Piemonte, la grande fuga delle banche: due comuni su tre sono senza sportelli. «E la situazione è destinata ad aggravarsi»

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di
Nicolò Fagone La Zita

Per l’Osservatorio della Fondazione Fiba della First Cisl sono 632 mila le persone che risiedono in comuni senza una banca: «Stiamo perdendo la capillarità del servizio»

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Gli ultimi due casi si sono registrati a Bibiana e Collegno, in provincia di Torino, dove sono state chiuse altrettante filiali di Intesa San Paolo tra dicembre e gennaio. La buona notizia è che almeno sono rimasti gli sportelli automatici, ma resta la fine delle operazioni gestite dagli operatori. A Torino invece la sede della banca Bper, all’incrocio tra corso Dante e via Nizza, è stata trasformata in una mega negozio di animali. Ma non c’è da sorprendersi. La ritirata delle banche dai territori accelera, mentre aumenta il numero di comuni e quindi di cittadini e imprese che vivono dove non ci sono filiali.

A scattare una fotografia precisa è l’ultimo Osservatorio della Fondazione Fiba della First Cisl, dove emerge una situazione piuttosto critica per la nostra regione. In Piemonte infatti il 64,4% dei comuni è rimasto senza sportelli, il terzo dato peggiore italiano. Solo Molise (83,1%) e Valle d’Aosta (73%) sono indietro. E difatti nella top 10 delle province più desertificate ecco Alessandria (quinta) e Verbano-Cusio-Ossola (decima). In tutta la regione sono ben 632 mila le persone che risiedono in comuni dove non si registra la presenza di alcuna banca. E oltre la metà è stata privata dell’accesso agli sportelli dal 2015 ad oggi. Non solo. Altre 488 mila piemontesi vivono in comuni appesi a un filo, ovvero con un solo sportello bancario. Presenze fisiche sostituite da canali virtuali, ma solo per chi ha dimestichezza con gli strumenti digitali.




















































Il trend raggiunge cifre preoccupanti soprattutto in Piemonte, ma il calo si registra in tutta Italia. Le banche nell’ultimo anno hanno chiuso 609 sportelli, a dispetto di 101 aperture, con un saldo negativo di 508 unità. Il trimestre in cui sono stati chiusi più sportelli è proprio l’ultimo del 2024, con 432 chiusure. Ma non sono solo le persone a subire le conseguenze di questo abbandono. Anche per molte piccole imprese la chiusura delle filiali rappresenta un problema rilevante, che si riassume in due parole: meno credito. Se 36 mila aziende hanno sede in comuni con un solo sportello bancario, altre 44 mila non vedono la presenza di alcuna banca.
 
«In Piemonte stiamo perdendo la capillarità del servizio — commenta Sandro Testa, responsabile della federazione regionale della First — creando un disagio enorme alla popolazione meno giovane. Parliamo di interi comuni senza banche e, a volte, anche sprovvisti di poste. Si spinge all’uso del virtuale, dimenticando che l’Italia è un Paese vecchio e poco avvezzo alla tecnologia. Un tempo chi aveva bisogno di qualcosa aveva tre figure di riferimento: il prete, il farmacista e il dipendente bancario. Ma dell’ultimo ormai non c’è più traccia. E così viene a mancare quell’insieme di servizi di consulenza fondamentali, anche solo per difendersi dalle truffe o per investimenti». 

E all’orizzonte il futuro, in un contesto in cui si parla di fusioni, non è certo roseo. «L’impressione è che la situazione sia destinata ad aggravarsi —aggiunge Testa — e preoccupano soprattutto i comuni con un solo sportello. Le banche forse dimenticano che traggono i loro enormi utili dalla popolazione, e che dovrebbero restituire qualcosa. Uno sportello in un comune montano può anche non rendere, ma deve essere comunque garantita un minimo di presenza. Le banche hanno una responsabilità sociale, abbiano un minimo di etica».

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