L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA A VALLE DELLA DICHIARAZIONE DI INAMMISSIBILITA’ DEL REFERENDUM ABROGATIVO – laCostituzione.info

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di Sergio Bartole

Secondo taluni commentatori la prima fase dell’iter costituzionale della legge Calderoli sull’autonomia differenziata si è conclusa con un finale pareggio fra gli oppositori di quella legge e i suoi sostenitori.

Alla sentenza n. 192 di novembre 2024 della Corte costituzionale, che ha svuotato di contenuti sostanziali il disegno della differenziazione delle autonomie approvato dal Parlamento, ha fatto seguito in gennaio, sempre ad opera della Corte costituzionale, la dichiarazione della inammissibilità della richiesta di referendum abrogativo presentata dalle forze di opposizione. Nel primo caso il governo avrebbe visto ridotti i suoi propositi di venire incontro alle richieste delle Regioni che ambiscono ad un largo ampliamento dei loro poteri, ma nel secondo caso il programma di introdurre la differenziazione sarebbe stato salvato dal pericolo di un’abrogazione referendaria. Ne conseguirebbe che ai danni della sentenza di novembre la maggioranza potrebbe agevolmente porre rimedio – come dice uno dei consulenti del Presidente della Giunta della Regione Veneto Zaia – con semplici ritocchi e correzioni. Forse le cose non stanno proprio così.

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Anzitutto giova tener presente che la dichiarazione di inammissibilità del referendum abrogativo non colpisce la richiesta così come formulata e sottoscritta dagli oppositori. La pronuncia di gennaio concerne una iniziativa il cui oggetto risultava infine necessariamente dimidiato e ristretto in quanto la sentenza di dicembre ha privato la legge Calderoli dei suoi contenuti sostanziali più rilevanti ed ha quindi, per così dire, anticipato integralmente o parzialmente il risultato che i promotori delle due iniziative di referendum abrogativo (riguardanti l’una l’intera legge e l’altra i contenuti essenziali di questa) si proponevano. Quindi se si vuole parlare di un pareggio fra le due posizioni contrapposte, giova comunque ricordare che l’inammissibilità del referendum riguarda un’iniziativa che ha essenzialmente solo contenuti formali e procedurali essendosi la legge Calderoli ristretta – dopo la sentenza di dicembre – alla sola disciplina della conclusione delle intese per la differenziazione e alla loro approvazione, e tocca solo marginalmente l’atteggiarsi della possibile differenziazione. Inoltre su quel testo pesano le interpretazioni vincolanti che la Corte costituzionale ha adottato e impone – in più passaggi che riprendono il modello delle decisioni interpretative di rigetto – agli operatori chiamati a farne applicazione. Si pensi, ad esempio, al riconoscimento alle Camere del potere di emendare o respingere parti delle intese concluse fra Stato e Regioni interessate alla differenziazione; ovvero alla prescrizione che le intese riguardanti funzioni relative a materie per le quali manca la copertura della prescrizione dei livelli delle prestazioni pubbliche essenziali (i c.d. LEP) non possono interessare attribuzioni suscettibili di incidere sui diritti e gli interessi delle persone; e ancora ai richiami all’osservanza dell’art. 76 Cost. in vista della delimitazione del potere del Parlamento di delegare funzione legislativa al Governo proprio nella materia da ultimo menzionata.

Centrale nella motivazione della sentenza n. 192/2024 è l’affermazione che la differenziazione delle autonomie regionali non può interessare intere materie ma deve limitarsi a determinate e puntuali funzioni la cui individuazione va effettuata tenendo presenti le specificità sociali ed economiche della Regione con cui lo Stato negozia. Il fatto che non si può procedere per intere materie o plessi di materie implica che in pratica alla differenziazione si potrà arrivare solo disegnando rispetto alle materie interessate una convivenza fra Stato e Regioni: non dunque due rette parallele destinate a non incontrarsi mai, ma l’attivazione di rapporti di sussidiarietà, coordinamento e collaborazione. Il che dimostra che per la Corte l’avvio dell’attuazione del terzo comma dell’art. 116 Cost. non rappresenta l’intrapresa di una riforma della Costituzione ma un momento di integrazione degli assetti dell’ordinamento regionale destinato a manifestarsi nel rispetto della disciplina costituzionale di quell’ordinamento. In sostanza deve trattarsi non di un tentativo surrettizio di modificare la Costituzione per vie diverse da quelle indicate dall’art. 138 Cost. ma di un’iniziativa da condurre nel rispetto e nei limiti della Costituzione stessa.

Dalle indicazioni che il futuro legislatore dovrà trarre dalle conclusioni dei giudici di Palazzo della Consulta si ricava l’impressione che le future leggi di differenziazione finiranno per assomigliare alle norme di attuazione degli statuti delle Regioni speciali, dovendo ad un tempo individuare le nuove funzioni delle Regioni e i momenti di collegamento fra l’esercizio di queste e le corrispondenti attività degli organi dello Stato. Questo paragone non tocca, però, direttamente il residuo della legge Calderoli di cui andiamo ragionando, che è normativa sulle procedure e può al massimo recepire suggerimenti sui modi in cui Stato e Regioni debbono procedere per confezionare le intese da sottoporre all’approvazione delle Camere prevista dal citato terzo comma dell’art. 116 Cost.  Ne consegue che per un verso la riedizione della legge Calderoli potrebbe essere sottoposta anch’essa al giudizio della Corte costituzionale cui per altro verso dovranno sottostare – come detto nella sentenza n. 192 – anche le future leggi di differenziazione.

Ovviamente tutti questi ragionamenti avranno e conserveranno attualità nella misura in cui la maggioranza di governo intenda insistere nell’operazione di far precedere le singole intese con le Regioni dalla legge oggi sfuggita al vaglio di un referendum abrogativo, laddove ancora la sentenza n. 192 afferma che l’adozione di una siffatta legge non è necessaria potendo Stato e Regioni passare direttamente alla negoziazione e conclusione delle previste intese sulla sola base della rilevante normativa costituzionale. Ma forse per una volta la maggioranza ha fatto una scelta giusta utilizzando la legge Calderoli per dettare la disciplina dell’adozione e modificazione dei necessari atti di determinazione dei LEP, a proposito dei quali la Corte costituzionale è stata generosa di utili e significative indicazioni.

In conclusione va riconosciuto che spetta al legislatore riprendere dalla partenza il discorso sull’autonomia differenziata riformulando in termini nuovi la disciplina dello schema delle intese adottande, se non addirittura anche la parte procedurale della legge Calderoli oggi ancora in vigore.





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