Buscemi, Bonura e Sansone: i vecchi boss scarcerati erano tornati a comandare a Palermo. “Come nasciamo dobbiamo morire”

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“Abbiamo certe idee e le nostre idee sono sempre quelle che devono andare avanti, i nostri principi, perché poi moriamo, buttiamo il sangue”. “L’importante quello è, però così dobbiamo morire, come nasciamo dobbiamo morire”. Le parole dei due anziani uomini d’onore rispecchia cosa rappresenta per loro ancora oggi la mafia. Da una parte c’è il 72enne Girolamo Buscemi, detto “Mummino”, referente del mandamento di Passo di Rigano, e dall’altra l’82enne Francesco Bonura, già imprenditore edile e uomo d’onore della stessa famiglia. I due vecchi boss sono usciti dal carcere dopo anni di detenzione, eppure una volta in libertà, sono tornati a riprendere le redini dei territori che controllano da generazioni, gestendo appalti pubblici, autorizzazioni, concessioni, estorsioni, riscossione crediti, attività commerciali fino al procacciamento di voti per le elezioni.

L’indagine – I due vecchi boss sono stati arrestati insieme ad altre 17 persone, 22 gli indagati in tutti, nell’inchiesta della Dda di Palermo, coordinata dal procuratore capo, Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Marzia Sabella e dal sostituto Giovanni Antoci. Si tratta della prosecuzione dell’operazione antimafia di luglio 2019, quando in carcere finirono i referenti del mandamento di Passo di Rigano, a partire da Tommaso Inzerillo e Giovanni Buscemi, detto “Farfalla”, e della famiglia di Uditore, formata dai fratelli Gaetano e Giuseppe Sansone. Secondo le indagini della squadra mobile di Palermo guidata da Marco Basile e la Sezione criminalità organizzata, il vuoto venutosi a creare dagli arresti del 2019, è stato colmato da Buscemi, fratello di Giovanni, e da Agostino Sansone (76 anni), fratello di Gaetano e Giuseppe. A loro si è aggiunto l’anziano Bonura, “già storico e influente sottocapo della famiglia di Uditore, tornato in libertà il 13 novembre 2020”, dopo vent’anni di carcere.

I tre vecchi padrini – Sulla carta imprenditore edile, ma per gli inquirenti sarebbe il reggente della famiglia mafiosa di Uditore. Agostino Sansone è storicamente legato a Totò Riina, tanto che ha costruito insieme ai fratelli Gaetano e Giuseppe il complesso residenziale di via Bernini a Palermo, dove il capo dei capi visse gli ultimi anni della sua latitanza. Sansone è finito in manette pochi giorni prima delle comunali di Palermo di giugno 2022 con l’accusa di voto di scambio politico mafioso. Tornato in libertà dopo l’assoluzione in primo grado, è in attesa della sentenza di appello. Girolamo Buscemi invece, fratello di Giovanni, in passato è stato processato per mafia ma poi assolto in Cassazione. Anche Bonura è un imprenditore edile legato ai corleonesi Riina e Bernardo Provenzano, a cui durante la pandemia Covid erano stati concessi i domiciliari, poi revocati in meno di un mese.

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“Non diamo confidenza a nessuno” – In questi anni, gli investigatori hanno ascoltato e monitorato gli incontri dei vecchi boss ritornati in libertà. Li hanno sentiti parlare non solo di affari e alleanze, ma anche su come cambiava pelle Cosa nostra, sull’inaffidabilità dei sodali dell’Acquasanta, e sugli affiliati diventati collaboratori di giustizia e definiti “sbirri”. “Ormai la (Acquasanta, ndr) non diamo più confidenza a nessuno, a chi gliela devo dare sta confidenza?” domanda Buscemi. “Con Enzo Galatolo, mischino, non so se è ancora vivo… suo figlio lo accusava, sua figlia lo accusava, suo nipote lo accusava, insomma è combinato che… è quello mischino si faceva la galera!”, dice Bonura. “Quest’altro l’ultimo, il più piccolo… un folle meglio di lui è… il più piccolo di tutti, che si è fatto sbirro l’anno scorso, il Vito, quello Galatolo, quest’altro pezzo di brunello…”, aggiunge Buscemi. “I parenti del Fontana pure… perché, i figli del Fontana non si sono fatti pure sbirri??”, replica Bonura. Un chiaro riferimento a Gaetano Fontana, figlio di Stefano boss dell’Acquasanta, che ha reso dichiarazioni agli inquirenti.

L’omertà dell’uomo d’onore – Buscemi e Bonura parlano anche delle nuove generazioni di criminali. “C’è ogni tanto qualche scemo che ancora va facendo lo stupido a domandare il pizzo… ancora forse non lo hanno capito che questa strada la devono finire”, dice Buscemi. “Là, se vogliono lavorare in mezzo a quella porcheria, c’è chi ci vuole lavorare. Ma andarci a domandare, per andarsi a fare 15 anni”, replica Bonura. Per gli investigatori “quella porcheria” sarebbe il traffico di droga. “Chi ci vuole lavorare, no Franco! Quindici anni di carcere senza mangiare…”, aggiunge Buscemi. “Io una lira di queste situazioni non l’ho presa mai”, spiega Bonura alludendo di non aver mai preso proventi da quel genere di attività. La loro visione è quella di uomini d’onore di altri tempi, con valori mafiosi radicati alle vecchie tradizioni. “Abbiamo certe idee e le nostre idee sono sempre quelle che devono andare avanti, i nostri principi, perché poi moriamo, buttiamo il sangue”, dice Bonura. “L’importante quello è, però così dobbiamo morire, come nasciamo dobbiamo morire”, replica Buscemi. “È venuto quello a dirmi, la prima, la seconda, il direttore, il chi, il come, i sbirri, mi venivano a spronare tutti perché volevano sapere: i politici, di questo, di quello… per dirti la verità verità, ammesso che io avessi un rapporto con qualcuno, o l’ho avuto, e ho avuto fiducia in quelle persone, e io, mi tradisci a me – spiega Bonura -. Oggi, potessi avere dico, no un mitra, ‘tu tu’, fare e dire, ma a chi mi ha fatto bene che ho stimato per il passato, io non lo tocco, fate quello che volete, mi volete fare l’ergastolo, datemelo…”.

Bonura e “Mafia e Appalti” – Il silenzio di Bonura sarebbe legato a vecchie storie risalenti agli anni ’90. Di recente la procura di Caltanissetta, guidata da Salvatore de Luca, ha puntato i riflettori su una vecchia indagine: i pm hanno riascoltato alcune intercettazioni degli anni ’90 in cui sarebbe emerso l’interessamento dell’allora imprenditore e politico democristiano Ernesto Di Fresco, già presidente dell’Amministrazione provinciale di Palermo, per aggiustare il processo di appello che vedeva imputato proprio Bonura per il duplice omicidio Chiazzese-Dominici, poi assolto sia in Corte di assise che in secondo grado. Per questa vicenda sono finiti sotto inchiesta, con l’accusa di aver insabbiato l’indagine, gli ex magistrati Gioacchino Natoli e Giuseppe Pignatone e l’allora capitano della Guardia di Finanza, Stefano Screpanti.

La cassaforte dei boss – Il gip Antonella Consiglio ha disposto i sigilli a sette società che sarebbero conducibili ai boss, tra cui la Golden Blu costruzioni Srl e la Società Cooperativa Futura. A queste si aggiungono Florens Srl, VB Immobiliare Srl e Ad Astra Re Srl che secondo gli inquirenti sarebbero state le “cassaforti” di Bonura. Ma anche la discoteca Notr3, riconducibile ad Alessandro Costa (arrestato) negli interessi della famiglia Sansone. In manette è finito anche l’architetto Mauro Pace, accusato di estorsione insieme a Roberto Sansone, perché avrebbe costretto un costruttore a pagare oltre 170 mila euro per lavori mai svolti dall’impresa dei Sansone.



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