Ebola, la conferma di un caso nella capitale dell’Uganda Kampala

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Le autorità sanitarie dell’Uganda hanno confermato giovedì 30 gennaio 2025 un caso di malattia da virus Ebola nella capitale Kampala. Il paziente, un infermiere di 32 anni, ha cercato aiuto in tre diversi ospedali prima di morire mercoledì 29 gennaio, e solo gli esami post-mortem hanno confermato che i sintomi accusati erano quelli di una febbre emorragica da virus Ebola.

Per l’Uganda è l’inizio della settima epidemia di Ebola, anche se al momento, fortunatamente, nessuno dei contatti del paziente ha manifestato segni di infezione. La situazione preoccupa per una serie di ragioni, legate sia al caso in sé, sia al contesto internazionale.

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Più spostamenti e decine di contatti. L’infermiere aveva sviluppato febbre, dolori al petto e difficoltà respiratorie, sintomi poi degenerati in sanguinamenti inspiegati e disfunzioni a vari organi. Prima di morire al Mulago National Referral Hospital di Kampala, dove lavorava, l’uomo ha cercato aiuto in altri due ospedali, uno dei quali a Mbale, a 225 km da Kampala, un fatto che potrebbe complicare le procedure di isolamento dei suoi contatti: 45 persone in totale, tra cui 11 familiari e 34 operatori sanitari di tre diversi ospedali.

Il fatto che fino all’ultimo nessuno avesse sospettato che si trattasse di Ebola fa temere che non si siano prese le dovute misure anti-contagio; inoltre, tra gli infermieri vi è anche un guaritore tradizionale che esercitava in un ambiente dove non erano presenti precauzioni stringenti.

Scongiurare la diffusione. I virus responsabili della malattia da Ebola possono sopravvivere nel materiale liquido o secco per diversi giorni, e per il personale sanitario è fondamentale evitare il contatto con il sangue e le secrezioni corporee dei malati attraverso misure di barriera e dispositivi di protezione individuale (guanti, mascherine, protezione per gli occhi, sovracamice, calzari).

Vaccinare i contatti. Il paziente è risultato infettato dalla specie Sudan ebolavirus (SUDY), una delle tre specie di virus Ebola responsabili di grandi epidemie in Africa (l’altra di cui spesso si sente parlare è lo Zaire ebolavirus, (EBOV). Al momento non esistono vaccini approvati contro il SUDY, ma sono allo studio diversi vaccini sperimentali, che verranno somministrati ai contatti stretti del paziente in una procedura che in passato è stata cruciale per controllare le epidemie di Ebola in Africa.

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Un mondo meno preparato. La notizia arriva in un momento delicato per la salute globale, all’indomani dell’annunciato ritiro degli USA dall’OMS, una decisione che minaccia di indebolire gli sforzi per far valere il diritto alla salute, negli Stati Uniti e in tutto il mondo.

A ciò si aggiunga che, proprio in questi giorni, la Tanzania, al confine meridionale dell’Uganda, sta combattendo contro un’epidemia di febbre Marburg, una grave malattia emorragica virale causata da un virus della stessa famiglia dei virus Ebola (i Filoviridae) con sintomi e tassi di letalità che, come nel caso di Ebola, variano dal 25% al 90%.

La situazione in Congo. Negli ultimi giorni è stato segnalato anche un altro possibile, separato focolaio di malattia da virus Ebola nella parte occidentale della Repubblica Democratica del Congo, con 12 casi, 8 dei quali risultati fatali. Secondo gli Africa Center for Disease Control, i primi accertamenti escluderebbero che si tratti di Ebola, ma alcuni campioni sono stati fatti analizzare nella capitale Kinshasa e si attendono i risultati.

Il focolaio si trova comunque in una zona molto distante da Goma, la città nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo finita in mano ai ribelli del gruppo armato ribelle del Movimento 23 Marzo (M23) supportato dal Ruanda. A Goma è presente un importante laboratorio di biosicurezza per lo studio di Ebola e di altri virus letali dal potenziale epidemico, il National Institute of Biomedical Research (INRB), che si teme possa essere attaccato: la dispersione dei campioni potrebbe avere conseguenze catastrofiche.

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