la Terra dei fuochi dall’inizio

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Una manifestazione contro i roghi nella Terra dei fuochi – Fotogramma

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Negare, negare sempre e comunque, è stato così per decenni. Mentre la camorra, pezzi d’industria e pezzi d’istituzioni sversavano qualsiasi porcheria assassina nella Terra dei fuochi, dove vivono più o meno tre milioni di persone: «Si può affermare che l’ecomafia veste i panni della camorra», scrive la Direzione nazionale antimafia nella sua Relazione 2008, e che la Campania resta «ricettacolo di rifiuti il cui traffico è organizzato anche, probabilmente soprattutto, fuori dal suo territorio». Poi, nel 2009, sempre la Dna racconta che in Campania «i dati sono veramente drammatici» e «in alcune circostanze, proprio appartenenti alla pubblica amministrazione sono i primi conniventi con le organizzazioni criminali». Non basta.

Non basta neanche il sacrificio di Roberto Mancini, poliziotto, Medaglia d’oro al valore civile («per essersi prodigato, nell’ambito della lotta alle ecomafie, nell’attività investigativa in Campania»), che il 12 dicembre 1996 consegna 239 pagine d’informativa con nomi, luoghi e dettagli dei traffici di rifiuti in Terra dei fuochi e che per questo sarebbe morto di tumore il 30 aprile 2014. Informativa “dimenticata” nella Procura di Napoli per quattordici anni…

La storia però esplode il 19 luglio 2012, quando Avvenire svela che «negli ultimi venti anni in provincia di Napoli si sono avuti incrementi percentuali del tasso di mortalità per tumori del 47% fra gli uomini e del 40% tra le donne, incrementi che sono stati rispettivamente del 28,4% e del 32,7% anche in provincia di Caserta». Mentre in Italia, negli stessi ultimi venti anni, «i tassi sono viceversa rimasti tendenzialmente stabili» e «al Nord sono addirittura diminuiti». Come meticolosamente annota, spiega e certifica lo studio sui Comuni campani, appena concluso dall’Istituto nazionale per i tumori Pascale di Napoli e ancora inedito”. A proposito, nel 2017, ancora la Dna scriverà: quella ambientale è una «criminalità pericolosissima» e spesso veste «i panni di quella stessa legalità cui arreca pregiudizio». Mentre cresce «anche la scarsa attività di prevenzione», se non addirittura aumentano «le connivenze tra imprese e organi preposti alla vigilanza».

Meno d’un anno dopo, il 17 giugno 2013, il generale Sergio Costa comanda la Forestale della Campania e lo dice chiaro: «Le zone a nord di Napoli e sud di Caserta sono terre devastate. Devastate dal punto di vista ambientale». Cioè qui, lo si neghi o meno, si muore di rifiuti tossici. Nel frattempo, proprio l’Istituto Pascale non si pronuncia. Fino al 14 aprile 2014, quando l’allora direttore generale, Tonino Pedicini, sottolinea che «si è sposato un atteggiamento negazionista, che non ha nulla di scientifico, ma solo volontà di quieto vivere». Qualche mese e Giuseppe Pennisi, magistrato che nella Dna è l’esperto di traffico dei rifiuti, a settembre parla dello «scempio» fatto in Terra dei fuochi, «grazie al fondersi degli interessi del padrone crimine economico e del servo crimine mafioso».

Fine 2015. L’Istituto superiore di sanità certifica che «il quadro epidemiologico» della popolazione della Terra dei fuochi «è caratterizzato da una serie di eccessi della mortalità e dell’ospedalizzazione per diverse patologie a eziologia multifattoriale che ammettono fra i loro fattori di rischio accertati o sospetti l’esposizione a un insieme di inquinanti ambientali che possono essere emessi o rilasciati da siti di smaltimento illegale di rifiuti pericolosi e/o di combustione incontrollata di rifiuti sia pericolosi, sia solidi urbani». Non solo, per quanto riguarda la salute infantile, «emerge un quadro di criticità meritevole di attenzione, in particolare eccessi di bambini ricoverati nel primo anno di vita e per tutti i tumori nel primo anno di vita e nella fascia di età 0-14 anni».
Finita? Macché. Nella Terra dei fuochi alcune gravissime patologie (dal tumore al seno all’asma, da varie forme di leucemie alle malformazioni congenite) sono legate allo smaltimento illegale dei rifiuti, racconta il rapporto prodotto il 10 febbraio 2021 dall’accordo stipulato nel giugno 2016 tra la Procura di Napoli Nord e l’Istituto superiore di Sanità. Dice Francesco Greco, Procuratore di Napoli Nord, Francesco Greco: le bonifiche «devono partire immediatamente», per contrastare «l’emergenza più importante per Caserta e Napoli dopo il Covid».





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