendere agli spagnoli, si va su Todocolección, se si cercano appassionati francesi, su Delcampe, specializzato in cartoline e filatelia, e su Rakuten. Il giro d’affari aumenta di giorno in giorno e anche per questo le vendite hanno cominciato a essere monitorate dall’Agenzia delle entrate. La normativa Dac7 ha fissato delle soglie per chi vende online: le piattaforme devono comunicare i dati di chi supera le 29 transazioni o i duemila euro di incasso annuo. In parallelo, le piattaforme cercano di tutelare sempre più i compratori, verificando i beni di lusso prima che vengano messi in vendita, in modo da evitare il rischio di acquistare abiti e accessori contraffatti.

C’è anche chi pensa a una svolta professionale, magari affascinato dagli antiquari che partecipano a trasmissioni di successo basate su compravendite di oggetti vintage, diventati le nuove star del piccolo schermo. A Las Vegas si può partecipare a un tour per visitare le location di Affari di famiglia, programma cult di History Channel in cui si vendono oggetti rari: più di quattro ore per vedere il Gold & Silver Pawn Shop, dove viene girato il programma, e altri negozi degli esperti che partecipano di volta in volta. Le persone sono galvanizzate da quei personaggi e scatta il desiderio di emulazione. C’è chi inizia con qualche timida transazione sulle piattaforme online, e poi punta più in alto, verso un futuro da commerciante. A Cash or Trash, il programma sul Nove, ormai alla settima stagione, spesso chi porta a vendere un oggetto confessa candidamente di voler cambiar vita, improvvisandosi dall’oggi al domani un piccolo antiquario. Come se fosse facile. «Qualcuno pensa che basti portare a vendere degli oggetti» dice Ada Egidio, titolare della Collezionando Gallery a Roma. Da ragazza ha appreso i rudimenti dell’antiquariato con la sua famiglia al Marché Paul Bert a Parigi. Ora, sta per aprire una nuova sede in una ex discoteca. «In realtà il nostro lavoro richiede uno studio costante e una visione del mercato. Bisogna essere empatici con il pubblico, ma soprattutto avere tanta curiosità, che è il vero motore per questo lavoro».

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È dello stesso parere Roberta Tagliavini, autorità in tema di art déco, che tratta nei suoi negozi Robertaebasta a Milano e a Londra. «Questi programmi contribuiscono a far avvicinare al vintage persone che prima non se ne interessavano. Ma stimolano soprattutto i mercatini, perché si parla di cose di seconda mano che si trovano sulle bancarelle, non di oggetti dei negozi di antiquariato classici». L’importante è avere fiuto e sapere intercettare le collezioni che vanno per la maggiore, ricavandosi una propria nicchia di clienti. Magari, il pubblico dei millennials, che a volte, non sempre, si può soddisfare senza investire in una fortuna. «Tanti ragazzi collezionano console per i videogame, come il Commodore 64», spiega Ada Egidio. «Oppure videocassette, musicassette e vinili: tutto un mondo degli anni Ottantache si è perso con l’avvento del digitale». Ecco allora, che una volta fatto un po’ di magazzino, ci si può proporre come venditori, o nel web o in presenza, per esempio lasciando i propri oggetti in conto vendita in uno dei negozi del circuito Mercatopoli o del Mercatino, o affittando, per 60 euro circa, una piazzola al Bagagliaio, appuntamento classico del Parco esposizioni di Novegro, alle porte di Milano. Anche qui la concorrenza è agguerrita: ci vuole un po’ di esperienza e bisogna costruirsi un’identità precisa. Se siete esperti di macchinine Polistil, ne avete un discreto numero da proporre, e ne capite qualcosa, facile che riusciate a fare qualche soldo. Ma se siete digiuni di modernariato, non avete grandi speranze. Non solo. Chi vende di persona deve essere pronto a interloquire con il cliente, raccontando la storia dell’oggetto, creando un’esperienza, a differenza della transazione sul web, che è più asettica. «Guardo raramente online, sono un uomo poco tecnologico» afferma Giano Del Bufalo, antiquario, esperto di Wunderkammer, arti primitive e tribali, che da poco ha pubblicato il libro Il cacciatore di tesori (Mondadori). «Preferisco vedere le cose dal vivo, ricevere le chiamate. Provo ancora la meraviglia della caccia all’oggetto, che mi dà adrenalina». Un’emozione che si rivive anche seguendo le avventure dell’antiquario Drew Pritchard, star di Chi cerca trova su Discovery Channel, che attraversa l’Inghilterra in lungo e in largo perlustrando capannoni e negozi. Se si sceglie la strada dell’online, bisogna inventarsi anche una strategia di marketing, frequentando attivamente i social. Su YouTube, per esempio, ci sono canali di appassionati di modellini «action figure», di carte Pokémon, di fumetti rari, vinili e dvd che hanno milioni di iscritti.

Insomma, il pubblico non manca. Come si legge in una ricerca di eBay, sei italiani su 10 si dedicano a una collezione, e quattro su 10, per l’acquisto di nuovi pezzi, hanno rinunciato a cene fuori casa e prodotti per uso quotidiano. C’è anche chi non è interessato a un cambio di vita, ma semplicemente spera di ricavare qualcosa da un oggetto rimasto sepolto per decenni in cantina o dentro una cassapanca. Osservando il viavai di venditori di Affari di famiglia, i telespettatori si immaginano quale può essere la propria occasione di guadagno, che può essere una vecchia collezione di francobolli del nonno o un servizio di porcellana firmato. E se si tratta di qualcosa di impegnativo, di un certo valore, si può pensare di rivolgersi a case d’aste importanti, che periodicamente organizzano giornate di valutazioni. Naturalmente serve una certa dose di modestia e consapevolezza. Come ricorda Roberta Tagliavini, «tutti quelli che hanno qualcosa da vendere, pensano di avere il tesoro di Tutankhamon: si illudono pensando di avere l’oggetto più importante del mondo».





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