Sei viestani, insieme ai due pentiti Marco Raduano e Gianluigi Troiano, andranno a processo immediato con accuse che vanno dal favoreggiamento della latitanza dell’ex boss Raduano al traffico di droga dalla Spagna, fino all’incendio dell’auto della madre di un collaboratore di giustizia. I reati contestati sono aggravati dall’associazione mafiosa e, nel caso dello spaccio, dalla transnazionalità. Il gup di Bari, Gabriella Pede, ha accolto la richiesta del pm Ettore Cardinali della Direzione Distrettuale Antimafia e fissato la prima udienza per il 10 aprile davanti al Tribunale di Foggia. Il processo nasce dall’indagine dei Carabinieri del ROS, culminata nell’operazione Cripto dello scorso 4 dicembre, con l’arresto di sette persone.
Gli imputati
Principale imputato è Marco Raduano, 41 anni, detto Pallone, ex leader dell’omonimo clan alleato del gruppo Lombardi-Ricucci-La Torre, in lotta contro i rivali Li Bergolis e Perna-Iannoli nella faida del Gargano. Evase dal carcere di Nuoro il 23 febbraio 2023 e fu arrestato il 1° febbraio 2024 a Bastia, in Corsica. Dopo soli 40 giorni di detenzione, si pentì confessando anche una dozzina di omicidi.
Anche Gianluigi Troiano, 32 anni, ex braccio destro di Raduano, ha deciso di collaborare con la giustizia. Era latitante dal dicembre 2021, quando fuggì dai domiciliari a Campomarino, e fu catturato il 31 gennaio 2024 a Otura, vicino Granada, in Spagna.
Insieme a loro andranno a processo:
- Michele Gala, 37 anni, detto Pinguino
- Antonio Germinelli, 33 anni
- Domenico Antonio Mastromatteo, 31 anni, detto Pescecane
- Michele Murgo, 29 anni, noto come u bell o il londinese
- Marco Rinaldi, 30 anni, detto il veneziano
- Matteo Colangelo, 29 anni
I primi cinque sono detenuti in carcere, mentre Colangelo è ai domiciliari.
Intercettazioni e collaborazioni
Tra le parti offese figurano il Comune di Vieste, i Ministeri di Giustizia e Salute e la madre del pentito Orazio Coda, alla quale venne incendiata l’auto. L’accusa si basa sia sulle testimonianze dei pentiti che su intercettazioni ambientali.
Un nono imputato, Danilo Notarangelo, 34 anni, inizialmente coinvolto nell’operazione, è stato stralciato dal procedimento. Il collegio difensivo – composto dagli avvocati Salvatore Vescera, Paolo D’Ambrosio, Carlo Alberto Mari, Aurelio Gironda, Edgardo Giuseppe Gallo, Gianmaria Daminato, Pasquale Crea, Rosa Pandalone e Giovanni Signorile – valuterà se optare per il rito abbreviato, che garantirebbe uno sconto di pena di un terzo in caso di condanna.
La fuga di Raduano e il sostegno della rete criminale
Gala, Murgo, Germinelli e Mastromatteo sono accusati di aver favorito la latitanza di Raduano, che trascorse un anno tra Sardegna, Francia e Spagna, con un passaggio a Vieste per cercare di uccidere un rivale. Secondo l’accusa, i complici gli fornirono appoggi logistici, auto “pulite”, telefoni criptati e informazioni sulle ricerche delle forze dell’ordine. La DDA contesta la finalità mafiosa, sostenendo che la protezione del latitante servisse a garantire la continuità operativa del clan Raduano, cellula del gruppo Lombardi-Ricucci-La Torre.
Il traffico di droga dalla Spagna
Raduano, Troiano, Rinaldi e Mastromatteo sono accusati di traffico di droga, in particolare due spedizioni di hashish e marijuana dal Marocco all’Italia.
- Settembre 2023: dalla Spagna partono due pacchi con 8,5 kg di hashish e 2,3 kg di marijuana, destinati a Vieste. Rinaldi li avrebbe ritirati a Mestre e inviati a Mastromatteo, ma il carico fu intercettato e un giovane viestano fu arrestato in flagranza (procedimento separato).
- Gennaio 2024: un secondo invio di 9,8 kg di hashish, anch’esso destinato a Vieste. Una parte della droga venne sequestrata il 13 gennaio, quando un altro viestano fu arrestato in flagranza (anche in questo caso, processo separato).
L’attacco alla madre del pentito
Raduano, Germinelli e Colangelo sono anche accusati di aver ordinato e eseguito l’incendio della Nissan Qashqai della madre di Orazio Coda, ex affiliato del clan pentito nel 2021. L’auto fu data alle fiamme il 31 ottobre 2023 a Vieste.
Secondo quanto emerso dalle indagini, l’ordine partì direttamente da Raduano durante la sua latitanza: “L’auto la feci incendiare io”, avrebbe ammesso agli inquirenti. “Parlai con Germinelli e gli dissi: ‘senti, potete tappare la bocca a questo? Te ne puoi occupare?’. Lui rispose: ‘sì’”.
Il processo sarà un banco di prova per la ricostruzione della rete mafiosa che per anni ha gestito il crimine organizzato sul Gargano.
Lo riporta ReteGargano.
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