“Memoria è non ripetere errori” Vero, rendiamola sempre attuale

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Caro Avvenire, credo che il senso del Giorno della Memoria non sia solo commemorare, cioè, avere una memoria condivisa, ma sia anche imparare da ciò che è memoria condivisa. L’insegnamento dell’Olocausto va assai al di là della categoria dell’antisemitismo, non a caso pagarono un prezzo altissimo nei campi di concentramento anche i rom, gli omosessuali e altre categorie di “diversi”. Il punto è che, allora, l’idea nazista che giustificava l’Olocausto era che tutti gli ebrei erano criminali e che costituivano un pericolo per la Germania. Oggi questa idea è applicata a nuove categorie di vittime, dagli immigrati ai poveri. La memoria dell’Olocausto è infeconda se non impedisce nuovi Olocausti.
Silvio Garofalo

Caro Garofalo, molti lettori hanno espresso considerazioni sul Giorno della Memoria, che quest’anno coincideva con l’ottantesimo anniversario della liberazione di Auschwitz (e significative riflessioni hanno svolto su queste colonne Franco Vaccari e Paola Binetti). Scelgo il suo messaggio in quanto tocca un punto centrale che spesso è scomodo o inelegante sottolineare, ma che merita attenzione. Perché l’intensificarsi dell’opera educativa e delle iniziative volte a ricordare gli orrori della Shoah convive con una recrudescenza pubblica dell’antisemitismo in Europa?
Sebbene non tutte le scuole compiano viaggi sui luoghi del genocidio degli ebrei, e’ difficile affermare che i giovani non sappiano che cosa accadde durante gli anni della Seconda guerra mondiale. I media meritoriamente danno grande risalto alle commemorazioni e le televisioni propongono film e programmi efficaci nel mostrare l’abominio e nel suscitare pietà e avversione davanti a quei fatti. Eppure, dobbiamo ancora registrare odiose e reiterate minacce a Liliana Segre, straordinaria testimone dell’Olocausto, da anni costretta a circolare con la scorta di polizia, così come tanti altri episodi di ostilità nei confronti di persone di fede ebraica.
Non c’è qui spazio per riannodare i fili di una storia lunga e dolorosa, che vede anche l’Italia tra i protagonisti negativi, come ha significativamente riconosciuto pochi giorni fa la premier Giorgia Meloni in merito alle responsabilità del regime fascista, spesso minimizzate dalla sua parte politica. Ma stiamo all’oggi. Le vicende strazianti di Anne Frank o dei deportati del ghetto di Roma sembrano ai più episodi inaccettabili, eppure lontani e in qualche modo irripetibili.
Questo permette che circolino, soprattutto online, teorie del complotto, che attribuiscono agli ebrei poteri occulti e manipolatori sull’economia, i media e la politica globale, senza che si comprenda come queste idee siano state alla base delle persecuzioni del passato e possano esserlo di quelle di oggi e di domani. È stato spiacevole sentire dire da rappresentanti istituzionali che, parlando di magnati, la vera minaccia non proviene da Elon Musk bensì da George Soros, il miliardario bersaglio di virulente campagne antisemite, al di là delle legittime critiche alla sua attività di finanziere d’assalto. Gruppi sia di estrema destra sia di estrema sinistra continuano, poi, a vedere nell’ “ebreo” un simbolo dell’élite da combattere, soprattutto quando si cerca un nemico facile su cui scaricare la rabbia sociale e si è incapaci di capire le vere ragioni delle crisi in corso.
Inoltre, l’esplodere del conflitto israelo-palestinese ha contribuito ad aumentare l’astio verso gli ebrei in una erronea e pericolosa equazione tra la religione e le scelte politiche del governo di Tel Aviv, spesso sotto la spuria distinzione tra antisionismo, inteso come l’odio per lo Stato sorto nel secolo scorso sui luoghi dell’antico giudaismo, e il più antico antisemitismo, che colpisce tutti i fedeli dell’ebraismo con connotazioni razziali.
Insomma, se non andiamo alla radice dei meccanismi della discriminazione, mostrando i danni che essa produce qui e ora, tra noi, su persone concrete che possiamo incontrare, il meritorio sforzo di tenere viva la memoria dell’indicibile rischia di scontrarsi, ahinoi, con insuccessi sempre più frequenti.
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