Salva-Milano, la bocciatura degli urbanisti

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Se prendi tutti gli urbanisti italiani, metti loro in mano il testo del Salva-Milano in discussione al Senato e chiedi loro un parere, cosa diranno? Che quella legge “presenta rilevanti controindicazioni ed avrà effetti dannosi”. Che “così si indeboliscono i poteri di controllo degli enti locali”. Che le previsioni della norma del 1942 che si intende rileggere in maniera autentica “vanno benissimo e anzi dovrebbero essere rafforzate”.

È esattamente quanto accaduto ieri in Commissione Ambiente del Senato, dove sono stati auditi Michele Talia e Angela Barbanente, rispettivamente presidente dell’Istituto nazionale di urbanistica (Inu) e presidente della Società italiana degli urbanistica (Siu).

Inu: “Il Salva Milano porterà normativa ed effetti dannosi”

Per Talia, per esempio, “se da un lato sono evidenti le urgenze e i problemi intercorsi posti alla base del disegno di legge, la strada adottata dai proponenti presenta rilevanti controindicazioni in vista del raggiungimento delle finalità che si intende conseguire, e che rischiano di innescare al tempo stesso un’ulteriore confusione ed incertezza normativa, nonché effetti dannosi e potenzialmente irreversibili nel governo pubblico della rigenerazione urbana nel nostro Paese”.

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Una norma incostituzionale

Per il presidente Inu, poi, “l’indirizzo che viene ora seguito espone probabilmente il nuovo provvedimento ad un attento controllo di costituzionalità, soprattutto laddove il ddl sembra voler effettuare un altro pericoloso passo in direzione dell’esproprio delle prerogative dell’urbanistica – che è soggetta a legislazione concorrente tra lo Stato e le Regioni – a vantaggio della regolamentazione dell’edilizia che il ddl riafferma come di competenza esclusiva dello Stato”. Tanto che l’Istituto chiede “emendamenti non marginali” e “ritiene che sia ormai necessario un radicale cambio di rotta”.

“La rigenerazione delle città non può essere ridotta a semplici operazioni edilizie”

Per Barbanente, invece, la “norma del 1942 (quella ritenuta “vecchia” dai fautori del Salva-Milano, ndr) è chiarissima, obsoleta sì, ma non per quanto riguarda i principi intaccati da questa interpretazione autentica, che anzi dovrebbero essere rafforzati”. Per la presidente Siu “la rigenerazione delle nostre città non può essere ridotta, come fa la norma in discussione, a semplici operazioni edilizie”.

Del resto, sottolinea Barbanente, “la Scia (l’autodichiarazione con la quale a Milano i box si sono magicamente “ristrutturati” in torri da 80 metri, ndr) sottrae ogni valutazione degli impatti degli interventi agli organi dei comuni ma, soprattutto, ai cittadini”.

Intanto Sala, Gelmini e Calenda spingono il Pd all’approvazione

Critiche – pesantissime – che però non debbono essere arrivate alle orecchie del sindaco Beppe Sala, che anche ieri è tornato (dai microfoni della trasmissione che conduce su Rtl) a pungolare il Pd affinché approvi il Salva-Milano. Affiancato da Mariastella Gelmini (“Mettiamo da parte le ideologie e sblocchiamo Milano”) e Carlo Calenda (“Il balletto del Pd sul ‘Salva Milano’ è francamente indecoroso”).

L’Odg del 2020 che bloccava l’Urbanistica fantasiosa, votato e poi dimenticato

Intanto una clamorosa smentita a Sala arriva dal consigliere comunale Enrico Fedrighini, che ha voluto rispondere a una delle obiezioni mosse dal sindaco alla sua maggioranza circa l’edilizia “fantasiosa”, ovvero l’affermazione fatta ripetutamente: “Io non ho visto una persona, in questi anni, alzare la mano e dire che c’è qualcosa che non va. Allora sono diventati tutti fenomeni adesso?”.

Fedrighini ha ricordato l’Ordine del giorno presentato dall’allora gruppo Milano Progressista e votato dal Consiglio comunale con ampia maggioranza il 25 maggio 2020, il quale mirava a evitare che in materia di urbanistica “l‘attivazione di istituti vocati all’accelerazione dei procedimenti possano produrre una diminuzione, nell’ambito del medesimo procedimento, del livello di tutela di altri e ugualmente importanti interessi”.

Tradotto il testo voleva impedire che eccessive semplificazioni procedurali in materia urbanistica sfuggissero al controllo pubblico, producendo trasformazioni e “densificazioni” non equilibrate sotto il profilo urbanistico.

Il come si sarebbe dovuto fare lo si legge nel testo, con una “valutazione complessiva circa la coerenza del progetto rispetto ai contenuti, strategie generali e obiettivi per il governo del territorio della città, deliberati dal Consiglio comunale”, attraverso procedure di evidenza pubblica da attivare “in fase preliminare all’avvio del procedimento”.

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A votare quell’Odg, tra gli altri, anche l’allora consigliere Emmanuel Conte, l’attuale Assessore comunale alle Risorse finanziarie, economiche e patrimoniali. Un Odg dimenticato e mai attuato. Tanto che a Milano è accaduto proprio ciò che Fedrighini voleva impedire, ovvero che palazzi a un piano si “trasformassero” grazie a una semplice scia in mega-torri senz’anima (e senza piani attuativi e senza il versamento di tutti gli oneri previsti).



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