’Ndrangheta, la genesi dell’operazione Imperium e l’interesse del clan Mancuso per il turismo

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Nell’udienza dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia l’esame in aula del colonnello Di Nunno e del luogotenente Pagano nel maxi processo: il villaggio Sayonara di Nicotera, l’hotel Cliffs di Joppolo, i summit e il ruolo di Assunto Megna

La gestione di alcuni villaggi turistici a Nicotera Marina e Joppolo nella deposizione stamane in aula – dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia – del colonnello Michele Di Nunno, alla guida del Gico di Catanzaro, e poi del luogotenente Giovanni Pagano. L’inchiesta, sfociata nell’operazione denominata Imperium, scattata nell’agosto del 2023 – è poi stata unita al maxiprocesso nato dalle operazioni antimafia denominate Maestrale-Carthago e Imperium.

“Imperium nasce da uno stralcio dell’operazione Quinta Bolgia – ha spiegato il teste Di Nunno – dove nel mirino della Guardia di finanza erano finite le cosche di Lamezia Terme e il loro interesse per il settore delle onoranze funebri. Un’inchiesta – ha spiegato il colonnello – che ha poi portato alla Commissione di accesso all’Asp di Catanzaro, in seguito sciolta per infiltrazioni mafiose, dove è emersa una relazione tra Luigi Muraca, all’epoca consigliere comunale di Lamezia Terme, e Lucia Benincasa, quest’ultima figlia di Gino Benincasa, imprenditore ittico ucciso nel 2008 a Lamezia. E’ così venuto alla luce che Lucia Benincasa aveva dei contatti con Paolo Mercurio, all’epoca impegnato nella vendita di prodotti ittici surgelati a Marcellinara. Indaghiamo così su Paolo Mercurio e scopriamo – ha riferito il teste – che lo stesso aveva contatti con la criminalità organizzata del Vibonese, in particolare con Francesco Mancuso, detto Bandera, con Pantaleone Mancuso, alias Scarpuni, con Diego Mancuso, con il quale era stato pure fermato in macchina, ed altri personaggi del Vibonese come Peppone Accorinti, Antonio Vacatello, Felice Loiacono, Domenico Mancuso, Angelo Bombara e Assunto Natale Megna, quest’ultimo il soggetto di maggiore interesse nell’indagine Imperium per i rapporti che aveva creato tra il clan Mancuso e il mondo imprenditoriale, da noi già conosciuto per narcotraffico e per il legame pure con il clan Pesce di Rosarno”.

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Il Sayonara di Nicotera Marina

Dai prodotti ittici – settore nel quale operava Assunto Megna, cognato del boss Pantaleone Mancuso (Scarpuni) per aver sposato una Buccafusca – al controllo di alcune strutture turistiche il passo è stato breve e oltre al colonnello Di Nunno è stato oggi escusso sul punto pure il luogotenente della Guardia di Finanza, Giovanni Pagano, anche lui protagonista delle attività investigative sfociate nell’operazione Imperium. Nel “mirino” del clan – anche attraverso la figura di Assunto Megna (oltre che di Pasquale Gallone, ritenuto il braccio-destro del boss Luigi Mancuso, e di Gaetano Molino, genero di Giovanni Mancuso) – finiscono il villaggio Sayonara di Nicotera Marina e il Cliffs Hotel di Joppolo. I due investigatori della Guardia di Finanza hanno spiegato in aula che il Sayonara è nato nel 1978 come camping gestito dai fratelli Domenico e Antonio (detto Toruccio) Ranieli, quest’ultimo “emerso sin dall’inizio – ha dichiarato il luogotenente Pagano – in rapporti diretti con Luigi Mancuso e Assunto Megna”. Insieme ai fratelli Ranieli avrebbe operato nella società Sayonara srl anche Francesco Polito, medico di base a Nicotera Marina ed ora fra gli imputati con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. La gestione della società “Sayonara srl” dura sino al 2009 – quando viene dichiarato dal Tribunale di Vibo il fallimento – e dal 2010 al 2015 subentra nella proprietà del villaggio la Sayonara club srl “che vedeva tra i soci Sara Polito, figlia di Francesco, e Giovanni Ranieli, figlio di Antonio. Poi – ha dichiarato il luogotenente Pagano – sono subentrati nel 2016, con Suvillaggio srl, Alessandro Zamparelli e successivamente il fratello Gianluca Zamparelli. Infine, nel 2017 la struttura viene acquistata all’asta per un milione e mezzo di euro da Giuseppe Fonti di Cittanova”.

I Mancuso e il settore del turismo

Secondo gli investigatori della Gdf, l’interesse di Giuseppe Fonti per il villaggio Sayonara non sarebbe nato per caso. “Fonti frequentava già negli anni ’80 il Sayonara ed in tale periodo era nata l’amicizia con il proprietario Toruccio Ranieli. Un rapporto, quindi – ha spiegato il teste Pagano – nato ben prima dell’asta giudiziaria del 2017. Dall’inchiesta è emerso un accordo, poiché Giuseppe Fonti avrebbe elargito del denaro ad Antonio Ranieli il quale si sarebbe preoccupato di rientrare in qualche modo nella gestione del villaggio individuando insieme a Francesco Polito una società capace di gestire il Sayonara. Un progetto non andato a buon fine. Fonti era un imprenditore di Cittanova sino a quel momento estraneo al mondo del turismo e si è trovato costretto a scendere a patti con personaggi legati ai Mancuso. Il clan aveva scelto Assunto Megna – ha ricordato il colonnello Di Nunno – per gestire tale settore turistico, tanto che proprio Megna si era direttamente interessato con l’Alpitour, ma senza successo, per gestire il Sayonara. E sempre Megna si è interessato anche alla gestione dell’Hotel Cliffs di Joppolo, struttura anche questa riconducibile ad Antonio Ranieli. E’ stato poi Luigi Mancuso ad indicare la volontà della società Cora Touring srl di Catania, di Francesco Rapisarda, a gestire il villaggio Sayonara. Rapisarda – ha sottolineato il teste – era per noi già un soggetto conosciuto in quanto custode giudiziario del villaggio Green Garden di Briatico, sequestrato nell’operazione Costa Pulita”. Il clan Mancuso, ad avviso del colonnello Di Nunno, avrebbe così richiesto ed ottenuto da Rapisarda – imprenditore siciliano sino a quel momento attivo nel settore della siderurgia – delle somme di denaro. Dalle indagini sono però anche emerse delle iniziative imprenditoriali da parte del clan Piromalli di Gioia Tauro, poi non perfezionate, per acquisire pure il Baia Tropea Resort dei Comerci e il Cala Petrosa Resort di Parghelia”.

I due investigatori della Guardia di Finanza hanno infine ricordato come del Sayonara avevano parlato diversi collaboratori di giustizia quale luogo nel quale si erano tenuti, negli anni, diversi summit mafiosi. In particolare, dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio del 1992 e prima delle bombe a Roma, Firenze e Milano del 1993, in tale villaggio – secondo quanto riferito da alcuni collaboratori (l’ex “padrino” di Cosenza Franco Pino su tutti) – alcuni boss della ‘ndrangheta avrebbero discusso sulla richiesta di Cosa Nostra ai calabresi di aderire alla strategia stragista. Una proposta rispetto alla quale il boss Luigi Mancuso (indicato come il promotore dell’incontro) si sarebbe dimostrato perplesso.



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