Contratto scuola, Barbacci (Cisl): “Parte normativa vecchia di 20 anni”. E perché non incominciamo a parlare di “autonomia scolastica di comunità”?

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Intervento ad ampio raggio quello svolto pochi giorni fa a Ivrea dalla segretaria generale Ivana Barbacci nel corso del Congresso della Cis Scuola di di Torino e provincia.
L’evento era organizzato nel cuore dell’area industriale della Olivetti e per l’intera giornata il nome di Adriano Olivetti è ritornato in molti degli interventi che si sono susseguiti, ed anche Barbacci non si è sottratta a queste suggestioni e più volte ha fatto riferimento al tema del welfare, della attenzione al territorio e del superamento della logica padrone-lavoratore.

Barbacci ha iniziato parlando degli alunni stranieri: “Dobbiamo valorizzare l’inserimento degli alunni stranieri: è questa la strada da percorrere e non certamente quella di erigere muri o di creare dicotomie tra noi e gli altri o esaltare le differenze per fare in modo che l’altro diverso da me sia un ostacolo al mio fluido procedere. Noi siamo del parere che oggi serva un intervento forte per considerare gli alunni stranieri come soggetti aventi diritto alla cittadinanza italiana: i tempi sono maturi perché loro sono parte integrante di un territorio. Se noi continuiamo a pensare che loro siano altro da noi, loro si sentiranno davvero altro da noi e quindi continueranno ad esserci spazi urbani distanti e differenziati”.

Per passare a quello che è forse il tema oggi più complesso e di difficile soluzione: “Abbiamo di fronte a noi dinamiche demografiche complesse. E’ sempre più necessario prevedere delle soluzioni, soluzioni che sembrano però ancora lontane perché mancano politiche di welfare finalizzate al prendersi cura delle persone e dei loro diritti. Ma dobbiamo anche lavorare per continuare a tenere aperte le scuole perché andiamo incontro al rischio dell’impoverimento e dei territori più marginali e delle aree interne”.
“A questo – ha sottolineato la segretaria generale – è strettamente legato anche il problema, sempre più impellente delle ‘migrazioni’ degli insegnanti da sud a nord. Molti di coloro che scelgono di insegnare, non potendolo fare nella loro regione, devono spostarsi in altre realtà, soprattutto del Nord, dove invece c’è una buona disponibilità di posti di lavoro. Ma poi si pone una questione: al nord, soprattutto nelle grandi città, non esistono opportunità abitative adeguate e questo comporta il fatto che in molti ‘prendere il posto’ a Milano o a Torino ma poi cercano di tornare da dove si è partiti; c’è la tendenza a rinunciare al posto di lavoro stabile e così si lavora come precari a casa propria. E invece dovrebbe valere il principio che chi lavora in un certo ambiente dovrebbe poter essere accolto sul territorio, avere spazi dignitosi e un’abitazione; insomma dobbiamo pensare a nuove politiche di welfare, ma questo significa fare contrattazione sociale, in tutti i luoghi e in tutte le occasioni possibili”.

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Passando poi alla questione dell’autonomia, Barbacci ha detto: “Tutto ciò significa anche esaltare il ruolo delle comunità e gli spazi di autonomia partecipata. E allora anche l’autonomia scolastica, che ha una valenza costituzionale, deve essere letta e ripensata in modo nuovo. Per noi l’autonomia scolastica resta uno strumento potente affinché la scuola sul territorio possa realizzare se stessa in piena sintonia con i bisogni formativi degli studenti delle famiglie con le vocazioni del territorio”.
“Io – ha sottolineato, fra gli applausi dei presenti – vorrei che si incominciasse a parlare autonomia scolastica di comunità perché è necessario rimanere ancorati alla comunità e al territorio. E allora anziché parlare di piano dell’offerta formativa di istituto perché non pensiamo a piani di territorio? In questo modo si potrebbe evitare di ragionare e operare in termini di ci concorrenza spietata fra le scuole, di “accaparramento” di studenti, (che intanto, complessivamente sono sempre gli stessi, non crescono, anche se io aumento l’offerta ed il caso del liceo Made in Italy dovrebbe insegnarci qualcosa)”.
Ovviamente non poteva mancare un riferimento al problema del rinnovo contrattuale: “A proposito del contratto nazionale: è già abbondantemente superato se lo andiamo a leggere in tutte le sue articolazioni, non è affatto aderente con ciò che il personale della scuola fa quotidianamente, la parte normativa risale al 2006; nel contratto 2019/21 abbiamo iniziato a ridisegnare l’architettura del personale ATA ma non abbiamo finito. La partita è molto complessa e con il CCNL 2022-24 dobbiamo pensare di ridisegnare in maniera profonda il profilo professionale dell’insegnante”.





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