Breve storia della Striscia di Gaza

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Il contestato e problematico piano del presidente statunitense Donald Trump per la Striscia di Gaza aggiunge ulteriori incertezze al futuro di un territorio che negli ultimi 15 mesi è stato in gran parte distrutto dagli attacchi e dai bombardamenti israeliani. Nel corso dei secoli questa piccola porzione di terra, di circa 360 chilometri quadrati, è stata contesa e governata da stati ed entità molto diverse. Dal 2012 le Nazione Unite la considerano parte dello Stato di Palestina, riconosciuto da circa tre quarti dei paesi membri dell’ONU, ma non da Israele, Stati Uniti, Canada e Regno Unito, né da buona parte dei paesi dell’Unione Europea.

La Striscia di Gaza è abitata in maggioranza da persone di religione musulmana. Per quattro secoli, dal 1517 al 1918, fu parte dell’Impero ottomano. Dopo la sconfitta turca nella Prima guerra mondiale, e fino al 1948, fu governata da una specie di protettorato dell’Impero britannico, insieme a tutta la regione che comprende anche le attuali Israele e Cisgiordania. Nell’epoca del protettorato aumentò sensibilmente l’immigrazione ebraica, che però coinvolse in modo limitato la Striscia.

Dopo la Seconda guerra mondiale l’ONU divise il protettorato in due parti, dove sarebbero dovuti nascere lo stato israeliano e quello palestinese: il piano prevedeva che il 56 per cento del territorio fosse concesso agli ebrei e il resto ai palestinesi. La città di Gerusalemme sarebbe stata governata direttamente dall’ONU e sarebbe rimasta territorio neutrale. La Striscia di Gaza faceva parte del territorio palestinese, insieme a una porzione di terra lungo il confine con l’Egitto.

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Il progetto ONU di divisione del protettorato (U.S. Central Intelligence Agency, via Wikimedia Commons)

La leadership ebraica accettò la proposta dell’ONU e proseguì a fondare lo stato di Israele. La leadership palestinese invece rigettò la proposta. Nell’attesa della creazione dello stato palestinese la gestione di quel territorio fu affidata all’Egitto, che nel 1948 con l’Iraq e la Giordania attaccò il neonato stato israeliano. Israele vinse la guerra e aumentò la porzione di territorio che controllava, arrivando al 72 per cento dell’ex protettorato: oltre 700mila palestinesi furono costretti a lasciare le proprie case, in quella che nel mondo arabo viene ricordata come la nakba, ossia la “catastrofe”. Molti trovarono rifugio nei campi profughi della Striscia di Gaza, dove la densità di popolazione aumentò parecchio (prima dell’inizio della guerra ancora in corso era fra le più alte al mondo).

Sotto il controllo militare egiziano i palestinesi erano in una situazione complessa: l’Egitto non li riconosceva come cittadini, Israele non permetteva loro di tornare nei territori conquistati. Dal 1949 a oggi sono stati in larga parte dipendenti dall’assistenza e dal sostegno dell’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi.

L’esercito israeliano entra nella città di Gaza nel 1967 (AP Photo)

Nel 1967, dopo aver vinto la Guerra dei sei giorni contro Egitto, Siria e Giordania, Israele occupò militarmente la Striscia di Gaza e iniziò a costruire lì basi militari e colonie. Nel 1978 firmò un trattato di pace con l’Egitto.

Dopo vent’anni di occupazione, nel 1987 la popolazione palestinese si sollevò in massa contro l’occupazione israeliana, prima a Gaza e poi in Cisgiordania. Questa sollevazione, detta Intifada, portò a proteste di massa, scioperi, boicottaggi, ma anche ad azioni violente che furono represse dall’esercito israeliano. In quegli anni fu fondato e si radicò il gruppo palestinese Hamas.

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Dopo gli accordi di Oslo del 1993, con cui per la prima volta Israele e Palestina si riconobbero come legittimi interlocutori, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) ottenne una parziale autorità di governo su alcune parti della Striscia di Gaza. Fino al 2005 però Israele continuò a occupare militarmente la Striscia, con modalità simili a quelle usate oggi in Cisgiordania.

Tra il 2000 e il 2005 ci fu la seconda Intifada, molto più violenta della prima. Alcuni gruppi di estremisti palestinesi organizzarono attentati suicidi in varie città israeliane, a cui l’esercito israeliano rispose con una durissima repressione. Esistono diverse stime sul numero di vittime, ma si pensa che furono uccisi oltre 3mila palestinesi e circa mille israeliani.

Bambini con ritratti di Yasser Arafat, leader dell’OLP, nel 2008 (AP Photo/Muhammed Muheisen)

Nel 2005 l’allora primo ministro israeliano Ariel Sharon decise che Israele doveva abbandonare la Striscia. Sharon era un ex militare e politico di destra noto per essere molto duro con i palestinesi. Ritenne però, tra molte polemiche, che rimanere nella Striscia non fosse più nell’interesse di Israele e dispose la rimozione degli insediamenti. Fu un passaggio molto criticato e con conseguenze politiche soprattutto all’interno di Israele: Benjamin Netanyahu, allora ministro delle Finanze, uscì dal governo, che cadde pochi mesi dopo.

– Leggi anche: Quando Israele si ritirò dalla Striscia di Gaza

Dopo il ritiro di Israele il governo della Striscia di Gaza fu lasciato all’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), sotto il controllo dei moderati di Fatah, un’organizzazione politica fondata alla fine degli anni Cinquanta con sede a Ramallah, in Cisgiordania. Fatah però fu progressivamente indebolita da Hamas, che nella Striscia aveva più consensi. Nel 2006 Hamas vinse le elezioni per il Consiglio legislativo palestinese (il parlamento della Palestina). Ismail Haniyeh, membro di Hamas, venne nominato primo ministro dell’ANP, ma Fatah – arrivato secondo alle elezioni – si oppose a quel governo. Tra Fatah e Hamas ci fu una serie di scontri che nel 2007 sfociarono in una guerra civile nella Striscia, alla fine della quale i membri di Fatah furono cacciati con la forza. Da allora la Cisgiordania è governata da Fatah e la Striscia di Gaza da Hamas.

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Sostenitori di Hamas festeggiano in Cisgiordania la vittoria elettorale del 2006 (AP Photo/Nasser Ishtayeh)

Hamas era ed è considerato un gruppo terroristico da Israele e da gran parte dei paesi occidentali: dal 2007 Israele rispose al suo controllo sulla Striscia con un embargo molto serrato. Lo giustificò con la necessità di evitare che fossero portati a Gaza materiali e sistemi necessari per montare e utilizzare i razzi che i gruppi armati lanciano verso il suo territorio. In realtà venivano bloccati anche materiali civili e beni di prima necessità. Di fatto Israele controllava i confini, le reti idriche, elettriche e di telecomunicazioni a Gaza, nonché i porti.

Il rigido embargo imposto da Israele ha spinto Hamas e altri gruppi radicali attivi nella Striscia a costruire tunnel sotterranei, che dalla Striscia di Gaza passano sottoterra per arrivare nei confinanti Egitto e Israele. I tunnel sono utilizzati dai gruppi armati per fare passare armi ed eludere i controlli israeliani, ma sono importanti anche per i civili perché consentono di fare arrivare beni di consumo e farmaci all’interno del loro territorio.

La spiaggia della città di Gaza nel 2022. (AP Photo/Fatima Shbair)

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Hamas e Israele si sono scontrati militarmente più volte, ma in modo più grave tra il 2008 e il 2009 e poi nel 2014: quell’anno l’esercito israeliano invase la Striscia, organizzando attacchi per ridurre la forza dei gruppi armati palestinesi e causando la morte di centinaia di civili. Hamas e altri gruppi armati, come il Jihad Islamico, nel corso di questi anni hanno lanciato costanti attacchi con razzi verso Israele.

Nella primavera del 2018 furono organizzate varie proteste nelle zone della Striscia di Gaza vicine al confine con Israele, a cui parteciparono migliaia di persone. Nel maggio del 2021 le tensioni sfociarono in una nuova guerra tra Israele e i gruppi radicali che operano nella Striscia, soprattutto Hamas: i bombardamenti durarono 11 giorni, prima del cessate il fuoco.

Intorno alle 7 di mattina di sabato 7 ottobre 2023 circa 2mila miliziani di Hamas entrarono in territorio israeliano superando da diversi punti le barriere di confine che delimitano la Striscia di Gaza. Quello che seguì fu un attacco senza precedenti nella storia di Israele: i miliziani uccisero circa 1.200 persone, in gran parte civili israeliani, e presero circa 250 ostaggi. Israele reagì attaccando e poi invadendo la Striscia, nella guerra in corso ancora oggi. Dallo scorso 19 gennaio è in vigore un cessate il fuoco che per ora sta reggendo.

Uno dei primi bombardamenti israeliani, il 7 ottobre 2023 (AP Photo/Adel Hana)

In oltre 15 mesi di guerra sono morti nella Striscia di Gaza più di 46mila palestinesi, secondo le cifre ufficiali del ministero della Salute di Gaza, che non comprendono oltre 15mila dispersi. I feriti sono più di 110mila; l’80 per cento dei circa 2 milioni di abitanti è stato soggetto a ordini di evacuazione forzata da parte dell’esercito israeliano. Si stima che circa l’80 per cento delle case, dei negozi e delle scuole sia distrutto o danneggiato, e bisognerà ricostruire anche il 70 per cento delle strade. Dallo scorso 27 gennaio decine di migliaia di palestinesi sono tornati nelle zone settentrionali della Striscia che avevano dovuto abbandonare.

La città di Gaza il 4 febbraio 2025 (AP Photo/Abdel Kareem Hana)

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– Leggi anche: La cronologia del conflitto israelo-palestinese



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