Offese a sfondo sessuale e razziale per mesi, anche di fronte alla figlia 14enne della donna. Il giudice conferma il licenziamento e lo condanna a pagare 2.500 euro di spese legali: «I comportamenti discriminatori, razzisti e sessisti e le molestie fisiche e verbali compiute a danno della collega di lavoro, sono risultati provati»
«Musulmana di m…. ti vorrei solo….» In un locale di Firenze succedeva questo e altro. Offese, insulti a sfondo razzista e sessista, e non solo, nei confronti di una collega di origini straniere, barman di un locale fiorentino licenziato in tronco: nei giorni scorsi il Tribunale di Firenze ha confermato il provvedimento e condannato l’uomo a 2.500 euro di spese legali.
Anna (il nome è di fantasia) per circa tre mesi nell’autunno del 2023 aveva subito insulti e offese di ogni genere, da parte del barman del locale dove lavorava come addetta alla sala, e si era anche rivolta più volte ai responsabili per cercare di far cessare quei comportamenti assurdi da parte del collega ma senza risultati. Esasperata e preoccupata aveva infine rassegnato le dimissioni.
Quando i vertici della società proprietaria del locale di Firenze sono venuti a conoscenza dei fatti, invece, hanno provveduto all’immediato licenziamento del barman.
L’uomo, a febbraio del 2024, ha impugnato in Tribunale il provvedimento ma per i giudici fiorentini: «I comportamenti discriminatori, razzisti e sessisti e le molestie fisiche e verbali compiute a danno della collega di lavoro, sono risultati provati».
Durante il processo terminato lo scorso 31 gennaio con la sentenza a firma del giudice del Tribunale di Firenze, Anita Maria Brigida Davia, è venuta fuori l’intera vicenda legata ai comportamenti del barman sul posto di lavoro, riferiti in particolare alla giovane collega di origine straniera.
In aula, infatti, alcuni testimoni, hanno confermato la versione fornita ai giudici dalla cameriera che riceveva pesanti offese di continuo, e non solo, dal barman, che l’aveva presa di mira, stando al resoconto processuale. «Musulmana di m….» e altre battute volgari sul suo comportamento sessuale erano state riferite ai giudici dalla addetta alla sala: «Insinuando che andassi a letto con chiunque e anche con molti dei colleghi, in particolare con il direttore del locale».
La donna ha inoltre riferito come tali comportamenti interferivano in maniera pesante sullo svolgimento della sua prestazione lavorativa: «A volte capitava che se gli facevo delle domande inerenti al lavoro mi rispondesse stai zitta o ti… (usando termini di chiara matrice sessuale) e tutto ciò mi rendeva molto difficile svolgere le mie mansioni perché mi chiamava musulmana di m… tutte le volte che passavo davanti al bar, e se qualcuno gli chiedeva un’opinione sul mio lavoro diceva che non ero adatta a fare quel lavoro».
Durante un episodio, agli atti del processo, era presente addirittura la figlia 14enne della donna. Quel giorno il barman aveva detto alla collega di volere compire con lei un determinato atto sessuale, senza badare nemmeno alla presenza di una ragazzina, come confermato anche da altri colleghi. La donna ad un certo punto si era rivolta ai suoi superiori, perché ormai stanca, sfinita e preoccupata dal protrarsi di quel clima insostenibile, ma non aveva ottenuto nulla.
In sentenza il giudice, confermando il licenziamento del barman, ha inteso sottolineare anche questo aspetto della vicenda: «Il racconto lucido e dettagliato della donna ha messo in luce non solo gli inaccettabili comportamenti del barman, ma anche il clima omertoso e retrogrado nel quale gli stessi si sono svolti, clima confermato dalla testimonianza del responsabile del locale».
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