Mediobanca respinge la scalata di Mps: «Ostile, distrugge valore»

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Mediobanca issa le barricate e respinge la scalata di Mps. Al cda di Piazzetta Cuccia, riunitosi per esaminare la proposta del Monte, servono tre ore per bocciare l’offerta pubblica di scambio, definita «ostile», «fortemente distruttiva di valore», «contraria agli interessi» di Mediobanca e «priva di razionale industriale e finanziario». Piazzetta Cuccia punta anche il dito contro i suoi azionisti Delfin (19,4%) e Caltagirone (5,5%), sollevando il tema della «potenziale disomogeneità» di interessi della holding della famiglia Del Vecchio e del gruppo dell’imprenditore romano, rispetto agli altri soci della banca, per via dei «rilevanti intrecci azionari» che li vedono protagonisti in Mps e nelle Generali, il cui controllo rappresenta la vera posta in palio dell’affondo su Mediobanca.

La borsa continua a seguire l’operazione e Mediobanca, nel giorno della sua risposta, ha perso il 4,4% e Mps è calata del 2,4%: lo sconto dell’Ops rispetto ai valori a cui tratta la banca di Nagel è sceso al 9,5%.

Ma quali sono le critiche mosse all’offerta? In primo luogo Mediobanca ritiene che «non abbia valenza industriale pregiudicando l’identità e il profilo di business» della banca, «focalizzato su segmenti di attività a elevato valore aggiunto e con evidenti traiettorie di crescita». Il cda – sulle cui valutazioni si sono astenuti i consiglieri Sandro Panizza e Sabrina Pucci in quota Delfin e Caltagirone – prospetta un «cospicuo deterioramento» delle attività di investment banking e wealth management, ipotizzando una diaspora tra la clientela, anche a favore di «banche estere», emorragia che potrebbe essere «accompagnata dalla perdita delle migliori risorse umane» mentre l’assenza di «sovrapposizioni di reti distributive» preclude «apprezzabili sinergie di costo».

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Secondo Mediobanca l’offerta è inoltre «negativamente caratterizzata dalla difficoltà a determinare il valore intrinseco» di Mps, il cui patrimonio deve fare i conti con «rilevanti attività fiscali, attività deteriorate e rischi di contenzioso legale (3,3 miliardi), indicatori di rischio peggiori rispetto alle altre banche italiane» e una concentrazione geografica che vede il «70% delle filiali al centro-sud Italia», un focus sulle pmi e l’assenza di fabbriche prodotto. Ne deriva l’assenza di un «razionale finanziario», con il rischio di «un forte pregiudizio» sugli utili, «previsti in crescita», di Mediobanca, e in fronte di un consensus che vede «un calo» dei profitti di Mps, con l’effetto di penalizzare i «multipli valutativi» di cui Piazzetta Cuccia gode rispetto a Siena. «Il calo del titolo Mps dopo l’annuncio ne testimonia la fragilità del corso di Borsa, che rende improbabile il buon esito dell’operazione».

Fonti vicine all’offerta di Mps hanno replicato che «la natura industriale della business combination è talmente ovvia che la stessa Mediobanca ha deciso di includere ormai da tempo nel proprio perimetro lo stesso credito al consumo», attività «certamente» non di investment banking ma «molto più nelle corde di una banca commerciale». Non sarà Mps «a pregiudicare l’identità» di Mediobanca, al cui utile – viene fatto notare – le attività di investment banking e wealth management contribuiscono «solo per il 35% circa» a fronte di «circa il 30%» di Compass mentre «la parte del leone» (40%) la fa Generali. La cui quota del 13% – vera «attività a valore aggiunto e trend di crescita» di Mediobanca – è quella che contribuisce «in modo importante» al valore di Borsa di Piazzetta Cuccia.

L’offerta, oltre che dal mercato, una volta notificata, sarà attentamente vagliata dalle authority, a partire dalla Bce. Trattandosi di un’aggregazione di rilievo sistemico, ci si attende che Francoforte sia certamente esigente su aspetti come il modello di business e la capitalizzazione. La soglia indicata come obiettivo al quale si è vincolata l’Ops (il 66,7%) è però allo stesso livello di quello che potrebbe essere imposto nel caso di acquisizioni per questa tipologia di banche. Un’ultima notizia riguarda il patto di consultazione di Mediobanca che ha sempre sostenuto il management e ha visto la Finprog della famiglia Doris apportare ulteriori 1,88 milioni di azioni. La quota complessivamente vincolata al patto – ma che non vale per i singoli azionisti ai fini dell’adesione all’Ops – è salita dall’11,4 al 11,62%.

(Unioneonline)

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