Nel corso di un incontro con centinaia di studenti palermitani, il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, ha illustrato l’evoluzione della mafia nel capoluogo siciliano, mettendo in luce le strategie attuali di Cosa Nostra. Secondo il magistrato, l’organizzazione ha adottato un approccio meno visibile rispetto al passato, cercando di dialogare con ambienti esterni alla sfera criminale e optando per una linea di “sommersione”. Una strategia che punta a fare meno rumore per garantirsi maggiori possibilità di riorganizzazione. Uno dei pilastri di questa riorganizzazione è il traffico di droga, che rappresenta la principale fonte di finanziamento, anche per la componente militare. Un chilo di cocaina acquistato per 50 dollari in Colombia può essere rivenduto a Palermo per 80mila euro, un guadagno che alimenta le attività criminali.
Nonostante la crescente influenza della ’Ndrangheta nel narcotraffico, Cosa Nostra mantiene un ruolo di primo piano. Le due organizzazioni non sono in conflitto, poiché la mafia siciliana vanta un “brand” riconosciuto a livello internazionale, apprezzato persino dai cartelli messicani, un vantaggio che la criminalità calabrese non possiede. A ciò si aggiunge il controllo del territorio, che permette a Cosa Nostra di conservare un ruolo centrale nella distribuzione della droga. Secondo un rapporto della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) del 2022, la Sicilia e la Calabria sono tra le regioni italiane più coinvolte nel traffico di stupefacenti. La ’Ndrangheta domina il mercato europeo della cocaina, gestendo circa l’80% del traffico, ma Cosa Nostra mantiene una forte presenza sia a livello locale che internazionale, grazie alla sua rete storica e ai legami con i cartelli sudamericani.
De Lucia ha inoltre evidenziato i rischi legati alle nuove sostanze stupefacenti, come il fentanyl, responsabile di migliaia di morti negli Stati Uniti. Ha sottolineato la necessità di monitorare l’emergenza crack nei quartieri di Palermo e il pericolo che il fentanyl possa diffondersi anche in Italia. Secondo i dati dell’Osservatorio Europeo delle Droghe e delle Tossicodipendenze (EMCDDA), l’Italia è uno dei principali punti di ingresso per le droghe sintetiche in Europa, con un aumento significativo dei sequestri di sostanze come il fentanyl negli ultimi anni.
Un altro aspetto è la nuova strategia mafiosa è l’adattamento alle nuove tecnologie. La commissione di Cosa Nostra non si riunisce più da vent’anni, ma l’organizzazione ha trovato modalità alternative per comunicare e prendere decisioni in modo rapido e orizzontale. Sfrutta internet, i social media, i telefoni criptati e il deep web per le transazioni legate al traffico di droga. Per questo, De Lucia ha sottolineato che la lotta alla mafia deve evolversi: i poliziotti del futuro non dovranno solo saper usare la pistola, ma anche padroneggiare gli strumenti informatici per contrastare le attività criminali digitalizzate.
Alla vigilia della maxi-operazione antimafia contro il mandamento Uditore-Passo di Rigano, che ha portato all’arresto di 19 persone, De Lucia ha evidenziato un dato preoccupante: il 49% della popolazione non crede che lo Stato possa sconfiggere la mafia. Questo, secondo il procuratore, è un problema culturale che va affrontato, poiché la repressione da sola non basta. La lotta alla mafia non si vince solo nei tribunali, ma anche attraverso lo sviluppo economico e culturale. Più opportunità ci sono per i cittadini, meno spazio avranno i mafiosi per prosperare.
Nel corso dell’incontro, De Lucia ha anche affrontato il tema dell’ergastolo, chiarendo che in Italia il “fine pena mai” non esiste nella pratica. La legge prevede che, dopo 26 anni di comportamento corretto in carcere e un percorso di rieducazione, i condannati all’ergastolo possano accedere a pene alternative, come la semilibertà, durante la quale possono svolgere attività sociali. Questo vale anche per i condannati al carcere cosiddetto “ostativo”. “Tra quello che è scritto, cioè ‘fine pena mai’, e quello che avviene nella realtà c’è una differenza che rende compatibili anche queste condanne con il principio costituzionale dell’articolo 27 della Costituzione”, ha spiegato De Lucia.
Il procuratore ha inoltre messo in guardia sulle possibili ricadute delle modifiche legislative. “Si dice sempre che la ‘legislazione antimafia non si tocca’, ma la legislazione antimafia è parte della legislazione penale italiana. Qualunque modifica del sistema ha ricadute anche sulla lotta alla mafia”, ha affermato. In particolare, ha sottolineato i rischi legati a eventuali limitazioni delle intercettazioni: “Quando si toccano i meccanismi delle intercettazioni, anche per reati diversi da quelli di mafia, bisogna stare attenti alle ricadute sui processi di mafia”.
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