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Il Giubileo dei comunicatori

di Guido Barlozzetti

 

È significativo che, dopo l’apertura della Porta Santa, il primo Giubileo dedicato a un aspetto della vita e della quotidianità sia stato dedicato alla comunicazione e alle sue sfide in un mondo che cambia, attraversato le diseguaglianze profonde, dall’irruzione di nuove tecnologie che minacciano di espropriare l’umanità – anche quella del giornalista e del comunicatore – segnato da un confine sempre più sottile labile tra la verità e le fake news.

Si è svolto nello scorso fine settimana con una serie di appuntamenti dislocati per Roma e con l’intervento del Papa Francesco. Hanno partecipato rappresentanti del mondo dell’informazione provenienti da 138 paesi, su un arco ormai largo e articolato di professionalità: giornalisti, operatori dei media, dirigenti e direttori di testata, membri dei CdA, videomaker, grafici, copywriter, PR, social media manager, tecnici audio e video, tipografi, informatici…

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A dire del significato generale di questo appuntamento il responsabile del Dicastero per la comunicazione della Santa sede Paolo Ruffini: “Ciò che ci unisce qui è il Giubileo del mondo della comunicazione e il desiderio di condividere una riflessione su come il nostro comunicare potrebbe essere migliore e per questo potrebbe cambiare le nostre vite, su come sia ancora possibile comunicare la speranza in un mondo in crisi e in guerra, su come sperare ancora nella comunicazione fra persone e non fra macchine, su come la tecnologia può e deve essere guidata dalla libertà, su come sia difficile la ricerca della verità e facile il diffondersi delle falsità, su come la comunicazione possa essere il collante o invece il veleno delle nostre comunità”.

Speranza è dunque la parola-bussola, per non essere “cibo per gli algoritmi” e ritrovare il senso profondo di una professione che è una missione.

Al centro un convegno significativamente intitolato all’intelligenza artificiale e ai muovi confini della comunicazione. Cosa devono fare i comunicatori nei nuovi scenari dei media? “Come Papa Francesco ci ricorda – ha detto Vincenzo Morgante, direttore di Tv 2000 – dobbiamo parlare non come purtroppo troppo spesso avviene alla pancia delle persone ma alla loro mente e soprattutto al cuore. con la capacità di offrire un’informazione e dei prodotti di qualità che sappiano discernere il vero dal verosimile – almeno che ci provino – e avere anche linguaggi di mitezza e di coinvolgimento, non di odio e di aggressione, come troppo spesso constatiamo”.

Ma come si fa a ricostruire un pubblico nel momento in cui cresce la sfiducia nei confronti dei mezzi di informazione e sulla loro credibilità, a parte delusione dei mezzi tradizionali dovuta all’irrompere delle tecnologie digitali: “I dati delle principali ricerche – ha sottolineato – Marco Ferrando, vicedirettore Avvenire – confermano che il pubblico è sempre più sfiduciato e però cerca un’informazione un po’ diversa, che dia punti di vista alternativi, che aiuti a entrare in contatto con il proprio territorio e con le comunità di riferimento. Bisogna trovare il modo di selezionare più qualità e probabilmente meno quantità, mirando su notizie e contenuti che inneschino dinamiche di partecipazione anche un po’ di arricchimento”.

Nella Basilica di San Paolo fuori le mura si è tenuta la celebrazione penitenziale , nel segno delle reliquie del patrono dei comunicatori, San Francesco di Sales, portate all’altare proprio nel giorno della sua proclamazione, il 26 gennaio 1923.

Il giorno dopo giornata-clou del Giubileo I giornalisti hanno attraversato la Porta Santa e hanno assistito nella Sala Nervi al dialogo su “Comunicazione e speranza” tra Maria Ressa, giornalista filippina premio Nobel per la pace nel 2021, più volte incarcerata, e Colum McCann, scrittore di culto delle nuove generazioni. “«Collaborate, ricercate la verità con chiarezza morale – ha detto ai presenti Maria Ressa – perché il silenzio di fronte alle ingiustizie è complicità. Proteggete i più vulnerabili e riconoscete il vostro potere. Ricordate che la speranza non è passiva”. E McCann: “Se viviamo in tempi di rottura, allora il nuovo tema deve essere la riparazione. Tra i “pellegrini di Speranza” ci sono i nostri giornalisti, i nostri comunicatori che sono in una posizione privilegiata per aiutare a raccontare le storie degli altri. Loro sanno che, affinché una storia venga raccontata, deve prima essere ascoltata con attenzione”.

Ha moderato Mario Calabresi: “Il racconto della realtà – ha detto – deve essere colorato di rosa. Non che i fatti tragici, dolorosi, negativi vadano taciuti e che si debba immaginare una realtà alternativa buona e rassicurante, ma la narrazione del male non può essere l’unica chiave di lettura del mondo e tanto meno il motore dell’informazione”.

A chiusura il Papa Francesco: “Comunicare è uscire un po’ da sé stessi per dare del mio all’altro. E la comunicazione non solo è l’uscita, ma anche l’incontro con l’altro. Saper comunicare è una grande saggezza! – ha sottolineato il Papa – Sono contento di questo Giubileo dei comunicatori. Il vostro lavoro è un lavoro che costruisce la società, costruisce la Chiesa, fa andare avanti tutti, a patto che sia vero. (…) È una prova tanto grande. Comunicare è quello che fa Dio con il Figlio, e la comunicazione di Dio con il Figlio è lo Spirito Santo. Comunicare è una cosa divina. Grazie di quello che voi fate”.

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Infine, un dialogo tra il cardinale Zuppi, presidente della CEI, e il già direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli.

“Più che coraggiosi – ha detto il cardinale – bisogna essere i giornalisti. Rileggere il codice deontologico farebbe bene a tutti quanti i giornalisti, certe volte guardo video che non sono notizie, non è informazione. E poi la brutalità è sempre sbagliata. Le cose si devono dire con rispetto, mai andare al di sotto di un livello di attenzione e rispetto. I social? Non ci sono mai entrato, però direi che se qualcuno li controlla, questo ci deve preoccupare, moltissimo, non molto. Non dobbiamo mai dimenticare la nostra coscienza, il cristianesimo ci insegna ad essere umani e a coltivare la nostra interiorità”.

Un appello è arrivato anche da De Bortoli: “Bisogna avere il senso della misura che purtroppo in questi tempi abbiamo perso. Posso essere diretto e schietto nel rispetto dell’interlocutore e delle persone che mi ascoltano. Se esagerare nel politicamente corretto vuol dire comprimere la libertà di espressione, anche una libertà di espressione che sia una sorta di comunicazione nella giungla non è libertà”.

 

 



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