BELLUNO – Potrebbe essere suggestione, ma nei tavoli del ristorante sembra di vedere sempre più caraffe di acqua e meno calici di vino, e chi si “avventura” nel bere un bicchiere in più, avverte l’ansia di poter sforare i limiti di alcol ammesso nel sangue, la fatidica soglia di 0,5%. Sì perché anche nel Bellunese non mancano gli effetti del nuovo codice della strada sul mondo della ristorazione. «La vendita di vini al ristorante non si è fermata, ma è diminuita di circa il 20%», fa sapere Mauro Cavalet, consigliere provinciale Fipe, la Federazione Italiana Pubblici Esercizi, e prosegue: «Magari si predilige il calice piuttosto che la bottiglia, che invece si sceglie solo quando al tavolo si è in quattro o anche di più».
Il tutto con conseguente ripercussioni sulle entrate degli esercenti. Intanto anche l’associazione sommelier è costretta ad abbassare il numero di campioni delle degustazioni.
LE STRATEGIE
Qualche locale, specie di altre province, ha sperimentato la “wine bag”, ovvero portare a casa il contenuto della bottiglia non consumata al ristorante. «In provincia di Belluno ancora non ha preso piede questa modalità», afferma Cavalet, che prosegue: «Già qualche anno fa quando era partita la doggy bag circa la metà dei clienti la rifiutavano. Credo che la strada per noi ristoratori sia la vendita al calice dove si ricarica qualcosa in più e ci si ripaga la bottiglia». Una strategia per essere nei limiti di legge quando ci si mette al volante potrebbe essere bere un bicchiere con minor gradazione alcolica. «I clienti generalmente non guardano la percentuale di alcol – continua Cavalet -, ma maggiormente la tipologia di vino in abbinamento al pasto. Ci sono dei clienti che arrivano con l’etilometro portatile, specie chi si sposta in auto per lavoro, anche se in realtà già da tempo chi è al lavoro con mezzi aziendali dovrebbe essere a zero alcol. Ricordo anni fa dove si metteva in mezzo al tavolo a pranzo un fiasco da due litri. Ora magari l’artigiano il suo bicchiere lo beve ancora ma i dipendenti, rappresentanti o lavoratori nei cantieri stanno molto più attenti perché sono consapevoli dei possibili guai ai quali andrebbero incontro come dipendenti».
LE DIFFICOLTÀ
C’è poi chi del vino ha scelto di farne una professione sono i sommelier. A Belluno l’Ais (Associazione italiana sommelier) conta 344 soci e annualmente organizza corsi a Belluno, Feltre e Cortina. «Per noi qualche problemino è sorto – afferma Ivan Del Puppo, delegato provinciale Ais -. Vogliamo anzitutto capire questi nuovi sistemi di rilevazione come gli stick in farmacia se possono essere validi strumenti oppure no. L’indirizzo che diamo anche ai soci è quello di bere responsabili, ma è evidente che quando facciamo una degustazione dei campioni dobbiamo ingerirli». Così sono corsi ai ripari con alcune iniziative: «Per verificare la percentuale di alcol abbiamo pensato di acquistare strumenti per lavorare più tranquilli, ma al momento ci sono dubbi sulla loro corretta taratura, che può quindi incrementare ulteriormente il problema anziché risolverlo. Speriamo che qualche ditta sperimenti un sistema anche per i professionisti obbligati ad assumere alcol».
I TIMORI
Il sommelier è un mestiere che si svolge spesso nei ristoranti, e molti iscritti sono esercenti della ristorazione stessi. «La paura nella gente c’è, lo vedo anche nei ristoranti – prosegue Del Puppo -. Vedremo come sarà l’interesse per i corsi che partiranno a febbraio. C’è voglia di formazione anche in vista delle Olimpiadi, tanto che lo scorso anno abbiamo avuto circa 70 corsisti, e 27 nuovi sommelier erano tutti operatori del settore». «Nei corsi abbiamo la degustazione di tre campioni di vino, ma solo un assaggio, e quindi staremo tranquillamente sotto la soglia di 0,5 – riflette il referente dei sommelier -. Nelle degustazioni che organizziamo periodicamente invece facevamo assaggiare in genere 10-12 campioni e ora abbasseremo sicuramente questa quota, incentrandola anche sull’abbinamento cibo-vino che cambia molto. Questa nuova taratura la stiamo già predisponendo in vista dei prossimi eventi degustazione del 2025».
Infine la prospettiva dei vini dealcolati. «L’alcol è una componente importante del vino – conclude Del Puppo – quando si parla di amaroni abbiamo un 16%, che è una percentuale di prodotto importante. Se prendessero piede tali prodotti con minore quantità alcolica, dovremo ripensare i nostri parametri di riferimento nella tecnica di degustazione».
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