Disabilità, riforma in stallo: difficoltà nelle domande di invalidità, denuncia la Cgil

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ROMA. Per il governo e per l’Inps è «una grande sfida», per la Cgil è un grande flop. La riforma della disabilità, avviata in forma sperimentale dall’inizio dell’anno in nove province italiane (Brescia, Catanzaro, Firenze, Forlì-Cesena, Frosinone, Perugia, Salerno, Sassari e Trieste), è partita malissimo. Il risultato è l’azzeramento pressoché totale delle domande di invalidità civile con tutto quello che ne consegue. «Il procedimento valutativo di base – spiegano dalla confederazione – è passato in toto in mano all’Inps e sin da subito sono emersi problemi per la mancanza di strutture adeguate alle visite di accertamento, carenza di medici di medicina legale per le commissioni mediche valutative». Inoltre, «molte persone non sono nelle condizioni di presentare una domanda tramite il certificato medico telematico». Il nuovo certificato medico introduttivo, che è esso stesso già domanda di accertamento, infatti «sta creando problemi sia ai medici di medicina generale che alle persone. In pochissimi infatti sono riusciti ad averlo, ma in sua assenza si perdono le indennità economiche e diritti come l’accompagnamento. È inammissibile che la procedura non funzioni e che non ci siano strade alternative per garantire diritti e prestazioni a persone così fragili» denuncia il sindacato.

In questi giorni fioccano proteste e prese di posizione. A Brescia dovrebbero elaborare circa 27 mila pratiche in un anno. «Non siamo contro la riforma, che è comprensibile nelle su finalità – spiega il presidente dell’Ordine dei medici della provincia di Brescia, Germano Bettoncelli –. Ma appare ben chiara la mole di lavoro, a carico soprattutto di medici e pediatri già oberati in questa fase dal picco influenzale. In più mancano le commissioni che dovrebbero stabilire l’idoneità dei requisiti».

A Firenze, invece, la Cgil segnala che l’accesso mensile ai patronati, di fatto tagliati fuori dalla nuova procedura introdotta a inizio anno, è crollato a 1000 a 40 nel giro di un anno. Tra le criticità principali che vengono segnalate ci sono il carico burocratico per i medici certificatori (con tempi di realizzazione dei certificati saliti da 30 fino a 60 e anche 90 minuti) con innalzamento dei costi (lasciati alla libertà del singolo) e meno accessibilità territoriale, con solo 3 centri Inps in tutta la provincia per le valutazioni di base che prima invece erano affidate alle Asl.

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A Frosinone, confrontando il numero di domande presentate nel 2025 con quelle registrate alla stessa data nel 2024, si registra un crollo del 90%. «Un dato allarmante che dimostra come la riforma stia, di fatto, impedendo alle persone con disabilità di accedere ai loro diritti» denuncia il segretario della Cgil di Latina e Frosinone, Giuseppe Massafra. «Altro che riforma della disabilità, qui si stanno cancellando i diritti dei più deboli!» prosegue Massafra, secondo cui «a seguito della riforma, migliaia di persone non sono riuscite ad ottenere il certificato medico necessario per presentare la domanda di invalidità civile. Questo significa la perdita di diritti fondamentali come l’indennità di accompagnamento, la pensione di invalidità civile, il riconoscimento dei benefici previsti dalla legge 104 o il collocamento obbligatorio per le persone con disabilità». Stessi numeri e identiche proteste anche a Sassari. «Ogni pratica richiede tre ore e noi ne lavoriamo già 10: o curiamo i pazienti o si fa i burocrati, le due opzioni non sono compatibili» protestano anche qui i medici.

Secondo il sindacato «i certificati ad oggi inoltrati sono stati pochissimi, molte domande sono state bloccate, e l’assenza di risposte ha provocato il conseguente disorientamento e disagio per le persone e per le famiglie che hanno bisogno di ottenere il riconoscimento della condizione di invalidità e disabilità e di accedere al sistema di tutele economiche e prestazionali. La cosiddetta semplificazione amministrativa tanto annunciata è servita solamente ad allungare i tempi e a risparmiare sulla pelle dei più fragili». Che tra le altre cose non possono ottenere prestazioni sanitarie, come protesi, ausili e assistenza sanitaria, l’attestazione che consente ai loro familiari di assisterli ottenendo permessi di lavoro, le agevolazioni fiscali per l’acquisto di veicoli e ausili, la partecipazione ai centri diurni, servizi di trasporto agevolato, detrazioni fiscali per spese mediche, diritto al collocamento mirato, contributi per l’adattamento dell’abitazione, facilitazioni per l’acquisto o l’affitto di alloggi.

Sulla carta la riforma della disabilità avrebbe dovuto semplificare passaggi e procedure. «Si tratta di un cambiamento di grande portata che incide sia sulle modalità di accertamento sia sulla gestione amministrativa dei procedimenti» ha spiegato lunedì il direttore generale dell’Inps Valeria Vittimberga nel corso di un convegno a Milano. «La visita della persona con disabilità viene ora effettuata da un unico soggetto pubblico, l’Inps – ha poi aggiunto -. Questo significa che la procedura può attivarsi direttamente con la trasmissione telematica del certificato medico introduttivo – riducendo tempi e oneri burocratici per i cittadini. Inoltre, è stato previsto un solo verbale per tutte le tipologie di disabilità accertate, dalla legge 104/92 all’invalidità civile, fino alla legge 68/99. Si tratta di una svolta determinante per chi deve già affrontare sfide di natura personale e familiare e non può sobbarcarsi un iter frammentario e ripetitivo». Già, ma se la procedura si blocca già al primo step come segnala la Cgil?

«Si parte male, mancano ancora alcuni fondamentali decreti attuativi della riforma stessa. Invece di fare annunci roboanti, sarebbe stato utile prestare la dovuta attenzione nel completare l’iter della riforma approvata a maggio 2024, occuparsi della gestione e dell’organizzazione per rendere efficace la sperimentazione dal 1° gennaio» dichiarano dalla Cgil. «Riteniamo necessario che il governo emani e finanzi i decreti ancora mancanti e l’Inps risolva immediatamente i problemi tecnici del proprio applicativo, che i medici di medicina generale siano messi in condizione di svolgere il proprio lavoro, e che i costi e le problematicità non ricadano più sulle persone. Avevamo già segnalato mancanze e rischi per l’attuazione della riforma, ma sono rimasti inascoltati perché Ministero e Istituto continuano pervicacemente ad evitare ascolto e confronto», conclude la confederazione di corso d’Italia.



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