Nella Sentenza n. 1285/2025, depositata il 20 gennaio 2025, la sezione tributaria della Corte di Cassazione ha affermato il principio per il quale l’accertamento con adesione relativo ad uno specifico periodo di imposta non determina alcun vincolo in capo all’Amministrazione finanziaria per l’attività di verifica avente ad oggetto le annualità successive.
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La vicenda
La controversia prende le mosse dal ricorso proposto da una società contribuente avverso un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate per il recupero della maggiore imposta dovuta sui dividendi percepiti in riferimento al periodo d’imposta 2008.
L’Amministrazione finanziaria contestava alla società, ai sensi dell’articolo 37-bis del D.P.R. n. 600/1973 (oggi soppresso), la realizzazione di una condotta elusiva per mezzo di un’operazione economica di “leveraged cash out” perfezionata nel 2004.
In dettaglio, secondo la prospettazione proposta dall’Ufficio, i soci della contribuente avevano trasferito le proprie partecipazioni ad altra società neo-costituita utilizzando – formalmente – lo schema della cessione di partecipazioni, invece della più lineare operazione di conferimento. Ciò, in tesi, al precipuo fine di conseguire un indebito vantaggio d’imposta, pari alla mancata tassazione dei dividendi distribuiti, che invece la società trattava alla stregua di un ripianamento del debito assunto per l’acquisto delle partecipazioni.
Dopo il primo grado di giudizio sfavorevole alla società, quest’ultima proponeva appello innanzi alla CTR competente. I giudici del gravame accoglievano l’impugnazione rilevando che, già nell’ambito dell’accertamento con adesione intervenuto nei confronti di uno dei soci per l’anno d’imposta 2004, l’operazione de qua era stata inquadrata come “cessione” di partecipazioni; dacché, per le successive annualità, doveva ritenersi precluso all’Ufficio (ri)qualificare la medesima fattispecie in termini di conferimento, identificando, per l’effetto, le somme percepite dai cedenti alla stregua di dividendi.
Avverso la sentenza l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione, articolato in cinque motivi.
Con il secondo e terzo motivo di ricorso, rilevanti ai fini della decisione, l’Agenzia delle Entrate contestava le argomentazioni poste a fondamento della pronuncia di secondo grado. In particolare, l’Ufficio censurava la decisione per avere i giudici affermato, da un lato, che l’accertamento con adesione intervenuto per un precedente anno nei confronti di un socio, persona fisica, fosse vincolante anche nei confronti della società, così da precludere l’adozione e notifica di un atto impositivo avente differente contenuto; dall’altro lato, che tale effetto vincolante dipenderebbe dalla inscindibilità della posizione dei due soggetti, con riguardo agli accertamenti compiuti e alle pretese conseguentemente avanzate nei loro confronti.
La decisione
La Cassazione, con la sentenza in commento, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, disponendo il rinvio ad altra sezione della Corte di giustizia tributaria competente affinché proceda a nuovo esame.
Nel motivare la propria decisione, il Supremo Collegio ha dapprima ricordato che l’accertamento con adesione vincola sia il contribuente, sia l’Amministrazione finanziaria, precludendo a quest’ultima di svolgere ulteriore attività accertatrice in merito al (solo) periodo di imposta oggetto di adesione. Richiamando consolidata giurisprudenza, la Cassazione ha ricordato che in materia tributaria, pur essendo il risultato dell’accordo tra Amministrazione e contribuente, l’accertamento con adesione costituisce pur sempre una “forma di esercizio di potere impositivo non assimilabile, in quanto tale ad un atto di diritto privato […] stante la disparità delle parti e l’assenza di discrezionalità in ordine alla pretesa tributaria”. Dunque, trattandosi di un accordo di carattere pubblicistico, esso non è soggetto alle regole civilistiche della transazione, bensì soggiace alla disciplina di cui al D. Lgs. del 19 giugno 1997, n. 218 (cfr. anche Cass. 26 maggio 2021, n. 14568).
Fatta questa premessa, la Corte ha rilevato tuttavia che la stessa natura dell’accordo ne limita l’efficacia entro il confine oggettivo, contenutistico e temporale della definizione raggiunta tra le parti (definizione che, nella specie, aveva peraltro ad oggetto esclusivamente il quantum debeatur).
Alla luce di tali elementi, la Suprema Corte ha accolto le censure di parte erariale, affermando il principio per il quale l’istituto dell’accertamento con adesione, previsto dal D.Lgs n. 218/1997 cit., vincola le parti soltanto con riferimento al periodo d’imposta interessato dall’accordo, mentre non impedisce all’Amministrazione finanziaria di agire ai fini dell’accertamento per le successive annualità. Tanto più che – in presenza di condotte elusive – ad avviso del Collegio “il contribuente non può considerarsi sorpreso dall’attività accertatrice dell’Amministrazione finanziaria”.
M.A.G.
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