Il dialogo come pietra angolare

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di Paolo Affatato

L’arte come linguaggio privilegiato del dialogo tra persone di fedi diverse e come canale che sa mettere a contatto l’anima con Dio: è questa la costante che ha attraversato le celebrazioni della Settimana mondiale dell’armonia interreligiosa in varie nazioni dell’Asia, continente ricco di diversità spirituale dove la maggior parte dei paesi sono caratterizzati dal pluralismo religioso. I cristiani residenti negli stati asiatici sono spesso esigue minoranze in terre dove prevalgono l’islam, il buddismo, l’induismo, il confucianesimo.

In un mondo dove si riconosce che il fattore religioso risulta sempre più determinante per costruire una cultura di pace — e in cui il magistero dei pontefici ha sempre sconfessato la guerra di religione — nel 2010 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che proclamava la prima settimana di febbraio di ogni anno come “Settimana mondiale dell’armonia interreligiosa” incoraggiando la diffusione di un messaggio di armonia e buone relazioni tra popoli e comunità. La proposta giunse da re Abdullah ii di Giordania e venne adottata all’unanimità, con una celebrazione di carattere universale. Alle radici di quella proposta vi era il lavoro pionieristico dell’iniziativa The Common Word, lanciata nel 2007, che chiedeva ai leader musulmani e cristiani di impegnarsi in un dialogo basato su due comandamenti comuni: l’amore verso Dio e l’amore per il prossimo. Tali valori, si disse, sono accolti dalle religioni monoteiste e non solo; pertanto creano un terreno comune in cui è possibile piantare semi di dialogo, di comprensione, di ascolto, di empatia reciproca e di cooperazione.

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In una nazione culturalmente e religiosamente varia come l’India, «il dialogo interreligioso è la pietra angolare per costruire una società armoniosa», affermano i protagonisti dell’evento Arte per l’armonia, tenutosi a Delhi il 7 febbraio, che ha voluto condividere espressioni creative per mettere in pratica e celebrare lo spirito interreligioso dell’India. L’incontro ha riunito leader religiosi, giovani, studiosi, attivisti, uniti nel promuovere il dialogo, nel condividere esperienze vissute e coltivare competenze per la costruzione della pace. L’iniziativa ha sottolineato i valori che uniscono le diverse tradizioni religiose presenti nel paese, sottolineando il ruolo fondamentale dei giovani nel plasmare un futuro armonioso in India. Uno dei principi attorno a cui i partecipanti si sono ritrovati è “unità nella diversità” (usato anche in altre nazioni asiatiche come l’Indonesia) per cui ogni persona e ogni comunità può contribuire attivamente a generare l’armonia interreligiosa. «È essenziale, guardando al futuro, coinvolgere i giovani in attività interreligiose e nella costruzione della pace», hanno ribadito i presenti, guidati da Markandey Rai, presidente della Global Peace Foundation in India.

Poco più a sud, nella vicina Sri Lanka, si festeggiava il 4 febbraio, nel corso della Settimana, il giorno dell’indipendenza: è stata quella data l’occasione per organizzare nella capitale Colombo un summit con leader religiosi, cittadini, giovani e bambini. Nell’ente organizzatore, la Sri Lanka United Nations Friendship Organization, è coinvolto il salesiano padre Dixon Fernando, che è tra gli animatori di un’associazione che unisce persone delle diverse tradizioni religiose in un movimento che lavora per il benessere, l’armonia e la pace dell’umanità, secondo i principi dell’Onu.

In Thailandia, terra a maggioranza buddista, un evento dal titolo Costruire armonia e pace è stato animato e promosso a Bangkok dal movimento Religions for Peace, che ha coinvolto monaci buddisti, sacerdoti cattolici, esponenti di altre confessioni cristiane per sottolineare il ruolo essenziale delle comunità religiose nella società civile. L’obiettivo di sviluppare e coltivare relazioni di benevolenza e armonia nella società va conseguito, si è detto, soprattutto attraverso la musica, l’arte, la cultura.

Una nazione del sud-est asiatico in cui vi sono cristiani e musulmani è l’arcipelago delle Filippine, dove la Settimana mondiale ha coinvolto comunità cattoliche, scuole, università, centri culturali soprattutto sull’isola di Mindanao, nella Regione autonoma di Bangsamoro in Mindanao musulmana, che ospita sei milioni di musulmani filippini. Tra i protagonisti di manifestazioni pubbliche e incontri di preghiera, il movimento islamo-cristiano Silsilah, fondato oltre quarant’anni fa dal missionario italiano del Pontificio istituto missioni estere Sebastiano D’Ambra. La Settimana, come ha riferito l’agenzia Fides, ha coinvolto le istituzioni civili, secondo un’intuizione dell’ex presidente delle Filippine, Benigno “Noynoy” Simeon Cojuangco Aquino iii, che nel 2013 aveva chiesto agli organismi governativi di farsi promotori del dialogo interreligioso.

Da sottolineare inoltre, all’inizio della Settimana mondiale dell’armonia interreligiosa, l’appello del primo ministro pakistano Shehbaz Sharif al dialogo, alla comprensione, al rispetto reciproco e alla cooperazione tra le comunità religiose, «tempestivo promemoria» di quanto resta ancora da fare per promuovere la tolleranza comunitaria nel paese. «La rivoluzionaria politica di armonia interreligiosa e la strategia di tolleranza religiosa sono in atto, prendendo di mira l’incitamento all’odio nel suo centro, salvaguardando ogni tempio, chiesa e santuario», ha affermato, pur ammettendo che le sfide permangono e sono difficili da vincere.



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