Roncadin: più forti negli Usa per essere competitivi in quel mercato

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«Se vuoi partecipare e competere nel mercato americano, devi essere là, presente».

Dario Roncadin, amministratore delegato dell’omonimo gruppo con sede a Meduno (Pordenone) che produce e vende pizze surgelate in Europa e nel mondo, ha visto lontano, prima di molti altri imprenditori.

Da 11 anni Roncadin è attiva negli Usa, all’inizio con un ufficio commerciale che ha sviluppato una rete capillare in molti Stati americani. Da qualche mese con uno stabilimento nell’Illinois, che sta andando a gonfie vele, tanto che si parla di raddoppio.

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Dottor Roncadin, le vostre pizze fatte negli Stati Uniti nascono fortunate, non subiranno le tanto temute tariffe di Trump. È stata una mossa lungimirante investire laggiù…

«Vendere dall’Italia resta una grande opportunità per un’azienda italiana e rimane un focus. Ma per avere una sostenibilità economica più robusta e maggiori opportunità, è fondamentale produrre là. Si partecipa a quello che è il campionato americano. Tenga presente che l’americano medio, non quello che vive a New York o nelle metropoli, ma quello dei paesi, del Midwest e di tante altre località, nemmeno sa dove sia l’Italia, c’era necessità di avere una presenza fisica».

Ma i dazi ipotizzati dal presidente Usa non rischiano di scatenare una guerra commerciale sulle due sponde dell’Atlantico?

«Guardi, di dazi tutti ne parlano, in primis Trump. Ma io sono abbastanza fiducioso. Il nostro governo mai come oggi si sta muovendo dal punto di vista delle relazioni con gli Usa. Non so quindi se il governo federale americano applicherà tariffe impattanti sulle merci italiane. Si potrebbero trovare accordi bilaterali, magari non succederà nulla. La nostra azienda fa prodotti composti, difficile che venga attaccata questa nicchia di mercato. E poi il dollaro forte ci sta dando margini in più per sostenere un dazio. Che, ripeto, se ci sarà, non sarà elevato come quello introdotto per Canada o Messico. E comunque chi esporta è alle prese ogni giorno con ostacoli rilevanti».

«Basta andare a ritroso di pochi anni per capire che gli inconvenienti sono all’ordine del giorno. Nel 2021 il canale di Suez restò fermo per la nave incagliata che bloccò il traffico merci per mesi e causò danni miliardari. Poi abbiamo avuto il post Covid con l’intasamento di tutti i porti americani: c’erano centinaia di navi che aspettavano di essere scaricate, ma non c’era il personale sufficiente. Il nostro settore ha quindi fatto i conti con la problematica dell’afta bovina, che per un periodo ha messo a rischio l’export delle pizze. Infine la guerra in Ucraina che per noi, tra aumento di spese per l’energia e materie prime, ha rappresentato un danno pazzesco: 30 milioni di euro di costi aggiuntivi su un fatturato di 160 milioni».

E così avere una base produttiva negli Usa ha risolto un po’ di problemi.

«Siamo da 11 anni in America, all’inizio con un ufficio commerciale che è stato sviluppato da un nostro dipendente friulano che si è trasferito negli Stati Uniti con la famiglia. Abbiamo vissuto le amministrazioni Obama, Trump, Biden e di nuovo Trump. Durante il primo mandato di Trump furono ridotte del 7% le tasse governative. Questo ci ha consentito di risparmiare e nel contempo di fare investimenti importanti, fino a pensare di aprire uno stabilimento».

Le pizze Roncadin made in Usa in cosa sono differenti da quelle made in Italy?

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«Il mercato americano delle pizze surgelate per la grande distribuzione vale 5,5 miliardi di dollari l’anno. La competizione è forte, ci sono colossi come Nestlè, fino a molti produttori locali, quasi in ogni Stato. Siamo però gli unici che abbiamo i forni a legna e che prevediamo 24 ore di lievitazione per gli impasti. Poi le farciture, chiaramente, sono dettate dai gusti degli americani. Non puoi non proporre la “pizza pepperoni”, altrimenti sei fuori gioco».

Lo stabilimento vicino Chicago verrà presto raddoppiato: scommessa vinta?

«Abbiamo inaugurato a novembre la prima linea che a regime sarà capace di sfornare 25 milioni di pizze surgelate l’anno. Ora, grazie al finanziamento di 18 milioni, fatto da Bcc Iccrea e Simest, la società del gruppo Cassa depositi e prestiti per l’internazionalizzazione delle imprese, saremo pronti a costruire una seconda linea, per altri 25 milioni di pizze surgelate e l’assunzione di 50 dipendenti, probabilmente già entro la fine del 2025. Siamo molto concentrati per lo sviluppo negli Stati Uniti, mentre faremo qualcosa anche in Friuli Venezia Giulia, con una seconda fabbrica in regione». —



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