La domanda posta a Meloni da tre rifugiati è chiara: come concretamente agirete per sottrarre al criminale che avete liberato le persone ancora nelle sue prigioni?
Vi sono momenti, nella intricata vicenda umana, nei quali ogni sguaiato vociare, ogni aggressivo abbaiare alla luna di turno, ogni lezioncina dalle cattedre dei professoroni e dei professorini della politica e della morale, svaniscono come d’incanto. La presa di parola pubblica dell’altro ieri a Montecitorio delle vittime e testimoni del sistema criminale del trattenimento dei migranti in Libia, frutto degli accordi con i nostri governi e con le istituzioni europee, è stato uno di questi. È merce rara, quando capita.
Per un attimo, difronte al coraggio di David, di Lam, di Mohamed, di fronte alla loro composta restituzione della verità dei fatti, l’intera l’architrave di sale che sorregge la nostra democrazia ormai illusionaria, si è sciolta sotto l’arrivo di acqua fresca, di realtà, di ciò che gli occhi vedono, i corpi sentono, le vite vivono.
Chi è Almasri, né più cattivo né più torturatore di altri cento, lo hanno raccontato coloro che hanno sentito le sue mani mentre li colpiva, dentro quel girone dantesco con il quale il nostro paese, ma in fondo, il mondo intero, autorizza lo stato di guerra permanente contro i più poveri. Per un attimo, durante la conferenza stampa gli orari degli spostamenti del Falcon dei servizi che è servito per far fuggire dalla cattura un ricercato, o i vertici segreti nei quali il sottosegretario Mantovano istruiva ministri e premier sul da farsi dopo l’arresto del boia di Mitiga, sono diventati particolari ridicoli, messi a confronto con chi ha descritto come lui stesso era costretto a spostare i cadaveri, obbligato da una pistola puntata.
L’odore di inchiostro del complotto di carte bollate nel quale sembra giocarsi ogni equilibrio dei poteri dello stato, è stato spazzato via dal fetore dei corpi in decomposizione accatastati dopo le torture, e pronti per le fosse comuni. L’odore della paura, della sofferenza, del corpo che trema e non può più controllare cosa fuoriesce da sé stesso, ha violentato ieri le narici di chi era seduto ad ascoltare. E questa è stata la vittoria più grande per la democrazia, per ciò che intendiamo quando straparliamo di essa. La democrazia innanzitutto è carne viva, come lo può essere il sangue e il sudore, l’angoscia o la gioia, le lacrime e la rabbia. Siamo soffocati, lo è la nostra caotica vita civile, dall’idea di una democrazia morta, fatta di carta e che dunque, il potente di turno può riscrivere o accartocciare, a seconda del momento. Ma l’altro ieri, tre rifugiati che sono sopravvissuti alla Libia, ci hanno dato una lezione da libri di storia. E il complotto della magistratura contro il governo, e il complotto del governo contro la magistratura, e il complotto della Germania contro l’Italia, e tutti i complotti dei quali ci serviamo per trovare un alibi alla nostra inadeguatezza di fronte alle sfide del nostro tempo, sono per un attimo apparsi come ragnatele agli angoli del soffitto.
Cosa sono le leggi senza la giustizia? Che cos’è la guerra senza una prospettiva di pace? Monsignor Romero, riferendosi a quanto la situazione della legalità in Salvador fosse precaria, ripeteva una frase sentita dire da un contadino: “la legge è come il serpente morde soltanto noi che andiamo scalzi”. Chi ha avuto il privilegio di assistere alla conferenza stampa dei Refugees, a sette anni dalla firma del Memorandum Italia – Libia, ha assistito a questo: gli “scalzi”, quelli che la nostra legge, che si boria di non aver bisogno di giustizia per valere, morde come il serpente. E allora, noi tutti, invece di insegnare, cerchiamo di imparare dagli scalzi, dagli ultimi del mondo, che i primi ci insegnano solo a comandare, non a vivere. La presa di parola pubblica, non serve a dire chi ha ragione. Ma a trasformare la realtà. L’indignazione non serve ad alimentare il furore ideologico, ma a darti la forza per uscire verso l’alto dai conflitti, invece che finire sottoterra. “The king is naked”, il Re è nudo, ci dicevamo discutendo prima dell’appuntamento alla Camera. Il primo risultato è questo: per anni i governi, prima quelli di Gentiloni e Minniti, passando per Conte e Salvini e arrivando alla Meloni, hanno costruito una storia attorno al tema dei migranti e degli accordi stipulati con i paesi poveri e devastati dell’altra sponda del Mediterraneo, che equivale all’inesistente vestito del Re nudo.
Per fermare donne, uomini e bambini prima che arrivino da noi, li facciamo anche ammazzare, torturare, stuprare. Facciamo affogare migliaia di persone in mare perché non li soccorriamo. Forniamo soldi e mezzi a mafie e milizie, ai veri trafficanti di esseri umani, cercando di comprare la loro collaborazione e agevolando i loro business contrabbandieri in Europa. Ora, in seguito ad una serie di circostanze, come la questione Almasri, non c’è più nessuno sulla faccia della Terra che possa dire che questo non è vero, che il Re non sia nudo. Come nella fiaba di Andersen, presa da una più antica favola spagnola del 1300, a disvelare la realtà è un bambino, il più fragile tra le figure di adulti cortigiani e sudditi. Anche nel nostro caso sono le lotte dei rifugiati, dei profughi e migranti, che ci hanno permesso oggi di guardare in faccia la indicibile realtà. E di trasformarla in verità condivisa, perché sia chi la difende, parlando di “stato di necessità dovuto a ragioni di sicurezza dello Stato”, sia chi, inorridito, pensava fosse troppo per un paese civile, e quindi frutto di una qualche esagerazione, oggi parte dalla realtà.
Per chi ha cercato di far cadere il velo dell’invisibilità in questi anni, come David che si è fatto portavoce fin dalla Libia della prima manifestazione pubblica in quell’inferno , nell’ottobre del 2021, delle condizioni disumane alle quali sono costretti migliaia di innocenti, o come Lam, o Mohamed o tante e tanti di noi, in mare e in terra, questa è una vittoria politica sul vero squilibrio che caratterizza il nostro tempo. Non quello tra corpi dello Stato, ma ciò che risiede nell’enorme potere in mano all’élite dei più ricchi del mondo, una estrema minoranza, che possiede i mezzi di informazione civili e militari e le piattaforme di produzione dell’immaginario, e chi invece sta sotto, la stragrande maggioranza, dominata attraverso connessione permanente alle macchine che producono le varie versioni della realtà, funzionali a riprodurre il sistema di potere stesso. In mezzo a questa enorme sproporzione di forza, è “il bambino” che con la sua verità, fa crollare l’impalcatura della messa in scena infinita.
L’indignazione, la richiesta di giustizia, non può separarsi dalla necessità di cambiare la realtà: le richiesta dei rifugiati alla Meloni e al governo è diretta: e adesso cosa avete intenzione di fare per i nostri fratelli e sorelle che sono ancora lì, imprigionati a Mitiga? Eccola, la giustizia vera, lungi dal poter essere ridotta a contabilità burocratica, ad elenco dei torti e delle ragioni. L’ unica giustizia possibile è liberare tutti gli altri, sottrarre innocenti ad altri stupri, ad altre violenze. “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti…” dice il Vangelo, riferendosi alla necessità di aprire nuove strade alla vita, di non ancorarci al passato, perché annichiliti da esso ed impauriti del dopo. E dunque ogni ragion di Stato, ogni considerazione su ciò che è accaduto, è legittima, ma non sufficiente e nemmeno così importante da impedire l’essenziale: occuparci ora di tutti gli altri, quelli che sono in Libia in questo momento, in Tunisia deportati nel deserto, vittime sacrificali della realpolitik più a basso costo che ci sia per chi governa: quella sulle pelle dei più poveri e dei più indifesi.
Il governo non ha il coraggio di dichiarare ufficialmente che la fuga di Almasri è stata una scelta politica. Ma in fondo lo fa dire a tutti i suoi cortigiani. Ma ha il coraggio di risarcire la giustizia, che ha deciso di avvilire in questa maniera, separandola violentemente dalla sua legge? L’unico risarcimento possibile è che sia il governo italiano ora, ad intervenire per liberare ed evacuare dal lager di Mitiga chi è in balia del criminale che vi è stato riportato a continuare il suo sporco lavoro. Il parlamento italiano, che per ben tre volte dal 2017 ha votato a maggioranza, ed erano diverse da quella attuale, il rinnovo del vergognoso patto Italia Libia contro migranti e rifugiati, adesso avrà il coraggio di applicare l’art.5 di quel patto che recita “ nel rispetto dei diritti umani e secondo gli obblighi delle convenzioni internazionali” e dichiarare dunque nullo quell’accordo?
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