I riformisti dovrebbero occuparsi di impresa e politica industriale

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di Erminio Quartiani

Intervento all’Assemblea nazionale di Libertà Eguale – Orvieto, 18-19 gennaio 2025

 

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Sono 25 anni di Libertà Eguale, senza trattino, almeno per chi considera che la democrazia è libertà, prima ancora che governo della civitas. E la libertà è strettamente connessa con la liberazione dalle diseguaglianze sociali, territoriali ed economiche.

Ieri Paolo Gentiloni ci ha esortati ad occuparci di salari e stipendi, sottolineando che i riformisti devono occuparsi anche dei penultimi, non solo degli ultimi.

D’accordo, se questo non significa solo redistribuzione del reddito, ma anche spinta all’innovazione e all’innalzamento del tasso di produttività, senza il quale ogni tentativo di elevare il valore del lavoro nel mercato non può che fallire. Di conseguenza, fallirebbe ogni sforzo riformista sul tema.

Come riformisti, dobbiamo dare risposte anche alle diseguaglianze territoriali, che, ad esempio, al Nord passano per l’elevato grado di tassazione dei ceti medi produttivi, operai e impiegati compresi(vedi fiscal drag).

Dobbiamo riprendere in mano la questione settentrionale e la questione delle aree interne e montane periferiche, perché insieme alla frattura Nord/ Sud non è da meno quella tra Monte e Piano, sia nelle Alpi come in Appennino, occupandoci delle questioni concrete che concernono la valorizzazione dei territori e delle loro risorse, che si fa anche con la riduzione della pressione fiscale dei ceti produttivi e colpendo la rendita; che si fa anche intervenendo con politiche di sostegno in tutte le situazioni di fallimento del mercato( penso all’automotive o ai servizi fondamentali  dei quali le aree interne sono prive. Che si fa anche accedendo a politiche di sviluppo sostenibile, a partire dalla valorizzazione dei servizi ecosistemici che i territori offrono, nella salvaguardia della biodiversità.

Non c’è riformismo vincente senza occuparci di progettare il futuro dei territori e senza una visione sull’uso delle risorse naturali e la salvaguardia di quelle ambientali, dentro la pianificazione che fa riferimento a Agenda 2030.

Penso che i riformisti qualche no dovrebbero dirlo: ad esempio alla progettazione sconsiderata di pale eoliche sui crinali alpini e appenninici, quando è risaputo che rendono molto di più off shore, dove l’effetto sull’ambiente è meno impattante. Altri si vanno invece pronunciati, come quello sul nucleare, ma in una dimensione europea, dato che ne va della sicurezza energetica della Ue, e della sicurezza in senso più lato. L’energia è per i riformisti un tema da trattare solo su scala europea.

I riformisti dovrebbero occuparsi molto di più di impresa e di politica industriale, aprendo un confronto serrato con i sindacati e le associazioni imprenditoriali.

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Dovremmo occuparsi assai meglio e con più forza, anche per le ragioni che ho esposto, di riformare la legislazione dell’ordinamento delle istituzioni locali legate ai territori, tra le quali assolutamente urgente è la revisione dell’ordinamento delle città metropolitane, anche per superare l’eccesso di burocrazia e dare prospettiva certa all’autonomia  dei territori e alla rappresentanza territoriale.

Tutto va collegato a una ripresa di interesse e progettazione relativi alla riforma istituzionale che, sul piano della rappresentanza proponga una nuova legge elettorale, e sul piano del potere della rappresentanza popolare si ritrovi nella proposta di una unica Camera accompagnata da una camera di rappresentanza dei territori.

Credo infine che possiamo unire le forze sparse dei diversi riformismi e i riformisti di matrice, laica, socialista e cristiana. Possiamo ridare voce ai riformisti mettendo in rete quelle associazioni che operano oggi separate tra loro, per farle attrici di un dibattito e un confronto diffuso e partecipato sui principali nodi di un programma di governo alternativo. Unire e coordinare i riformisti in una rete comune rappresenterebbe una potente leva di pressione verso i partiti, perché connotino una opposizione meno rassegnata e più propositiva.

A Milano, con Libertà Eguale e altri soggetti riformisti che operano nella società milanese e lombarda, attraverso incontri riformisti, e con altre modalità che sono allo studio, agisce una rete di 14 associazioni di cultura politica, più o meno storiche, che hanno nel proprio Dna una cultura riformista e che possono animare la ricerca comune di obiettivi condivisi da proporre all’attenzione dell’opinione pubblica, degli stessi partiti politici e delle amministrazioni locali e regionale.

Si po’ fare certo anche a livello nazionale, pensando non solo a federare dall’alto, ma a unire i riformisti anche dal basso, nella società.

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