Dazi Trump, corsa all’ora a New York e Londra: in aumento richieste di lingotti da portare negli Usa

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Superati i 2.800 dollari l’oncia, proseguendo un trend rialzista in atto ormai da cinque settimane. Ecco le ragioni dietro questo andamento

Il prezzo dell’oro ha raggiunto un nuovo massimo storico, superando i 2.800 dollari l’oncia, proseguendo un trend rialzista in atto ormai da cinque settimane. “La nuova accelerazione del prezzo dell’oro riflette soprattutto due dinamiche” – scrive in una nota Gianclaudio Torlizzi, Fondatore di T-Commodity – ”i forti acquisti di oro fisico da parte della Cina, in chiave di diversificazione delle proprie riserve, ed i timori di dazi da parte degli Stati Uniti nei confronti dei paesi produttori d’oro come Cina, Messico e Canada.” Ecco nel dettaglio tutte le ragioni dietro il recente aumento del prezzo dell’oro.

Il fattore Trump e dazi

L’oro è tradizionalmente considerato un bene rifugio, ovvero un asset che tende ad apprezzarsi in momenti di instabilità politica ed economica. Le recenti dichiarazioni del Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, sulla possibile imposizione di dazi del 25% sulle importazioni da Messico e Canada hanno generato nuove preoccupazioni tra gli investitori, spingendoli verso asset più sicuri.

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Il possibile inasprimento delle tensioni commerciali potrebbe avere ripercussioni sulla crescita globale, portando le banche centrali a riconsiderare le proprie politiche monetarie. Un simile scenario favorisce l’oro, che diventa più attraente rispetto ad altri investimenti più rischiosi.




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Il “rimpatrio” di oro fisico negli Usa

Un altro segnale di forte interesse per l’oro è l’aumento delle scorte nei magazzini dei vari Commodity Exchange statunitensi come il Comex ed il Nymex. Dalla fine di novembre, sono stati consegnati circa 12,9 milioni di once di oro nei depositi, portando le riserve complessive a 30,4 milioni di once, il livello più alto dal luglio 2022.

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 “I timori relativi ai dazi statunitensi nei confronti dei paesi produttori di oro stanno incentivando il deflusso di oro fisico dall’Europa verso gli Stati Uniti,” spiega Torlizzi. Un processo di rimpatrio dell’oro degli americani dai caveau di Londra. Secondo l’analista la dinamica rialzista sarà ancora più forte sull’argento, “che nel 2024 non ha registrato la stessa performance dell’oro ma nel 2025 potrebbe produrre dei forti rialzi.”

Questo aumento delle scorte suggerisce che gli investitori istituzionali stiano rafforzando le loro posizioni in oro, anticipando ulteriori rialzi nel caso in cui le tensioni commerciali si concretizzino in misure effettive.

Il ruolo della Fed e le prospettive sui tassi

Un altro fattore, anche se in questa fase meno impattante per l’impennata del prezzo dell’oro, è la banca centrale americana. In particolar modo l’attesa per la futura politica monetaria della Federal Reserve.

La banca centrale statunitense ha mantenuto i tassi d’interesse invariati nel range 4,25%-4,5% nell’ultima riunione, ma il presidente Powell ha sottolineato che l’andamento dell’inflazione e del mercato del lavoro saranno determinanti per le future mosse.

Se l’inflazione dovesse rallentare più del previsto, la Fed potrebbe essere costretta ad anticipare un taglio dei tassi, rendendo l’oro ancora più attraente per gli investitori. Perché un contesto di tassi più bassi riduce il rendimento degli asset obbligazionari, aumentando l’appeal dell’oro, che non offre interessi ma protegge il valore del capitale nel tempo.

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