Ultimamente nella space economy si sta assistendo a una vera e propria corsa all’oro. Basti pensare a due degli imprenditori tech più autorevoli, come Elon Musk e Jeff Bezos che, dopo aver dato il via alle loro aziende, auto elettrica e marketplace, hanno spostato gli obbiettivi verso lo spacetech. Il settore potrebbe superare un trilione di dollari entro il 2040 (fonte: Morgan Stanley, “Space: Investing in the Final Frontier”, 2022), e le opportunità offerte spaziano dall’osservazione della Terra al turismo spaziale, fino alla ricerca biotecnologica e al mining spaziale.
Al di là dell’oceano, anche l’Europa, seppur in ritardo, segue e ha mostrato interesse nella creazione di un ecosistema. Le ultime novità hanno visto alla fine del 2024 la scaleup italiana D-Orbit, appena completato il round serie C da 150 milioni di euro, annunciare la firma di un contratto da 119,6 milioni di euro con l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) nell’ambito del progetto Space Safety. E proprio quest’ultima, nello stesso periodo, ha creato una joint venture con OVHcloud, azienda europea di servizi cloud, che consolida la loro collaborazione a supporto delle startup innovative del settore spaziale con un focus sull’IA e sulla sostenibilità.
Il bello dello spacetech è che si tratta proprio di un ecosistema, e in quello italiano ci sono diverse realtà che si stanno distinguendo, fatte di storie importanti che stanno facendo la differenza. Una di queste è Picosats, startup triestina che opera nell’ambito delle telecomunicazioni satellitari. Tra i suoi obiettivi, c’era quello di dimostrare la tecnologia in banda Ka sviluppata con il supporto dell’ESA attraverso una missione in orbita in collaborazione proprio con D-Orbit. A novembre 2023, la tecnologia di Picosats è stata quindi integrata a bordo della portante satellitare ION di D-Orbit nella missione Transponder-9 di SpaceX, con una validazione in orbita di grande successo.
E’ bello quando i traguardi raggiunti vengono riconosciuti anche dagli attori dello stesso ecosistema, dalla loro comunità. E così Picosats è stata premiata ieri con il Premio PMI Innovativa, indetto da InnovUp.
“I parchi scientifici e tecnologici italiani rappresentano una risorsa di sistema, che opera con un forte radicamento territoriale volto a stimolare la crescita delle imprese innovative – dice Stefano Soliano, vicepresidente di InnovUp – Siamo orgogliosi del successo riscosso da questa prima edizione del Premio PMI Innovativa InnovUp, un’iniziativa che conferma l’importanza di connettere e valorizzare sempre di più le eccellenze imprenditoriali del nostro Paese”.
Il premio si è articolato in due fasi, la prima locale, premiando a livello regionale le migliori realtà. Picosats, dopo aver superato questa primo step con successo, nella seconda fase nazionale si è finalmente aggiudicata il premio finale.
“Dopo il riconoscimento a livello regionale del Friuli-Venezia Giulia, il premio di InnovUp a livello nazionale arriva come una bellissima sorpresa che ci onora, soprattutto per la levatura delle altre finaliste, PMI innovative che operano in maniera eccezionale – commenta Anna Gregorio, fondatrice e presidente di Picosats – Quando mi chiedono qual è il valore di Picostats, sembra ovvio ma la risposta è il team. Lavorare con ragazzi e ragazze, giovanissimi, è ogni giorno più bello. Gestire persone così intelligenti può essere molto complesso, e allora sono orgogliosa che questo sia il risultato più importante di Mario Fragiacomo, cofondatore di Picosats, e mio che abbiamo costruito e dato un solido lavoro a tutti loro. A questo ovviamente si aggiunga la tecnologia, che per lavorare sempre all’avanguardia nel settore spazio, è estremamente costosa. E per raggiungere tutto questo, ringrazio i fondi di investimento, LIFTT, Progress Tech Transfer e Galaxia, e tutti i nostri soci, che hanno creduto e credono in noi. Voglio aggiungere i miei ringraziamenti all’Università degli Studi di Trieste, che 10 anni fa mi ha convinto a iniziare Picosats, Area Science Park e il Polo Tecnologico Alto Adriatico, perché i parchi scientifici e tecnologici possono dare tantissimo e dobbiamo anche noi esserne parte attiva”.
Startupbusiness è dai tempi del caso Enea tech che la stava seguendo. La storia di Picosats, infatti, all’epoca si intreccia anche con la vicenda di diverse realtà come la sua che avevano partecipato alla prima call for idea dei Enea tech arrivando alla fase finale, quella del finanziamento, per poi vedere scemare tutto.
In merito, proprio Anna Gregorio ci ha raccontato come ha potuto superare quel momento: «avevamo bisogno di un’accelerata, perché potevamo ancora continuare da soli come spin-off, ma questo comportava un grosso problema: continuare ad andare avanti con le nostre forze o dare un’accelerata? Il problema dello spazio è che bisogna avere sempre la propria tecnologia provata nello spazio. Quindi quello che viene chiamato ‘in order to demonstrate’. E Il volo costa. Ci sono delle opportunità anche pubbliche che vengono date dalle Agenzie però devi stare nei loro tempi che non sono i tempi del mercato. Noi praticamente avevamo una tecnologia che poteva sfruttare la possibilità di essere la prima sul mercato sicuramente a livello europeo, ma anche a livello internazionale. E quindi dovevamo spingere per riuscire a completare questa fase nei tempi più veloci. Per questo abbiamo cominciato a cercare un finanziatore, un fondo di investimento, ed eccoci ad Enea tech. Diciamo che la due diligence era già finita, e a quanto dicevano loro, eravamo tra le prime che dovevano essere già nel percorso di finanziamento».
Insomma, era quasi fatta, poi l’arrivo di un emendamento all’art. 31 del Ristori Bis emanato in una notte, dal nulla, che vedeva spostati 200 milioni di euro dei 500 allocati all’ente per il settore biomedicale. E tutta Enea tech fu messa in standby, e, con lei, tutti i progetti delle aziende che avevano partecipato.
Ma Picosats e il suo team non si sono dati per vinti. Nonostante la call di Enea tech “Sembrava così promettente, così bello che era difficile avere un piano B – afferma Gregorio – Poco dopo abbiamo iniziato a pensare al crowdfunding. Abbiamo cominciato a guardarci e in quel momento è cominciata la discussione con un altro fondo di finanziamento e poi un altro ancora che aveva già fatto un piccolo studio su di noi mesi prima”. Il fondo era LIFTT, e infatti in quel momento il progetto del transponder, un ricetrasmettitore satellitare, era pronto. Picosats aveva già i primi prototipi e aveva solo bisogno di industrializzarli.La storia di Picosats merita un premio anche per questo, per la tenacia di aver avuto fede nel suo prodotto e team e averla difesa fino all’ultimo, specialmente quando il momento più nefasto era giunto. Questa storia è la prova concreta dell’innovazione italiana e anche per questo doveva essere premiata: quando imprenditorialità, ricerca, scienza e umanità si uniscono, ogni sfida diventa un’opportunità e nessun traguardo è irraggiungibile.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link