Meloni e il caso Almasri: ho fatto solo il mio dovere, io difendo l’interesse nazionale

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di
Marco Galluzzo

Il distacco della premier rispetto alle polemiche: non ho nulla da nascondere

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«Quando il livello del dibattito politico arriva ai toni grevi e grossolani di queste ultime ore, per me significa solo che le opposizioni fanno il loro mestiere, come è normale che sia. E che hanno un canovaccio già scritto, prima ancora di ascoltare le relazioni dei ministri, e in questo modo tradiscono una difficoltà. Lo dice chi ha fatto per dieci anni opposizione, gli italiani giudicano da soli».

Giorgia Meloni ha avuto una giornata di lavoro densa di appuntamenti e si è tenuta volutamente distante dal dibattito che accende i toni della politica interna sul caso Almasri, il generale libico espulso dall’Italia dopo essere stato arrestato su mandato della Corte penale internazionale dell’Aja. Nei suoi appuntamenti della giornata c’è stato un approfondimento sul piano carceri, una riunione sul progetto pilota per riqualificare almeno 7 periferie più degradate delle città italiane, da Rossano al Quarticciolo, sino a Scampia, e c’è anche una rivendicata distanza da un dibattito che per quanto la riguarda, così dicono nel suo staff, la colpisce, ma sino a un certo punto: «Se qualcuno pensa che mi lascio intimorire da un innalzamento dei toni, vuol dire che non ha chiari i dati di realtà e le funzioni di governo».




















































Bussare a Palazzo Chigi, 24 ore dopo il grande attacco delle opposizioni sul caso del libico rimpatriato d’urgenza, perché soggetto pericoloso, significa riscontrare in primo luogo un distacco. Meloni non è andata in Parlamento, perché a suo giudizio non deve alcuna spiegazione, gli atti di governo che sono stati compiuti sono stati spiegati e in modo «ineccepibile».

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Meloni, rispetto al groviglio di informazioni, denunce, indiscrezioni, che si intrecciano in queste ore, compreso il fatto, smentito, che la Corte dell’Aja possa aprire un procedimento contro l’Italia, o che piuttosto sia il nostro governo a fare un esposto contro le procedure della Corte, notizia anticipata da Nordio, si tiene a debita distanza, con la sola rivendicazione di una consapevolezza: «Io ho fatto soltanto il mio dovere, in tutti i passaggi di questa vicenda, non ho nulla da nascondere. Come ho sempre fatto, difendo solo l’interesse nazionale».

Nonostante le ricostruzioni, le interpretazioni critiche sulle relazioni dei ministri Piantedosi e Nordio, a Palazzo Chigi rispondono con un registro che appare distante anni luce dai toni ascoltati in Parlamento: «I due ministri — dicono nello staff della premier — sono stati ineccepibili, inappuntabili, hanno spiegato perfettamente agli italiani i contorni della vicenda». Parole che in apparenza restituiscono un clima di tranquillità, come se una serie di attacchi fossero messi nel conto, in largo anticipo, e anche per questo ammortizzati.

Semmai le postille significative sono almeno due. Che un chiarimento formale, sui tanti punti oscuri del mandato di cattura emesso dalla Corte internazionale, sarà dal governo messo nero su bianco e inoltrato. E che se un’autocritica si può riscontrare, ma questo viene solo sussurrato da fonti di governo, è che i servizi potevano rimpatriare Almasri «con maggiore accortezza», e senza la pubblicità che gli è stata consentita. Ma qui sembra prevalere un registro di benevolenza: anche ai migliori funzionari degli apparati può accedere di gestire un rimpatrio, in grande fretta, con alcuni errori.

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7 febbraio 2025 ( modifica il 7 febbraio 2025 | 08:26)

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