NewTuscia – VITERBO – Riceviamo e pubblichiamo. La dottoressa Antonella Litta dirigente nazionale dell’ Associazione medici per l’ambiente- ISDE ha preso parte al convegno “ L’Italia ripudia la guerra?” svoltosi a Genova il primo febbraio 2025
La dottoressa Antonella Litta, dirigente nazionale dell’ Associazione medici per l’ambiente- ISDE ha preso parte al convegno “ L’Italia ripudia la guerra?” svoltosi a Genova il primo febbraio 2025 presso il centro “Music for people”, un’organizzazione umanitaria che opera sia a livello territoriale che internazionale nell’ambito di progetti dedicati alle vittime delle guerre, ai più poveri e agli emarginati, ai più fragili (www.musicforpeace.it)
Di seguito una sintesi della relazione “ Inquinamento ambientale da attività belliche. Guerra ai bambini, guerra al pianeta, guerra al futuro” con la possibilità di accedere anche alle slide tramite il link https://www.isdenews.it/guerra-e-ambiente-un-conflitto-senza-confini/
L’inquinamento della guerra: un aspetto volutamente trascurato e sottovalutato
Le guerre non distruggono solo vite umane e infrastrutture, ma anche il pianeta. Gli effetti delle attività belliche sull’ambiente sono devastanti, contribuendo all’inquinamento atmosferico, alla distruzione degli ecosistemi, alla contaminazione delle risorse idriche e al rilascio di sostanze tossiche con impatti a lungo termine sulla salute pubblica.
Se l’orrore dei conflitti è immediatamente visibile nelle città devastate e nelle vittime civili, i danni ambientali rischiano di essere una tragedia silenziosa e sottovalutata. Gli incendi boschivi causati dai bombardamenti, la distruzione delle infrastrutture idriche e fognarie, il rilascio di metalli pesanti e sostanze radioattive hanno effetti duraturi che minacciano la salute umana e la biodiversità.
Secondo i dati ufficiali, in Ucraina il 20% delle aree naturali protette è stato danneggiato dalla guerra, con tre milioni di ettari di foresta compromessi. Gaza, dopo i recenti bombardamenti, conta oltre 39 milioni di tonnellate di detriti contaminati, mentre le operazioni militari in Afghanistan hanno lasciato una contaminazione tale che potrebbe non essere mai completamente bonificata.
L’uso di armi tossiche e il loro impatto sulla salute
Le armi utilizzate nei conflitti moderni non sono solo strumenti di morte immediata, ma anche fonti di inquinamento ambientale a lungo termine. L’uso di uranio impoverito, fosforo bianco, bombe a grappolo e altri ordigni genera una contaminazione diffusa del suolo, dell’aria e dell’acqua, con ripercussioni sanitarie devastanti per le popolazioni locali. Studi recenti dimostrano che l’esposizione a queste sostanze aumenta il rischio di malattie oncologiche, danni neurologici e alterazioni genetiche.
Ad esempio, il bombardamento della città di Bari nel 1943, in cui una nave carica di iprite venne colpita, provocò un disastro chimico di proporzioni enormi. Oggi, episodi simili si ripetono in teatri di guerra anche a noi vicini come l’Ucraina e il Medio Oriente, con il rischio che gli effetti tossici si protraggano per generazioni.
Il costo ambientale dell’industria bellica
Il settore militare è uno dei principali responsabili delle emissioni globali di gas serra, con un’impronta ecologica spesso trascurata nei rapporti ufficiali. Le forze armate mondiali generano tra l’1% e il 5% delle emissioni globali, con gli Stati Uniti in testa: se fosse una nazione, il loro esercito avrebbe le emissioni pro capite più alte del mondo. Il solo trasporto aereo militare statunitense produce annualmente emissioni equivalenti a quelle di sei milioni di automobili. Nonostante ciò, il Protocollo di Kyoto e gli accordi internazionali sul clima non impongono vincoli alla riduzione delle emissioni militari, lasciando il comparto bellico immune da regolamentazioni ambientali efficaci
L’imperativo morale: fermare la guerra per salvare il pianeta
La devastazione ambientale causata dalle guerre dimostra che la pace non è solo un obiettivo politico e umanitario, ma anche una necessità ecologica. Senza un’inversione di rotta, il futuro delle prossime generazioni sarà segnato non solo dalla minaccia delle guerre, ma anche dall’eredità tossica che queste lasciano sul pianeta.
La comunità scientifica e le organizzazioni internazionali chiedono azioni concrete: la riduzione delle spese militari, il divieto dell’uso di armi tossiche, la protezione degli ecosistemi nei teatri di guerra e la trasparenza sulle emissioni belliche. Serve un impegno politico globale per interrompere questa spirale distruttiva e costruire un mondo in cui la pace sia la vera arma di difesa per l’umanità e per l’ambiente.
La dottoressa Litta ha concluso la relazione facendo presente che ISDE – Medici per l’Ambiente insieme ad altre istituzioni ed enti internazionali continuerà a monitorare e denunciare gli impatti ambientali delle guerre e delle attività belliche, promuovendo sempre più la consapevolezza su questo tema volutamente trascurato.
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