Il tempo dei lupi e il tempo degli uomini

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“Questo libro tratta dei lupi nei secoli passati, eppure, a modo suo, è un libro di attualità. I lupi, infatti, stanno tornando. Nell’ultimo quarantennio, la loro popolazione in tutta Europa si è moltiplicata”. È un tema complesso di cui parlare, soprattutto qui in Svizzera, in questo periodo. Eppure, ‘Il tempo dei lupi. Storia e luoghi di un animale favoloso’ di Riccardo Rao riesce ad affrontare l’argomento con lo sguardo dello storico, senza polemiche, ma con il desiderio di comprendere come la società umana e i comportamenti dei lupi si siano evoluti nel corso dei secoli, e come la nostra percezione della loro specie sia cambiata – non necessariamente con la stessa tempistica.

Esiste, infatti, il lupo reale, che nel corso della storia passata si è sì anche nutrito di cadaveri, è stato il terrore delle greggi e ha predato bambini e ragazzini messi a guardia degli animali, ma quello che in realtà ci incute terrore è una specie di “meta lupo”. Un essere nato da testimonianze letterarie che ingigantivano i fatti, gli conferivano poteri magici, una bestia maligna e soprannaturale nata nel medioevo, esplosa nell’età moderna e nel corso dei secoli, fino a oggi, un immaginario che cammina a fianco del lupo biologico, spesso offuscandolo. “Fra le tante storie di animali, quella del lupo è tra le più interessanti, poiché ha come protagonista un animale culturale, capace di modificare i suoi comportamenti in base ai peculiari contesti ambientali delle differenti epoche. I lupi imparano e riescono ad andare oltre al loro istinto: la cultura supera la biologia”.

Il demonio e le greggi

Se i testi ecclesiastici iniziano molto presto nella loro opera di demonizzazione del lupo, esso era, però, una presenza quasi familiare per le popolazioni contadine, avvezze alla vita dei boschi. Il suo è un nome che diventa molto diffuso nei primi secoli del Medioevo, soprattutto nell’Europa del Nord, per celebrare le virtù riconosciute a questo animale, come la forza, la saggezza, le abilità guerriere. In quel periodo riveste particolare importanza per l’economia l’allevamento di suini allo stato brado, per i quali il predatore non rappresenta una minaccia di grande rilievo.

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Il “lupo cattivo” nasce per ragioni culturali, legate al processo di cristianizzazione dell’Europa medievale: se la comunità di fedeli è rappresentata dal gregge di pecore, al predatore non può che toccare il ruolo del malvagio. Anzi: del demonio.

Il primo a trasformare la caccia al lupo da una faccenda privata a un settore di pubblico intervento, promosso dallo Stato, è Carlo Magno. Forse la sua iniziativa aveva davvero un sapore simbolico, o forse era, almeno in parte, legata alla passione dell’imperatore per la caccia, nella quale questo animale era un fastidioso concorrente.

A partire dal XII secolo le città crescono, vi è un vero e proprio boom economico, e, come spesso accade, questo si accompagna a crescenti pressioni nei confronti dell’ambiente. I disboscamenti sono enormi, la selvaggina si riduce, i boschi vengono abitati e resi produttivi, o eliminati per far posto ai campi coltivati, si assiste a un importante incremento dell’allevamento ovino. Il lupo deve cambiare le proprie abitudini, viene stanato dal suo habitat, ormai sempre più privo di risorse, e deve cercare altrove il proprio nutrimento: gli animali domestici, in primis, ma aumentano anche gli attacchi verso l’uomo. In risposta si intensificano gli abbattimenti: è l’inizio della fine. Nel tardo medioevo, cambia la prospettiva, l’animale, così come la natura, non ha più valore. Diventa un fastidio di cui disfarsi.

In questo percorso tra cultura e folclore, tra attacchi e stermini, percorriamo buona parte dell’Europa, scoprendo l’origine di un immaginario che ci circonda ancora oggi. “Tornare a riflettere sui lupi e sul loro ruolo ecologico – e quindi anche sui boschi – nel corso della storia è un modo per rinsaldare e riscoprire il nostro rapporto con la natura: per individuare le strade che ci possono far recuperare un legame vivo e partecipato con il territorio, che è uno dei mezzi fondamentali per coesistere in equilibrio con l’ambiente, e per adottare una prospettiva di salvaguardia della fauna selvatica e di una specie ancora oggi minacciata dall’uomo”.



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