Affitti brevi: cosa cambia nel 2025 con la nuova normativa in materia

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Per decenni privo di alcuna regolamentazione, ad oggi il settore degli affitti brevi è, invece, uno dei più attenzionati dal regolatore che, con il plauso da parte dei soggetti che operano in modo specializzato sul mercato, che non lesinano, tuttavia, alcune critiche, sta cercando di colmare il gap normativo, promulgando nuovi decreti con l’obiettivo di assicurare una sempre maggiore trasparenza nel settore, tutelando così l’attività sia degli operatori che dei turisti.

Le novità più recenti sono quelle introdotte dal decreto del ministero del Turismo del 6 giugno 2024, contenente le regole che disciplinano, da un lato, il funzionamento della Banca Dati nazionale delle strutture ricettive e degli immobili destinati alla locazione breve o per finalità turistiche (portale telematico BDSR) e dall’altro, le modalità di interoperabilità tra quest’ultima e le singole banche dati regionali e delle province autonome.

Lo strumento della BDSR, oltre alla finalità di coordinamento informativo tra i dati dell’amministrazione statale e quella territoriale, consente di ottenere una mappatura degli immobili ad uso ricettivo a livello nazionale, provando così a contrastare quei fenomeni irregolari di attività turistica che danneggiano non solo gli operatori professionali ma anche, a vario titolo, il consumatore finale.

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La banca dati contiene, infatti, una molteplicità di informazioni che vanno dalla tipologia di alloggio, alla sua ubicazione e capacità ricettiva, alla denominazione del soggetto che esercita tale attività e il codice identificativo regionale (CIR). Essa, adottata in accordo con le regioni e con le province autonome di Trento e Bolzano, introduce parametri omogenei su scala nazionale, semplificando così l’attività degli operatori, fornendo uno strumento di maggior tutela per gli utenti e agevolando la collaborazione tra istituzioni (Ministero e autonomie locali) e le imprese.

In particolare, come disposto dal decreto, il portale BDSR è stato sottoposto ad una prima fase ‘pilota’, avente l’obiettivo di assicurarne l’entrata in vigore e, successivamente, verificarne il funzionamento a regime e, di conseguenza, risolvere le criticità di natura tecnica ed informatica rilevate nel corso del periodo di testing.

La fase pilota si è conclusa il 3 settembre 2024 con la pubblicazione dell’avviso sulla Gazzetta Ufficiale che attesta il passaggio alla messa in esercizio di tale strumento telematico su tutto il territorio nazionale. L’avviso, inoltre, ha fissato per l’inizio del 2025 il termine per richiedere il Codice Identificativo nazionale (CIN) al fine di garantire piena uniformità di applicazione della disciplina su tutto il territorio nazionale.

“Come previsto dal decreto, entro il 1 gennaio 2025 abbiamo provveduto ad effettuare la richiesta del CIN per tutti gli immobili gestiti dalla nostra società. Adempimento che, essendo già in possesso del codice identificativo regionale (CIR) si è rivelato molto semplice”. Commenta così l’implementazione delle nuove regole Kristian Haci, co-founder della società KeyHost che dal 2022 gestisce immobili di pregio ad uso ricettivo nelle città di Milano e Firenze e che nell’anno in corso si propone di ampliare la propria offerta, annettendo nel portafoglio gestito proprietà a Venezia e Roma.

L’avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale stabilisce che, una volta ottenuto il CIN per ciascuna unità destinata alla locazione breve o per finalità turistiche, esso dovrà essere esposto all’esterno dello stabile in cui sono collocati gli appartamenti o le strutture e andrà indicato in ogni annuncio dove tale struttura venga promossa o pubblicizzata. A tal proposito, solleva un primo elemento di criticità Adil Ahmame, anche lui co-fondatore di KeyHost: “Avremmo ritenuto utile che le nuove regole contenessero anche standard di uniformità per le targhe sulle quali esporre il CIN, come già avviene per gli immobili ad uso foresteria. La mancanza di specifici parametri spesso si pone in contraddizione con i vincoli paesaggistici che vigono nei centri storici delle nostre città italiane”.

Tuttavia, se è vero che attraverso l’implementazione della BDSR la richiesta per l’emissione del CIN è stata uniformata, non è possibile dire altrettanto dell’ottenimento dello stesso. “A Milano il comune predispone dei controlli negli immobili e successivamente emette il CIN, a Firenze, invece, tale codice viene esposto in maniera automatica” continua così Adil Ahmame nel descrivere la differenza di operatività tra le città.

Il tema del contrasto ai fenomeni irregolari di attività turistica, a danno non solo degli operatori professionali ma anche del consumatore finale, è particolarmente rilevante per rappresentare le nuove dinamiche di un settore che prova ad affrancarsi dalle logiche amatoriali con cui è stato gestito da quando, all’inizio degli anni 2000, il mercato dell’hospitality si è allargato dalle forme più tradizionali rappresentate dall’hotellerie a quelle più contemporanee delle case vacanze che
spesso soddisfano le esigenze di una clientela che ricerca una maggiore flessibilità. Settore che, nonostante le limitazioni già in vigore in alcune città italiane (ha destato molte polemiche il caso di Firenze dove il Consiglio comunale ha ottenuto il blocco dei nuovi affitti brevi nel centro Unesco della città e sul quale il TAR dovrà pronunciarsi in modo definitivo nell’udienza prevista a maggio), non sembra conoscere crisi.

L’attenzione alla regolamentazione sembra però muoversi contemporaneamente alla necessità, portata alla luce dai sindaci sia delle città metropolitane che dei piccoli centri, di una maggiore autonomia nel controllo di questo fenomeno, soprattutto nell’ottica dell’overtourism, altro parametro che certamente comporterà un nuovo adattamento in un settore in costante cambiamento.

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