“Progetto avviato senza informare i cittadini”

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Un progetto complesso e costoso, una sperimentazione testata sulla bellezza fragile di un territorio protetto per la sua unicità culturale e ambientale. Eppure dell’iter avviato da Edison spa per realizzare un impianto idroelettrico a pompaggio marino a Favazzina si sa pochissimo e le comunità coinvolte non sono mai state informate. Sono trascorsi due anni dalla proposta della multinazionale per candidare l’opera ai fondi di Pnrr e piano nazionale integrato per l‘energia e il clima (Pniec). La multinazionale sta andando avanti per superare positivamente la vaIutazione di impatto ambientale, ma ora finalmente i cittadini della Costa Viola sono scesi in campo per squarciare un lungo silenzio che hanno subìto. Per iniziativa dell’organizzazione di tutela ambientale Controvento, si è costituito un comitato civico che oggi ha promosso a Scilla il primo evento pubblico per divulgare i dubbi di residenti e associazioni sull’impianto. 

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Una giornata scandita da due momenti: la mattina in piazza San Rocco gli attivisti si sono radunati per distribuire volantini informativi e invitare la comunità al dibattito pomeridiano presso l’hotel Le Sirene, dove il confronto critico ha creato un fronte compatto. L’obiettivo comune è difendere la Costa Viola contro decisioni imposte senza condivisione, sulla pelle di questo territorio.

In piazza il dissenso pacifico diventa anche musica, attirando l’attenzione dei passanti con la voce e la chitarra del Valentino Santagati, con la campanella che Piero Idone del Wwf fa tintinnare come sveglia delle menti letargizzate dalla propaganda. Il ponte sullo Stretto, e ora l’impianto Edison: oggetto del desiderio una terra delicata e inerme trasformata in macchina da soldi. “L’energia prodotta a Favazzina – dice Idone – va da anni a Enel, non al territorio. Con la storica centrale elettrica pubblica che faceva ‘entrare acqua e far uscire oro’, come mi disse il vecchio custode, eravamo sulla strada giusta.

Poi le centrali sono state privatizzate e costano praticamente zero, ma qui non resta nulla. Al territorio basterebbe installare tetti fotovoltaici in tutto il comune di Scilla”. Sul piatto c’è invece anche una megadiga con costi che superano il miliardo di euro. Quanto è fattibile e davvero sostenibile nel suo regolare funzionamento, una volta intascati i fondi a disposizione?

“Si privilegia un’idea di futuro sensazionalistica con grando opere inutili e dannose – ha concluso Piero Idone – e poi, anche a Favazzina, si distruggono i veri tesori del territorio, la biodiversità che rende il nostro mare una efficientissima nursery per nutrire tantissime specie. Abbiamo già come esempio negativo l’esperienza devastante del ripascimento effettuato malissimo a Cannitello, che ha fatto scempio di questo ambiente”. 

I dubbi di cittadini e associazioni, gli accessi agli atti e l’assenza degli enti

Edison vorrebbe realizzare un impianto di accumulo idroelettrico mediante pompaggio ad alta flessibilità tra il mar Tirreno e un bacino di nuova realizzazione nel comune di Scilla, frazione di Favazzina, oltre alle opere di connessione alla rete di trasmissione nazionale situate nella stessa area. Il nuovo invaso avrebbe una portata utile di circa 1.100.000 m3, mentre il volume complessivo del bacino con le sue pertinenze è pari 1.200.000 m3.

“Siamo qui per dire che il territorio di Scilla e Favazzina non è socialmente disponibile a questo progetto”, dichiara Rosalba Marotta del coordinamento regionale Controvento. “Con l’assemblea vogliamo entrare nel merito di un progetto su cui abbiamo molte perplessità. Intanto si tratta di un impianto sperimentale, il primo in Italia, e non capiamo perché si è scelto di farlo qui in una zona protetta e sensibile per l’aspetto idrogeologico. La nostra non è una questione pregiudiziale – aggiunge – ma ci chiediamo quali siano i benefici di un progetto nel quale esistono anche molti rischi. Per questo ci colpisce che gli enti locali, a partire dal Comune di Scilla, nonostante la complessità di quest’opera, abbiano avuto voce in capitolo minima”.

Angelo Raso, esponente di lunga data di Legambiente reggina, commenta: “Il progetto di accumulo in sè è molto interessante e risponde a criteri ecologici. L’idea di un impianto che funziona come una batteria attingendo a un surplus di elettricità spesa per pompare acqua a monte anziché sprecarla è condivisibile, ma questo non significa che l’impianto sia valido ovunque lo si faccia. Il posto individuato è assolutamente inadatto”. 

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L’altro aspetto della questione è capire a chi serva davvero tutta questa energia. “La Calabria – continua Raso – ha già una iperproduzione di energia che poi non consumiamo, è assurdo produrne ancora per poi doverla esportare comportando ulteriori sprechi. Ancora più paradossale è aver scelto una zona protetta, che per realizzare l’impianto richiederebbe una deroga alle norme europee, un sito tra l’altro interessato in passato da frane  importanti.

E’ chiaro che le nuove sollecitazioni di un invaso nella parte superiore alle aree critiche comporterebbe rischi sia per il territorio che per la popolazione. Avendo un intero paese a disposizione, è inaccettabile scegliere una zona di pregio paesaggistico, storico e cuturale, lo Stretto che appartiene alla popolazioni delle coste calabrese e sicula, un luogo che ci abbraccia e non si divide come sostengono i pontisti… al contrario lo Stretto unisce le sponde e le loro comunità”. 

In piazza arrivano anche residenti a Favazzina preoccupati per uno scenario caratterizzato da ombre e domande senza risposta. Ed è proprio questo che ribadiscono: “Abbiamo fatto accesso agli atti per visionare i documenti del Comune, in due anni nessuno ci ha mai contattati”. La stessa istanza è stata presentata dal comitato civico per conoscere il parere rilasciato dall’ente sul progetto, ma l’interlocuzione è difficile in un periodo di commissariamento per di più in scadenza. Lo diciamo sottovoce e forse con un po’ di malizia, ma il caso Edison è una gatta da pelare che si lascerebbe volentieri in eredità alla nuova amministrazione.

“Questa zona meravigliosa viene devastata da anni – dicono i proprietari di un’abitazione confinante con l’impianto – Quando abbiamo comprato, la spiaggia di Favazzina era lunghissima, sembrava di stare alle Bahamas… nel periodo post bellico vi atterrò addirittura un aereo! Adesso le mareggiate e gli interventi sbagliati l’hanno rovinata, senza parlare del depuratore che genera inquinamento dell’aria, delle falde acquifere e del mare. Favazzina è stata letteralmente saccheggiata da Snam e Terna, adesso il progetto di Edison non ci serve e neanche le opere compensative che promettono”.

Nel 2019 le emergenze della frazione scillese erano state denunciate da un comitato ad hoc, Salviamo Favazzina, che ora manifesta adesione alla protesta contro l’impianto Edison. Tra i problemi irrisolti e finiti nel limbo del commissariamento, ci sono ancora le mareggiate che minacciano le fondamenta delle nostre case, e l’esigenza di una seconda via di accesso alla frazione alternativa a quella attuale, molto pericolosa. 

Le criticità del progetto nella relazione degli esperti del gruppo di lavoro scientifico

All’hotel Le Sirene i rappresentanti del coordinamento Controvento Calabria hanno presentato anche lo studio del gruppo di lavoro incentrato dall’impianto Edison. Tra gli esperti che hanno contribuito ci sono l’ingegnere e urbanista Alberto Ziparo; l’economista ambientale Domenico Marino (università Mediterranea); Pino Romeo, urbanista e pianificatore; i geologi ambientali Beatrice Barillaro (Wwf), Serena  Palermiti e Giovanni Salerno; i già citati Idone e Raso; Giovanni Mento, esperto di paesaggio e beni culturali e ambientali;  gli architetti Giuseppe Fera e Francesco Manti; Cristina Schiavone (esperta di beni cuturali e paesaggistici della Soprintendenza); Piero Polimeni (Ecolandia, esperto di progettazione e pianificazione energetica); gli esperti di biologia marina Cardona e Porcino (Scilla Diving Center);  Aurora Notarianni, avvocata della rete no ponte; Gerardo Pontecorvo, esperto di patrimonio forestale e ambientale e promotore della proposta di legge per parco nazionale dello Stretto. 

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Dall’analisi dei documenti del progetto, i tecnici hanno evidenziato alcuni rischi principali nella realizzaione dell’impianto Edison a Favazzina. L’impatto sull’ambiente naturale riguarda le interferenze con i siti Natura 2000 (Zsc Costa Viola e Monte S. Elia; Zps Costa Viola; fondali di Scilla). Inoltre esiste il pericolo di “frammentazione degli habitat durante le fasi di costruzione, con potenziali effetti negativi su flora e fauna, il disturbo acustico e vibrazionale che può influire sulla fauna terrestre e marina”. La realizzazione dell’opera di presa e restituzione in mare potrebbe inoltre “alterare il moto ondoso e i sedimenti, causando erosione e le attività di cantiere in mare, come l’installazione di condotte, potrebbero generare sospensione di sedimenti e modificare le condizioni chimico-fisiche delle acque”.

Rilevanti anche i rischi idrogeologici: “Il progetto prevede scavi profondi per la centrale in caverna e gallerie, con rischio di destabilizzazione del suolo e frane nelle aree interessate. La costruzione del bacino di monte potrebbe esercitare un carico aggiuntivo sul terreno, incrementando il rischio di dissesti. L’alterazione del moto ondoso e i conseguenti processi erosivi potrebbero alterare pesantemente le dinamiche litoranee incrementando il rischio di inondazioni marine”.

Possibile anche un’alterazione delle falde acquifere a causa di “interferenze con il regime idrico sotterraneo a causa delle opere di scavo”. Ancora, si ipotizzano emissioni inquinanti nella gestione dei rifiuti in esercizio e già in fase di cantiere. E sempre durante la realizzazione dell’impianto, “i lavori in condizioni di elevata pendenza, la gestione del traffico di mezzi pesanti e il rischio di cedimenti strutturali rappresentano criticità importanti per la sicurezza dei lavoratori e dell’ambiente circostante”.

Grande attenzione richiedono anche le conseguenze sul paesaggio: “L’impatto visivo delle infrastrutture, in particolare il bacino di monte e le opere di presa, richiede soluzioni di integrazione con il contesto naturale”. Infine le interferenze con le infrastrutture esistenti e i collegamenti, come la linea ferroviaria e le opere di protezione costiera, potrebbrero amplificare i rischi per l’ambiente e il territorio. In particolare, sottolineano gli esperti del comitato, “la realizzazione di un cavo interrato a 380 kV tra la stazione utente di Favazzina e la stazione elettrica di Scilla presenta criticità per la necessità di attraversare aree urbane e sensibili”.

Un impianto costoso, che non serve al territorio e porterà benefici in altre zone

Al di là degli aspetti scientifici sviscerati nelle relazioni degli esperti, l’argomento ha proposto riflessioni più ampie. Il professore Alberto Ziparo, già componente della direzione scientifica del quadro territoriale regionale paesaggistico della Regione Calabria, osserva: “Il progetto nega le potenzialità di costruzione di una nuova visione dell’ambito interessato legato alla ricchezza, ma anche alla delicatezza, dei luoghi e delle strutture ecosistemiche presenti. E’ in corso da tempo una profonda riflessione sulle conseguenze dei fallimenti delle strategie passate, legate alle grandi opere ed ai poli di sviluppo industriali e infrastrutturali del sud e alla necessità di ripensare i concetti portanti di politiche e programmi per il Mezzogiorno e l’area dello Stretto. Occorre ricercare azioni di sostenibilità sociale proprio partendo dai valori di territori e paesaggi, con scenari che perseguono la loro tutela, conservazione e affermazione”.

Mentre Gianni Mento evoca una prospettiva di chiari interessi privati mistificati come vantaggi collettivi: “Edison è consapevole delle problematiche paesaggistiche del progetto. Pensa di superarle con un’interpretazione non condivisibile di una norma del quadro territoriale regionale che, secondo la società, esclude dal vincolo inibitorio alla trasformazione paesaggistica le opere pubbliche. Ma questo è un progetto privato e la dichiarazione di pubblica utilità è solo una possibile conseguenza dell’approvazione dell’opera: non può diventare un presupposto della valutazione ambientale del progetto”.

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Domenico Marino si sofferma invece sull’analisi costi-benefici: “L’energia prodotta dall’impianto sarà direzionata principalmente verso l’Italia centrale. La trasmissione dell’energia su lunghe distanze comporta inevitabilmente perdite energetiche significative, con un costo significativo soprattutto durante le ore di bassa domanda. Se le perdite energetiche risultanti dal pompaggio e dal trasporto superano un certo livello, l’efficienza complessiva del sistema può essere messa in discussione, rendendo l’impianto meno conveniente dal punto di vista energetico e economico”. 

E Piero Polimeni pone l’accento sul carattere sperimentale dell’impianto, il primo in Italia a pompaggio marino: “Cosa accadrebbe all’ambiente boschivo e naturalistico circostante  nell’ipotesi di cedimento strutturale delle opere di presa? Che tipo di valutazioni sono state svolte in tal senso, visto il rischio sismico e tsunami presente nell’area dello Stretto?” 

Il riferimento al rischi di elevate dispersioni termiche è colto da Paolo Barone di Scilla Diving Center, che ricorda l’eccidio ecosistemico avvenuto nel mare di Scilla quest’estate in un giorno di picco nella temperatura: “E’ stato un vero e proprio incendio sott’acqua, che ha fatto una fulminea strage di vita marina in appena 48 ore. Parlando di questo progetto – ha aggiunto – non ho trovato nemmeno una persona di Scilla favorevole a questo impianto. Come si può realizzare un’opera così impattante che sul territorio nessuno vuole?”

La petizione al governatore Occhiuto e la proposta di un esposto giudiziario

L’assemblea, moderata da Lucia Cara, ha registrato una partecipazione vivace di cittadini e gruppi. Il progetto Edison si trova adesso nella fase di accertamento della Via, e i presenti all’incontro sono consapevoli della necessità di agire senza perdere altro tempo. Dal comitato Salviamo Favazzina è arrivata la proposta di un’autotassazione per presentare un esposto giudiziario, e tra le altre azioni ipotizzate ci sono la richiesta di un tavolo tecnico in prefettura e una diffida al ministero dell’ambiente. A Scilla è forte la penalizzazione di un avere oggi un referente istituzionale a cui affidare una questione che necessita di spalle larghe. Ma i cittadini si sentono corresponsabili di un’inerzia che pure non è dipesa dalla loro volontà.

“Non possiamo più delegare – è stato detto – fino a quando non ci sarà un’amministrazione comunale dobbiamo essere noi le istituzioni del nostro territorio”. Da parte sua, anche Edison ha un problema: il tassativo cronoprogramma Pnrr al 1 dicembre 2026, un orologio inflessibile per fruire dei fondi che probabilmente è già troppo veloce per coincidere con la completa realizzazione di un’opera di cui non c’è ancora il progetto esecutivo. Tempo che i cittadini della Costa Viola devono ora utilizzare guadagnando il ritardo di questi due anni.

L’incontro di oggi pomeriggio ha presentato una petizione al governatore della Regione Roberto Occhiuto ha già raccolto 10.000 firme. Si parte da qui, con la determinazione di una comunità che rivendica il diritto a essere protagonista del proprio destino e chiede il doveroso intervento di chi può fermare questo progetto.

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