Indagine sul Gruppo Qcs a Pontedera: chi sono gli indagati

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PONTEDERA. L’indagine è partita da un commercialista campano che lavora in Toscana. Subito dopo è arrivata a Pontedera, dove opera il consorzio Gruppo Qcs, ha sede in via Campania, che fornisce manodopera ad altri consorzi e aziende che lavorano nel settore delle macellerie e della lavorazione della carne più in generale. Sono 17 le misure cautelari personali eseguite. Sei custodie cautelari in carcere e di queste tre sono state eseguire in provincia di Pisa, una in provincia di Firenze e due in provincia di Livorno) oltre a una misura degli arresti domiciliari e 10 interdizioni con divieto di ricoprire uffici direttivi di persone giuridiche e imprese. Disposti anche sequestri preventivi, anche per equivalente, ai fini della confisca, di beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie fino all’ammontare di circa 30 milioni di euro. Dietro al maxi giro, secondo gli inquirenti, un articolato sistema fatto di false fatture ed indebite compensazioni con parte dei proventi che sarebbero finiti nelle casse dei clan del casertano.

Il commercialista

L’indagine della Dda di Firenze, ha portato ad ipotizzare l’esistenza di una consorteria criminale, con elementi di contiguità ad organizzazioni delinquenziali di matrice camorristica, che ha manifestato interessi in Toscana ed operatività in Campania ed Emilia-Romagna. Figura chiave viene ritenuta quella del commercialista di Torre del Greco, con studio a Torre Annunziata e Poggibonsi, che avrebbe avuto rapporti continuativi con pregiudicati, anche per reati di mafia nell’ambito del territorio campano, nonché con un gruppo di soggetti già coinvolti nella commissione di delitti economico-finanziari vicini ad organizzazioni criminali. Gli approfondimenti investigativi sul professionista, stando alle accuse, hanno consentito di individuare numerose aziende, prevalentemente intestate a prestanomi, attive nel settore della lavorazione delle carni presso i macelli o centri di lavorazione, attraverso cui veniva operato un sistema di indebite compensazioni e false fatturazioni; riscontrare la disponibilità da parte dello stesso gruppo con una rete di circa 600 dipendenti (stranieri e campani) impiegati come manodopera in forza a società sempre riconducibili alle stesse persone; far emergere che la professionalità del commercialista e le sue capacità nel creare società fittizie attraverso cui realizzare profitti illeciti mediante artifici contabili è stata utilizzata dalla struttura operante in Toscana.

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Il consorzio

Le successive indagini – effettuate con intercettazioni telefoniche e riscontri documentali – hanno permesso di ricostruire un sistema di frode basato sull’illecito distacco di manodopera, sulle indebite compensazioni per estinguere debiti tributari e sulle cessioni di crediti fiscali inesistenti, nonché sull’emissione e l’utilizzo di fatture relative ad operazioni economiche inesistenti, realizzate da società tutte riconducibili alla consorteria criminale. In particolare, gli inquirenti, stando a quanto è stato spiegato, hanno individuato una struttura su tre livelli. Il primo costituito dalle imprese “capofila” che avrebbero garantito flussi finanziari grazie all’esercizio di una reale attività lavorativa necessaria per garantire uno schermo di “legalità” per dissimulare i passaggi finanziari fraudolenti realizzati grazie alle false fatturazioni.

Un ruolo centrale

La figura societaria centrale di cui si sono serviti i componenti del sodalizio criminoso è un consorzio con sede a Pontedera che avrebbe agito attraverso le sue consorziate stipulando contratti, leciti, con alcune società anche toscane operanti nel settore delle carni e impiegando complessivamente circa 600 persone. È emerso che, in realtà, le decisioni afferenti all’impiego della manodopera nonché i rapporti con i soci, i rappresentanti legali e di fatto delle società, i fornitori delle società consorziate erano centralizzati e facenti capo agli uffici amministrativi del consorzio stesso.

L’ordinanza

L’ordinanza del Gip è stata eseguita dai militari dei comandi provinciali della guardia di finanza di Firenze e Modena, del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata e della polizia di Stato di Siena (coadiuvata nella circostanza dalle Questure di Livorno, Firenze, Pisa e Napoli e dal Reparto prevenzione crimine Toscana) in Toscana, Lazio, Emilia Romagna, Veneto, Campania e Calabria. L’indagine della Dda di Firenze è iniziata nel 2021. «Sono così emersi, spiega il procuratore capo Filippo Spiezia in un comunicato, i rapporti continuativi del professionista con pregiudicati, anche per reati di mafia nell’ambito del territorio campano, nonché con un gruppo di soggetti già coinvolti nella commissione di delitti economico-finanziari vicini ad organizzazioni criminali». 



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