In un Paese che ha una produttività troppo bassa, il fisco incentiva la voglia di rendita più che quella del darsi da fare. Premia i fortunati che, invece di cercare lavoro, possono vivere coi soldi di papà e mamma
Roberto Seghetti
Le nostre città d’arte e le più note località di vacanza italiane sono oggi al centro di un fenomeno straordinario che i tecnici chiamo overturism, cioè l’afflusso crescente di persone che occupano strade, bar, ristoranti, consumano, intasano il traffico, mettono a rischio la sostenibilità di ambienti delicati (che siano monumenti o le tre cime di Lavaredo) e poi se ne vanno, lasciando dietro di sé una scia di effetti indesiderati.
Uno di questi effetti di cui si discute molto nel nostro Paese riguarda il volto delle nostre città d’arte così come dei luoghi più in voga per le vacanze: la continua proliferazione del numero di appartamenti offerti in affitto temporaneo o come Bed and breakfast.
Roma, Milano, Firenze, Venezia, Bologna sono alle prese con un’ondata che sta trasformando ognuna di queste città in un enorme Luna Park, con i centri storici ed i quartieri limitrofi trasformati in strade di appartamenti e servizi destinati esclusivamente ai turisti, l’espulsione dei residenti e la mancanza di spazi di vita per i cittadini normali, travolti da questo fenomeno e anche dal conseguente aumento dei prezzi.
I sindaci stanno tentando in ogni modo di intervenire: mettono tasse di ingresso, pensano al numero chiuso, limitano la possibilità di mettere casa in affitto breve o di fare B&B in centro; anche il governo è intervenuto dettando regole più stringenti e percorsi burocratici non semplici. Ma è come cercare di svuotare il mare con un secchiello bucato.
Si dirà: è l’effetto della globalizzazione, dell’accesso al turismo anche per coloro che prima non ne avevano la possibilità (si pensi alle polemiche nate dal caso Roccaraso, invasa da migliaia di turisti di un giorno) e che ora, giustamente, invece di pagare somme molto alte in albergo, prendono in affitto una casa per una notte o due e così, anche se costa un po’, possono permettersi fine settimana con tutta la famiglia in luoghi meravigliosi che tutto il mondo invidia all’Italia.
Si certo. È così. Ma non c’è solo questo dietro la proliferazione degli immobili offerti ai turisti. Non c’è solo l’aumento della massa dei turisti.
La verità è che alla base di questo straordinario fenomeno c’è anche il combinato disposto di due altri fattori. Il primo è il progressivo passaggio generazionale da nonni e padri che, lavorando come formiche, hanno accumulato un vasto patrimonio immobiliare a un numero sempre più ristretto di eredi (e visto l’andamento delle nascite lo sarà sempre di più).
Un dato particolarmente rilevante perché in Italia la tassa di successione è bassissima: il patrimonio passa di mano dai genitori ai figli a tassazione zero fino a un milione di euro di valore catastale (diciamo almeno due o tre milioni di euro di valore commerciale) e sul resto si paga solo il 4 per cento. In diversi paesi dell’Europa occidentale ci considerano per questo una specie di paradiso fiscale.
Il secondo fattore, ancora più importante, è che negli anni è diventato sempre più conveniente dal punto di vista fiscale ottenere redditi dall’impiego del patrimonio immobiliare.
Sugli affitti lunghi, sugli affitti brevi, sui B&B ci sono straordinarie possibilità di pagare tasse infinitamente più basse che sul lavoro o sui redditi di società. Al punto che sta crescendo il numero delle persone che vivono anche abbastanza bene solo grazie all’impiego del proprio patrimonio. E non si tratta di milionari, ma di ceto medio che ha ereditato qualche immobile.
Ci sono giovani che, invece di cercare un impiego, di dover chinare il capo di fronte al padrone o al capoufficio, possono affittare un paio di appartamentini ricevuti dai genitori e arrivare a fine mese con relativa tranquillità.
Così come ci sono persone mature o anche pensionati che arrotondano in questo modo le entrate della famiglia per vivere un po’ più agiatamente o per pagare con minori patemi qualche intervento di sanità privata, dato che quella pubblica è in crisi.
Sugli affitti a canone concordato con le associazioni degli inquilini e dei proprietari si paga solo il 10 per cento, senza per questo dover pagare la sovrimposta Irpef regionale e comunale. Sugli affitti non concordati si paga il 21 per cento (e niente sovrimposta Irpef).
Sugli affitti brevi (casa vacanza) si paga il 21 per cento sulla prima casa e il 26 per cento (sempre senza sovrimposta Irpef regionale e comunale) se si mettono in locazione breve da due a quattro appartamenti. Oltre diventa attività di impresa.
Sui B&B ci si può sottoporre all’Irpef (redditi diversi) se si fa saltuariamente, ma si può anche aprire una partita Iva e scegliere di pagare a forfait fino a 85 mila euro di fatturato: nel caso dei B&B si paga il 15 per cento sul 40 per cento del fatturato (il 5 per cento nei primi cinque anni di partita Iva).
Basta fare il paragone con le aliquote Irpef (23,35 e 43 per cento) e per di più con l’aggiunta delle sovrimposte Irpef per pagare i servizi regionali e comunali o con il 24 per cento di Ires più il 4 per cento di Irap nel caso dei guadagni al netto dei costi delle società. Il confronto non regge.
Per questa ragione nelle città d’arte o nei luoghi più gettonati delle vacanze chi può, affitta, affitta breve, gestisce B&B. Per questa ragione proliferano così facilmente queste strutture ricettive. E per capire davvero quanto sia forte questa spinta ecco di seguito qualche esempio di quanto incassi un cittadino che prima eredita a zero tasse e poi impiega il patrimonio nelle nuove e convenienti attività.
Dato il costante calo delle nascite prendiamo il caso di un figlio unico che eredita dall’ultimo genitore rimasto in vita un appartamento di 130 metri nel bel quartiere Trieste di Roma, più due piccoli appartamenti, uno di 55 metri quadrati sempre nel quartiere Trieste, proprio vicino alla casa dei genitori, e un altro a San Giovanni, in una zona un po’ più popolare ma sempre appetibile, di 60 metri quadrati.
Quanto paga di tassa di successione? Zero. Sappiamo infatti che non ci sono tasse fino a un milione di euro di valore catastale. Facciamo i conti. L’appartamento più grande ha una rendita catastale di 2148,46 euro e quindi (si moltiplica per 126) il valore catastale è di 270.705,96 euro (valore commerciale, intorno agli 800 mila euro). L’appartamentino vicino ha una rendita catastale di 939,95 euro e quindi un valore catastale di 118.433,7 euro (valore commerciale intorno ai 370.000).
L’appartamento a San Giovanni ha una rendita catastale di 686,89 euro e quindi un valore catastale di 86.548,14 euro (valore commerciale intorno ai 320 mila euro). Totale: valore catastale 475.687,80 euro, nemmeno la metà della soglia oltre la quale si paga il 4 per cento di tasse, la percentuale più bassa d’Europa occidentale. Valore commerciale, quasi un milione e mezzo di patrimonio.
Che cosa ci può fare l’erede con questo patrimonio? Nell’appartamento grande ci va ad abitare. Le due unità immobiliari più piccole le affitta e dunque ha diverse ottime possibilità.
Qualche esempio. Le affitta entrambe a canone concordato, perché così paga solo il 10 per cento di cedolare secca, oltre all’imu: l’affitto è di 950 euro al mese al quartiere Trieste, 850 a San Giovanni. Incassa dunque, rispettivamente 11.400 euro l’anno e 10.200 euro l’anno. Totale: 21.600 euro l’anno. Ci paga il 10 per cento secco (1140+1020) e gli restano 19.440 euro. Meno l’imu delle due case (favorito perché l’affitto è concordato), rispettivamente di 1352 e di 988 euro, si arriva a 17.100 euro netti l’anno: cioè 1425 euro netti al mese.
Ma non è la soluzione più allettante. Facciamo il caso che ne affitti una a canone concordato (San Giovanni) e una l’affitti per periodi brevi, per turismo. Quella a canone concordato continuerà a rendere 682,6 euro netti al mese. L’altra dipende dai giorni di occupazione.
Prendiamo una media inferiore a un terzo dell’anno, cioè 100 giorni per due persone. A Roma si possono spuntare anche 150 euro al giorno. Totale 15.000 euro l’anno. Su questa somma l’affittuario pagherà il 21 per cento di cedolare secca, cioè 3150 euro. Meno altri 1800 euro di Imu (casa a disposizione e non affittata a canone concordato), gli restano in tasca 10.050 euro, cioè 837,5 euro netti al mese (più i 682,6 dell’altra casa fanno 1520,1 euro netti al mese).
Se le affitta entrambe per turismo, quindi con locazioni brevi, il proprietario pagherà il 26 per cento di cedolare. Facciamo i conti sulla base dell’esempio precedente. Due immobili e redditi per 30.000 euro lordi l’anno. Cedolare da 7.800 euro. Imu da 1.800 e da 1315,53 euro. Netto da 19.084 euro, cioè 1590,37 euro netti al mese.
Ancora più conveniente sarebbe l’apertura di una partita Iva a forfait per gestire almeno uno dei due appartamenti, tanto più che, dopo l’ultima manovra del governo Meloni, ora è possibile farlo fino ad un fatturato annuo di 35 mila euro anche se il gestore ha un altro lavoro prevalente.
In realtà la legge dice che è possibile avviare un B&B se si abita nello stesso stabile; però ammette anche una piccola scappatoia, basta abitare non nello stesso stabile ma vicino, curare personalmente l’attività ed essere reperibile.
Nel caso di un appartamento al quartiere Trieste (quello vicino alla residenza del proprietario) si potrebbe tentare la strada del B&B, sempre che non vi siano ostacoli.
Prendiamo dunque il caso che l’erede affitti un appartamento a San Giovanni per turismo (ottenendo 877 euro netti al mese pagando una cedolare secca del 21 per cento) e che con l’altro apra l’attività B&B, riuscendo ad occuparlo, anche questo, per 100 giorni l’anno.
Lo può offrire (prezzi dai siti specializzati) a 100 euro a persona (200 a coppia), incassando 20 mila euro in un anno. Su questa cifra l’affittuario con partita Iva a forfait deve pagare i propri contributi Inps (il 24,48 per cento del fatturato), cioè 4896 euro.
Ne restano 15.104. Sul 40 per cento di questa somma (cioè su 6041 euro) deve versare una tassa del 15 per cento (nei primi cinque anni di partita Iva si paga solo il 5 per cento), cioè 906,24 euro. Ne restano 14.197,76. Meno l’Imu da 1800 euro, ne restano 12.397,76. Meno 1000 euro di spesa per le colazioni, fa 11.397,76 euro netti l’anno. Cioè 949,8 euro al mese netti, ma accumulando anche la pensione nel fondo Inps artigiani e commercianti.
A quel fondo si può oltretutto chiedere la riduzione del pagamento dei contributi previdenziali (meno 35 per cento) e in questo caso si libererebbero altri 2114 euro l’anno, cioè altri 176,19 euro euro netti, portando l’incasso mensile a 1.125,9 euro netti al mese.
Ma è chiaro che calerebbe la possibilità di mettere insieme un importo pensionistico interessante per il futuro. In ogni caso, aggiunti 877 euro del primo appartamento ai 949,9 del secondo affittato a B&B, si arriverebbe a superare i 1826,9 euro netti al mese (più la pensione).
Certo, non dobbiamo pensare che siano solo tutte rose e fiori. Bisogna lavorare un poco, affrontare l’alea, il rischio di periodi meno fortunati per il turismo, e anche i problemi burocratici: c’è da chiedere e ottenere il codice nazionale sia per gli affitti brevi che per il B&B, bisogna avere l’appartamento in regola e tutto ciò che ne consegue.
Bisogna trovare una persona che fa le pulizie (a pagamento degli inquilini temporanei, come si può verificare andando sui siti specializzati). Bisogna accogliere gli ospiti personalmente e ci sono le eventuali riparazioni da fare.
Ma il giovane che eredita questa possibilità può tranquillamente incassare una somma netta che assomiglia da vicino a uno di quegli stipendi che in Italia è già considerato buono e pagarsi almeno una parte di pensione, pur non avendo alcuna formazione o qualche skill da mettere sul mercato.
Quel che sta sul mercato è il patrimonio ereditato, con buona pace di ogni discorso sul tema del merito. Ed è conveniente rispetto ad altri impieghi.
Basti pensare a chi di appartamenti ne ha quattro o cinque da mettere sul mercato con la cedolare secca in una delle nostre città più grandi come Roma, Milano, Firenze, Bologna, Venezia. Se dovesse pagare sui redditi che ne derivano in base all’Irpef, sicuramente arriverebbe ad essere toccato dall’aliquota marginale del 43 per cento. E dovrebbe versare la sovrimposta per i servizi regionali e comunali.
Così invece paga il 10 per cento, il 21 o al massimo il 26 per cento. E niente sovrimposte locali.
Se si guardano i dati sull’occupazione e in particolare quelli sugli inattivi si noterà la crescita di quest’ultimo settore. I dati del III trimestre 2024 ci dicono per esempio che cala il numero di disoccupati (-149 mila, -8,7 per cento in tre mesi) e aumenta quello degli inattivi di 15-64 anni (+88 mila, +0,7 per cento). Simile la dinamica per i tassi: quello di occupazione raggiunge il 62,4 per cento (+0,2 punti), il tasso di disoccupazione scende al 6,1 per cento (-0,6 punti) e quello di inattività 15-64 anni sale al 33,4 per cento (+0,2 punti).
Una parte di questi non interessati alla ricerca del lavoro potrebbero essere, come pensano molti esperti e come sarebbe interessante che l’Istat verificasse, giovani e meno giovani che, avendo disponibilità di patrimonio, ed essendo il fisco italiano così benevolo, decidono di impiegarlo e di vivere così, senza dover cercare lavoro, avere a che fare con il capoufficio e i colleghi.
Come dire: in un Paese che ha il problema della produttività, il fisco incentiva la voglia di rendita più che quella del darsi da fare. Premia i fortunati che, invece di cercare lavoro, possono vivere con i soldi di papà e mamma.
Al di là dei riflessi sul mondo dell’occupazione, comunque, si capisce fin troppo bene perché il fenomeno degli appartamenti messi sul mercato per gli affitti brevi o per i B&B sia letteralmente esploso negli ultimi anni, in particolare nelle città d’arte o nei luoghi più noti di villeggiatura.
Tanto più che non sono interessati solo giovani senza lavoro, ma anche moltissime persone mature che intendono arrotondare lo stipendio, gli incassi della propria attività o anche la pensione offrendo sul mercato una seconda casa, soprattutto se è dislocata all’interno di un mercato dove gli affitti sono sempre molto alti.
Con la popolazione che invecchia, le nascite che crollano e il numero dei futuri ereditieri che è destinato a ridursi e, soprattutto, con un fisco così favorevole al patrimonio è inevitabile che il fenomeno continui a gonfiarsi.
I sindaci potranno fare ciò che vogliono, il governo potrà imporre percorsi burocratici sempre più difficili, ma è questa la molla che genera, insieme al grande afflusso di turisti, il fenomeno che sta stravolgendo il volto di molte delle nostre città d’arte e anche di numerose località turistiche note per la bellezza della montagna o delle spiagge.
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