Se hai avuto una carriera discontinua e la pensione, col nuovo requisito dei 41 anni, si è allontanata troppo, scopri subito la tua via d’uscita. Esiste!
Nel 2025 è previsto un grande cambiamento, per quanto riguarda l’accesso alla pensione. Si tratta di un nuovo requisito che obbligherebbe tutti i lavoratori ad avere almeno 41 anni di contributi versati, dettaglio non da poco poiché si tratta di un periodo di tempo piuttosto lungo. Ad allarmarsi in merito sono soprattutto i professionisti che hanno carriere discontinue, specialmente nel settore scolastico, dove per natura si è sottoposti a periodi con più lavoro e periodi di calma piatta.
Gli insegnanti e il personale ATA, infatti, non è detto (anzi è molto raro) che riescano ad avere una carriera continuativa: specialmente agli inizi, sono sottoposti a lunghi periodi di fermo, dovuti alle graduatorie e all’attesa di un posto disponibile dove iniziare a lavorare, magari solo per qualche settimana, per poi rimanere a casa in attesa di un altro. Si tratta della cosiddetta carriera discontinua, che ha numerosi punti critici su chi la vive tra cui la difficoltà del raggiungimento dei requisiti minimi, come quello pensionistico ed anche un aumentato rischio di burnout: ecco, quindi, cosa si può fare per tutelarsi e, soprattutto, per intravedere la pensione almeno da lontano.
Pensione con 41 anni di contributi: la soluzione per le carriere discontinue c’è
Le carriere discontinue, come abbiamo anticipato, ostacolano il raggiungimento dei requisiti minimi per andare in pensione ma, soprattutto, favoriscono l’accumulo di stress. A parlarne è anche il Presidente dell’ANIEF Marcello Pacifico, che ha sottolineato come le attuali misure non affrontano le reali necessità dei lavoratori che operano in questi contesti: suggerisce, quindi, che l’ideale sarebbe favorire il riscatto gratuito dei periodi di studio universitario e che, per sostenere chi opera in quest’ambito, si potrebbe equiparare docenti e personale ATA alle forze armate, in termini di diritti professionali.
Una prima soluzione per favorire la diminuzione dello stress di insegnanti e di personale ATA è quindi quella del riscatto dei periodi di studio universitario, che consentirebbe loro di andare in pensione intorno ai 62 anni e quindi senza penalizzazioni sull’assegno. Inoltre, sarebbe opportuno che la Commissione Lavori Gravosi consideri le specifiche situazioni dei singoli comparti lavorativi, quello scolastico incluso e valuti la necessità di inserirlo all’interno di queste mansioni. Gli addetti ai lavori, poi, sostengono che se esistessero dei percorsi flessibili per l’accesso di insegnanti e personale ATA al pensionamento anticipato, che tengano quindi conto del tipo di lavoro e dello stress che causa, ci sarebbe più equità con il resto dei lavoratori e, soprattutto, si vivrebbe la propria mansione in modo più sereno.
Per i docenti e il personale ATA, comunque, ad oggi esistono diverse opportunità di lavoro e di carriera che, soprattutto nell’ottica pensionistica, devono essere considerate. La prima è l’opportunità di supplenza fino al 30 giugno o fino al 31 agosto, introdotta dal CCNL 2019-2021, che permette ai docenti di mantenere la titolarità della cattedra senza assegni per massimo 3 anni scolastici. Per il personale ATA, invece, è prevista l’apertura di nuove posizioni con retribuzioni tra i 700 e i 2mila euro: per accedervi, si devono avere almeno 5 anni di anzianità nel settore 2.
Docenti e personale ATA possono poi assumere incarichi a tempo indeterminato in altri ordini di scuola o in altri profili, così da differenziare le proprie esperienze professionali ed integrare quei periodi di calma che sono inevitabili, quando si vive una carriera discontinua. Da non sottovalutare anche l’aspettativa non retribuita, utile per intraprendere altre esperienze lavorative o per superare un periodo di prova! Infine i corsi di formazione che, soprattutto per il personale ATA, consentono e facilitano l’accesso a nuove occasioni professionali.
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