Inchiesta “Romeo”: gli indagati non sono mafiosi, ma le loro minacce e intimidazioni sì – Cronaca

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TRENTO. L’associazione a delinquere di cui sono accusati di far parte gli indagati dell’inchiesta Romeo – sull’intreccio tra imprenditoria e politica in Trentino Alto Adige – non è di stampo mafioso. Non lo è perché né ha acquisito una «fama criminale», né presenta uno «spessore criminale in grado di sopravvivere agli stessi associati»: tolti i singoli componenti, il gruppo cesserebbe di esistere.

Queste, in sintesi, le osservazioni del tribunale del riesame – presieduto da Laura Di Bernardi, con i giudici Marta Schiavo e Massimo Rigon – rispetto alle istanze promosse dai legali di sette dei nove indagati (esclusi la sindaca di Riva Cristina Santi, che ha obbligo di dimora, e René Benko, ora in carcere in Austria). Vengono confermate le misure cautelari dei domiciliari per tutti, tranne che per il consulente Lorenzo Barzon che ha ottenuto l’obbligo di dimora, mentre è caduta l’accusa di associazione mafiosa: è stata invece riconosciuta l’associazione a delinquere semplice finalizzata alla commissione di una serie di reati: i cosiddetti reati-fine, alcuni del quali commessi con l’aggravante del metodo mafioso.

Fravezzi, «personalità cinica». Vittorio Fravezzi, ex senatore ed ex sindaco di Dro, è indagato per aver partecipato all’associazione con il ruolo di promotore. Nell’ordinanza del riesame viene descritto come «determinato e spietato nel raggiungimento degli obiettivi prefissati, dando prova di una personalità cinica, spregiudicata e sempre pronta a superare gli eventuali ostacoli anche a costo di violare la legge o eliminare l’oppositore con l’uso di forme di intimidazione tipicamente mafiose».

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Pressioni e intimidazioni, come quelle esercitate nei confronti di Mauro Malfer e Nicola Cattoi, indotti a soddisfare le pretese del sodalizio pur di «non aver rogne», consapevoli di non voler fare la fine del sindaco Mosaner che – come ricorda Fravezzi ai suoi interlocutori – «va» ancora «in giro con gli incubi».

Di lui così diceva Hager: «Il Vit è efficace» in merito alla nomina (pilotata, come ricordano di giudici) del presidente della commissione edilizia del Comune di Arco. Queste le parole di Signoretti su Fravezzi: «Cioè sto qui è il suo mestiere (…) qui è il numero uno».

Signoretti e la volontà di potere. L’ingegnere trentino Paolo Signoretti è definito l’alter ego trentino di Hager: collaborando con il commercialista altoatesino sostiene le imprese di Benko nell’ambito non solo della provincia di Trento, ma anche a livello nazionale. Aveva un ruolo di vertice – riconoscono i giudici – sia pure in maniera subordinata sia rispetto ad Hager sia rispetto a Benko, e con un più limitato raggio geografico e di azione, riferito, in particolare, al Trentino meridionale.

Dal materiale probatorio è emersa la convergenza – fra gli appartenenti al gruppo – di interessi economici orientati all’ottenimento di profitti da iniziative speculative, specie in campo edilizio (acquisizioni aree con il progetto del Waltherpark, Gries Village, area ex Cattoi a Riva del Garda, Hotel Palace e ex hotel Arco, nonché ristrutturazioni, edificazioni ex novo, riqualificazioni).

Alla base di questo c’erano una struttura e un’organizzazione di mezzi e risorse per raggiungere gli obiettivi. I giudici evidenziano di Signoretti la «spasmodica volontà di potere e profitto» anche a costo di violare la legge, di strumentalizzarla per raggiungere il proprio fine o «di eliminare l’oppositore con l’uso di forme di intimidazione tipicamente mafiose».

Messaggi silenti, forza intimidatrice. Intercettato, Fravezzi riporta a Signoretti le parole che ha detto a Malfer: «loro (Hager e Signoretti) mi hanno detto di dirti che sono con te e sono sempre stati molto generosi e attenti. Vorrebbero mantenere i rapporti buoni, perché se no, non so come vaga a finire e alta tutto per aria, go dit, sappilo». Signoretti suggerisce ad un interlocutore di coinvolgere l’ex senatore affinché Cattoi (l’assessore urbanista di Arco, Nicola Cattoi) cambi atteggiamento: «Dighelo al Fravezzi che deve strupar la bocca al bocia».

Per i giudici in questa espressione emergerebbe una «forza intimidatrice derivante dal vincolo associativo»: viene ricordato al malcapitato che le richieste non arrivano da un singolo, ma da un gruppo criminoso.

E riguardo ai problemi dei cantieri a Folgaria l’ingegnere trentino dice: «la cosa importante è che capiscano chi sono».

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Per i giudici del riesame, in espressioni come queste e nei ripetuti atteggiamenti non può che riconoscersi l’aggravante del metodo mafioso ravvisabile «anche in presenza dell’utilizzo di un messaggio intimidatorio silente», cioè privo di esplicita richiesta.

Associazione sì, ma non mafiosa. L’associazione per delinquere, secondo il tribunale del riesame, allo stato non è inquadrabile come sodalizio di stampo mafioso: non è né una “locale” di una mafia storica, né è una mafia etnica, come può essere quella cinese o nigeriana. Tanto meno può essere definita una mafia “autoctona”. I giudici ricordano quanto la Cassazione ha osservato in merito al gruppo criminale noto come “Mafia Capitale”: per mafia autoctona si intende un gruppo con fama e prestigio criminale autonomi e distinti da quelli dei singoli partecipi, con una propria capacità di intimidazione che produca un assoggettamento omertoso. Il nostro territorio viene descritto come «tradizionalmente refrattario a vicende di tal genere»; «cosicché – scrivono i giudici – pare lecito presumere che, una vota perseguiti i singoli sodali, il fenomeno possa trovare definitiva soluzione».

Insomma, l’asse Benko-Hager-Signoretti non sarebbe sopravvissuto a se stesso.

Hager, determinato e spietato. A Heinz Peter Hager è stato attribuito un ruolo di «primaria importanza», come scrivono i giudici del tribunale del riesame. Il commercialista bolzanino è stato definito «determinato» negli affari e «spietato» nel raggiungimento degli obiettivi. Emerge in maniera efficace dalle intercettazioni anche il «rapporto privilegiato» che ha con il magnate austriaco René Benko. Tanto da diventare, insieme all’ingegnere arcense Paolo Signoretti, fautore del sodalizio. Hager è autonomo nella gestione degli aspetti economico-finanziari nelle singole operazioni edilizia e dell’opera di infiltrazione nel tessuto economico e sociale di Trentino e di Alto Adige. È sempre lui che cura i rapporti con i vertici del mondo istituzionale e finanziario della regione, prende le decisioni più importanti e impartisce le disposizioni agli altri. Per i giudici, sulla base delle intercettazioni, tali condotte sono idonee a configurare la forza intimidatrice dell’agire mafioso. Per questo, gli arresti domiciliari rappresenterebbero l’unica misura efficace per non concedere a Hager spazi e margini d’azione non controllabili.

 

 

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