Aumentano anche le aziende agricole ma resta il problema della giusta remunerazione dei raccolti, soprattutto per i cereali
Secondo i dati del Bioreport 2023, il decimo dossier compilato dalla Rete Rurale Nazionale per monitorare gli andamenti dell’agricoltura biologica in Italia, in Campania la Sau dedicata è cresciuta dell’1,1% rispetto all’anno precedente. Confagricoltura Campania rileva la posizione impegnata da aziende e produzioni in tutte e cinque le province e sottolinea la spiccata prevalenza dei seminativi e della frutta a guscio.
La documentazione prodotta da Rete Rurale Nazionale avvalora i dati Istat e Ismea, che censiscono la Campania come una delle regioni italiane con una buona estensione di terre coltivate in biologico, soprattutto nelle provincie di Salerno, Avellino, e Benevento. Accende i riflettori sui dati appena pubblicati, l’organizzazione professionale guidata da Fabrizio Marzano: «Con 102.895 ettari di Sau destinata al biologico, la regione raggiunge un’incidenza del 20,9% sulla Sau totale, segnando una crescita dell’1,1% rispetto all’anno precedente. Le aziende biologiche campane, sebbene caratterizzate da una dimensione media di 15,1 ettari, spiccano per la specializzazione nei seminativi (41% della Sau biologica regionale) e nella produzione di frutta in guscio (oltre il 10%). Tali risultati riflettono la vocazione territoriale e la qualità delle colture tipiche locali” si legge nella nota diffusa dall’organizzazione.
Sempre più aziende
Sempre nel report si legge che in dodici mesi il numero degli operatori biologici in Campania è cresciuto significativamente, raggiungendo quota 7.473 (+2,1% rispetto al 2022). Tra questi, i produttori esclusivi sono 6.244 (+2,5%), mentre produttori/trasformatori e trasformatori esclusivi registrano variazioni lievemente positive (+0,2%). Secondo i vertici di Confagricoltura Campania l’agricoltura biologica rappresenta un pilastro fondamentale per lo sviluppo sostenibile dell’economia regionale.
Restano in piedi però, ambiziose sfide, come “l’ampliamento della dimensione media delle aziende, la diversificazione produttiva e il miglioramento dell’accesso ai mercati. Investire nella trasformazione delle materie prime biologiche sarà fondamentale per accrescere il valore aggiunto del settore”. E non solo. Come rileva il Bioreport, il supporto pubblico risulta fondamentale per smorzare gli effetti negativi sulla remunerazione delle aziende agricole biologiche, per le quali il finanziamento pubblico rappresenta oltre il 40% del reddito medio.
Il problema prezzi
Gi addetti ai lavori denunciano che spesso non si riesce a dare il giusto valore al biologico, e che la forbice di prezzo tra un grano convenzionale e uno biologico è di 10 euro sul mercato. Gli studi degli accademici campani registrano che il costo sostenuto dagli agricoltori per produrre un quintale di grano biologico varia dai 70 agli 80 euro, mentre la borsa batte un prezzo che varia dai 45 ai 50 euro. Insomma, senza gli aiuti di Stato l’agricoltura biologica sarebbe in rosso.
La vera difficoltà è in capo alle micro aziende dedite al biologico, che non riescono a coprire i costi dei virtuosismi. A questo si aggiunge che la conversione al bio richiede tre anni, e in attesa del trasferimento delle quote di aiuti, i prodotti vengono venduti come convenzionali. La richiesta che arriva dal basso è quella di posizionarsi sul mercato con un benchmark importante, che al momento manca del tutto.
Territori e specificità
«Oggi l’agricoltura biologica è distribuita in modo differenziato nelle cinque province campane, ciascuna con specificità produttive e vocazioni territoriali – precisa Marzano –. Napoli si caratterizza per una forte presenza di coltivazioni specializzate come il melo e altri frutteti. Il contributo è significativo per la filiera locale e la commercializzazione diretta. Salerno è leader regionale per superficie biologica, specializzata in frutta, olivicoltura e prodotti ortofrutticoli destinati anche all’export, dove le aziende si distinguono per l’innovazione nei metodi agronomici. Ad Avellino la coltivazione biologica si concentra prevalentemente su frutta in guscio e cereali, favorita dalle condizioni climatiche dell’Irpinia. A Benevento si registra una elevata incidenza di foraggere biologiche e olivicoltura, in un contesto di agricoltura sostenibile che evidenzia una crescente attenzione alla sostenibilità ambientale. A Caserta c’è particolare attenzione alla viticoltura biologica e un equilibrio tra seminativi e colture permanenti».
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