Trump sanziona la Corte penale internazionale, decisione contro mandato di arresto per Netanyahu

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Una dichiarazione congiunta a difesa della Corte penale internazionale e contro le sanzioni annunciate dal presidente Usa Donald Trump. L’hanno firmata 79 Paesi membri della Corte sostenendo che le sanzioni di Trump “comprometterebbero gravemente tutte le situazioni attualmente sotto inchiesta, poiché la Corte potrebbe dover chiudere i suoi uffici sul campo”, oltre ad “aumentare il rischio di impunità per i crimini più gravi e minacciare di erodere lo stato di diritto internazionale”. Tra i firmatari però non figura l’Italia.

L’iniziativa della dichiarazione congiunta è stata avviata da un gruppo di 5 Paesi: Slovenia, Lussemburgo, Messico, Sierra Leone e Vanuatu. Tra i Paesi firmatari, che costituiscono circa due terzi dei Paesi che hanno ratificato lo statuto di Roma sulla Cpi, non c’è l’Italia, ma – oltre a Gran Bretagna e Canada – ci sono quasi tutti i membri dell’Ue, ossia Francia, Germania, Belgio, Grecia, Irlanda, Paesi Bassi, Svezia, Bulgaria, Danimarca, Finlandia, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Lussemburgo, Estonia, Spagna, Cipro, Lettonia, Croazia, Austria e Malta.

Stamane anche Nazioni Unite hanno espresso  profondo rammarico per la decisione del presidente americano, Donald  Trump, di imporre sanzioni contro la Corte penale internazionale,  sollecitandolo a revocarle. “Siamo profondamente rammaricati per le  sanzioni individuali annunciate ieri contro il personale della Corte e chiediamo che questa misura venga revocata”, ha affermato Ravina  Shamdasani, portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per  i diritti umani.

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La  presidente della Commissione Ursula von der Leyen ricorda che la Cpi “garantisce  accountability per i crimini internazionali e dà voce alle vittime di tutto il mondo,  dovrebbe essere messa nelle condizioni di perseguire liberamente l’impunità. L’Europa  sarà sempre dalla parte della giustizia e del rispetto della legge internazionale”.

“Sanzionare la Cpi minaccia l’indipendenza della Corte e mina il sistema di giustizia penale internazionale nel suo complesso“, ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, mentre un portavoce della Commissione Ue sottolinea che il provvedimento “rappresenta una seria sfida al lavoro della Cpi con il rischio di influenzare le indagini e i procedimenti in corso, anche per quanto riguarda l’Ucraina, incidendo su anni di sforzi per garantire la responsabilità in tutto il mondo”. “La Corte penale internazionale – ha proseguito – è di fondamentale importanza nel sostenere la giustizia penale internazionale e la lotta contro l’impunità”.

La decisione di Trump

Giovedì il presidente degli Stati Uniti ha firmato un ordine esecutivo con cui ha imposto sanzioni contro la Cpi, il principale tribunale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità. Trump ha motivato le sanzioni accusando la Corte di “azioni illegittime e infondate contro l’America e il nostro stretto alleato, Israele”, dunque il riferimento è al mandato d’arresto internazionale emesso a novembre dalla Corte contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e contro l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant. Il premier israeliano ringrazia per un ordine  esecutivo che “difende America e Israele dalla Corte corrotta, antiamericana e  antisemita che ha giurisdizione”.

In realtà né gli Stati Uniti né Israele sono firmatari dello Statuto di Roma, cioè il trattato che nel 1998 istituì la Corte penale internazionale, e quindi non ne riconoscono la giurisdizione. Nel caso del mandato d’arresto contro Netanyahu e Gallant questo significa che solo i paesi firmatari avrebbero l’obbligo di arrestarli, se si trovassero sul loro territorio (quindi non gli Stati Uniti, né tantomeno Israele stesso). E anche tra i paesi firmatari ci sono state posizioni contrastanti su questa possibilità, compresa l’Italia. Il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani ha definito la circostanza come “irrealizzabile”. Tajani ha detto anche: “No comment sulla Cpi (la Corte penale internazionale ndr), ho molte riserve sul comportamento della Corte su questa vicenda. Forse bisognerebbe aprire un’inchiesta sulla Corte penale, bisogna avere chiarimenti su come si è comportata”.

Cosa possono fare ora gli Usa contro la Cpi (e lo avevano già fatto)

Le sanzioni danno agli Stati Uniti la possibilità di “congelare” beni appartenenti a membri della Corte e di negare il visto a loro e ai loro familiari. Al momento l’amministrazione Trump non ha comunicato i nomi delle persone che saranno interessate dalle sanzioni. Il tycoon lo aveva già fatto durante il suo primo mandato: nel 2020, quando la Corte aprì un’indagine sui crimini commessi durante la guerra in Afghanistan sia dai talebani sia dall’esercito statunitense e dalla CIA, il governo di Trump rispose bloccando i conti americani della procuratrice a capo della Corte all’epoca, Fatou Bensouda, e del suo vice, oltre a imporre a loro e a diversi funzionari della Corte restrizioni di viaggio negli Stati Uniti.

Regno Unito, Starmer difende l’indipendenza della Cpi

Il Regno Unito sostiene “l’indipendenza” della Corte penale internazionale alla cui costituzione ha a suo tempo aderito in sede Onu. Lo ha sottolineato oggi una portavoce del premier britannico Keir Starmer, interpellata dai giornalisti nel briefing di giornataa Downing Street sulle sanzioni annunciate ieri dal presidente americano Donald Trump contro i giudici della Corte coinvolti in indagini su cittadini statunitensi o nel mandato di arresto emesso nei mesi scorsi per crimini di guerra e contro l’umanità nei confronti di Benjamin Netanyahu e di altri esponenti del governo israeliano alleato per quanto avvenuto nella Striscia di Gaza palestinese.   

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La portavoce ha evitato critiche dirette all’annuncio di Washington – che al trattato costitutivo della Corte non aderisce – ma le sue parole possono essere interpretate come una presa di distanza da Trump almeno su questo punto da parte di Starmer: pur impegnato per una ricucitura dei rapporti con la nuova amministrazione repubblicana a tutela della ‘special relationship’ britannico-americana. 

Cosa è la Corte penale internazionale

La Corte penale internazionale è un’istituzione nata per iniziativa della comunità internazionale nel 1948, all’indomani della fine della seconda guerra mondiale. Il periodo della guerra fredda allontanò però l’accordo tra gli Stati, che finì in stallo fino al 1994, anno in cui venne costituito un apposito comitato all’interno delle Nazioni Unite, il quale portò allo Statuto di Roma che nel 1998 ha istituito la Corte penale internazionale.

La sede della Corte penale internazionale è all’Aja, nei Paesi Bassi. Si occupa dei crimini internazionali commessi dagli individui. La Corte è stata riconosciuta da 123 Paesi, ma non da superpotenze come Russia, Stati Uniti e Cina. Israele ha firmato la Convenzione senza però ratificarla. Anche l’Ucraina non ne fa parte.

La Cpi esercita le proprie funzioni e i propri poteri sul territorio di qualsiasi Stato Parte. Per farlo, necessita di una apposita convenzione. La sua giurisdizione può estendersi al territorio di ogni altro Stato che ne faccia richiesta.



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