Il raddoppio della linea ferroviaria alta velocità Salerno-Reggio Calabria era il più grosso progetto infrastrutturale previsto dal piano, con un costo doppio del Ponte di Messina. Ma è stato di fatto cancellato, sia a causa di motivi costruttivi sia economici. Non aveva studi di fattibilità alle spalle, analisi indipendenti ne hanno messo in luce l’indifendibilità
In un convegno tenuto a Roma il 14 gennaio scorso è emersa non solo la conferma che il lotto centrale del raddoppio ad alta velocità Salerno-Reggio Calabria è cancellato, ma anche che vi sono solidi dubbi sul primo lotto, da Salerno a Praia a Mare. Forse l’investimento si fermerà a Romagnano, non molti chilometri dopo Salerno.
Parliamo del progetto infrastrutturale più costoso del PNRR, con un onere inizialmente previsto compreso tra i 22 e i 29 miliardi, tutti a carico delle casse pubbliche (anche se solo il primo lotto era formalmente finanziato dai fondi europei). Per intenderci, un costo di un ordine di grandezza doppio di quello del Ponte di Messina, deciso senza alcuno studio di fattibilità.
In quel convegno si parlava di «Sud depredato», ma il giorno successivo l’assessore ai lavori pubblici della Calabria, Stefania Caracciolo, ha dichiarato che non vi era nessuna perdita di risorse per la regione, perché comunque 12 miliardi rimanevano destinati all’AV calabrese, in quanto compresi nel Contratto di Programma delle Ferrovie dello Stato.
Ma quel “contratto” prevede ben 100 miliardi di investimenti futuri totali, e non ha mai costituito un reale vincolo di spesa. Si tratta cioè di risorse sperate, non certo valutate né allocate. Una sorta di pipe dream.
Alla cancellazione del lotto centrale per ragioni di non fattibilità tecnica si era arrivati un anno fa, molto in sordina, e questo la dice lunga sull’accuratezza delle decisioni di investimento del Pnrr.
Sembra anche evidente l’impossibilità di terminare lo stesso primo lotto nei tempi tecnici del Piano, che si esaurisce tra un anno. E senza il lotto centrale anche il primo ha richiesto probabilmente un ripensamento radicale. Ripensamento molto ragionevole: lo studio di fattibilità di questo lotto esiste, ma è stato affidato in clamoroso conflitto di interessi alle ferrovie stesse destinatarie dei fondi, e sembra davvero poco difendibile.
Questo sia sul piano dei costi (erano stimati a 7 miliardi prima dell’inflazione) sia dei benefici attesi, molto ottimistici (si ignorano persino i costi ambientali di cantiere, rilevantissimi e spesso tali da annullare quelli ottenibili dal cambio di modo di trasporto).
Una analisi indipendente ha portato a risultati molto negativi. E, si ricorda, una analisi ufficiale di fattibilità complessiva dell’intero collegamento AV Salerno-Reggio non è stata mai prodotta. Una valutazione semplificata ed estremamente ottimistica era stata prodotta da BRT, ed assumeva sia il valore più basso della forcella dei costi, sia che l’intero traffico aereo delle aree interessate dall’opera fosse captato dalla nuova linea AV. Ma nonostante queste eroiche assunzioni, i costi risultavano molto più elevati dei benefici sociali attesi, anche includendovi l’ambiente.
Dal convegno citato emerge il “rischio”, lamentato dagli organizzatori, che ci si limiti a velocizzare le linea esistente, in particolare rinunciando a collegare direttamente i capoluoghi di Cosenza e di Catanzaro. Ma è proprio la collocazione interna di questi due centri che comportava le difficoltà insormontabili alla realizzazione del secondo lotto, e la sua cancellazione. La scelta di velocizzare invece la linea costiera appare del tutto razionale, in quanto coerente sia con le risorse verosimilmente disponibili, che con la dimensione della domanda reale di traffico.
La linea attuale infatti è già in corso di miglioramento e consente velocità commerciali del tutto accettabili. Inoltre è lontana dalla saturazione: sulle tratte più cariche la capacità utilizzata è intorno al 50% di quella disponibile. Si pensi che il tracciato originale del progetto AV avrebbe generato risparmi di tempo di viaggio inferiori all’ora, a fronte di una capacità complessiva delle due linee dell’ordine dei 500 treni al giorno. Una capacità utilizzabile al massimo al 20%, e questo a fronte di un trend demografico in discesa.
Da questa poco edificante vicenda emerge la fragilità delle scelte infrastrutturali del Pnrr, basate su strumenti di valutazione inadeguati, contrari alla stessa normativa vigente poiché non sono state valutate più alternative, e dettati dalla fretta di avere progetti purchessia.
Progetti utili solo a creare consenso elettorale a breve termine e aspettative del tutto irragionevoli. Il modello macroeconomico che supporta il Piano infatti è della famiglia nota come di Valore Aggiunto, cioè non è destinato a confrontare scelte, ma solo a legittimare quelle già fatte. Inoltre, come se non bastasse, il documento assume candidamente che tutti i progetti abbiano “la massima redditività”.
Non c’è bisogno di valutare nulla, e quindi, con una coerenza davvero fantastica, le analisi specifiche dei progetti sono state affidate ai destinatari dei soldi. Cosa ci si aspettava da queste premesse se non risultati trionfali? Ma le conseguenze reali sono risultate pesanti: il maggior progetto è risultato infattibile, si sono create aspettative ora deluse, e non si sono valutati strategie e progetti certo più utili allo sviluppo del Mezzogiorno.
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