L’ira di Meloni indagata per il caso Almasri: «Atto gravissimo, non mi manderanno a casa con una scorciatoia giudiziaria»

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 


di
Monica Guerzoni

La premier: cercano la scorciatoia giudiziaria, ma io non sono ricattabile. Da palazzo Chigi a Fdi fino al resto della maggioranza si parla di«atto eversivo»

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

C’è una frase di tre parole che Giorgia Meloni ritiene il «manifesto» della sua storia politica e che ritorna ogni qualvolta la premier si sente sotto attacco: «Non sono ricattabile». È la formula che usò nell’ottobre del 2022 per ammonire Silvio Berlusconi ed è la stessa formula scandita nella conferenza stampa del 4 gennaio 2024, quando Meloni evocò minacce e ricatti da parte di «qualcuno» che, avendo perso il potere, avrebbe provato a intimidirla: «Ma io non mi spavento facilmente. Preferisco 100 volte andare a casa». Un anno dopo, ci risiamo. Di nuovo la premier si sente vittima di minacce. E il bersaglio del «non sono ricattabile» è quella parte della magistratura che lei ritiene «politicizzata, ideologica» e pronta a tutto nel tentativo di «mandarmi a casa non grazie ai voti dei cittadini, ma con una scorciatoia giudiziaria». «Toghe rosse», denunciano tra Palazzo Chigi, via della Scrofa e il gruppone parlamentare di FdI, dove il video-bomba sganciato dalla premier ha messo in moto una ola di solidarietà e orgogliose rivendicazioni.

 La leader è dipinta come «molto amareggiata», oltre che irata, per la comunicazione che i carabinieri le hanno recapitato alle due del pomeriggio e che nel suo staff, dal sottosegretario Fazzolari in giù, non ritengono affatto un atto dovuto. Per lei è stata la goccia in un bicchiere stracolmo, dopo la protesta dei magistrati e l’indagine della Procura di Roma sul presunto complotto ai danni di Gaetano Caputi, capo di Gabinetto di Palazzo Chigi, rivelato dal Domani. Un caso che, da quel che trapela, dovrebbe produrre una denuncia della Presidenza contro la Procura per violazione di segreto.
A Palazzo Chigi sono convinti che la carta bollata che Meloni ha impropriamente chiamato avviso di garanzia sia «una ritorsione» contro la riforma della giustizia. Sulla separazione delle carriere il governo andrà avanti più convinto di prima, a dispetto della rivolta dei magistrati. 




















































Tra i meloniani l’atto della Procura di Roma è visto anche come un assist insperato, che ricompatta una maggioranza in affanno per il caso Almasri e relega in secondo piano l’imbarazzo per le traversie giudiziarie della ministra Santanchè. Ma per la leader, la priorità è un’altra. È respingere quello che, nelle stanze con vista su Piazza Colonna, ritengono «un attacco al cuore della democrazia». Pensare di «mandare in galera il governo per aver assunto una decisione politica», cioè il rimpatrio in Libia del comandante Osama Almasri che si è macchiato di odiosi crimini, è una mossa «gravissima, inaccettabile e senza precedenti», si è sfogata Meloni con i ministri: «Giustizia a orologeria». A essere a rischio, per lei, sono la tenuta del sistema, la separazione e l’equilibrio dei poteri.
Temi cruciali, di cui Meloni non avrebbe però parlato con il presidente Sergio Mattarella. Tornata nel suo ufficio dopo la cerimonia al Quirinale, la premier ha liquidato il Cdm e si è chiusa con i colleghi indagati, Nordio, Piantedosi e Mantovano, per concertare la strategia e impostare le memorie difensive. Il sottosegretario ha inserito l’atto come foto sul suo profilo WhatsApp, scelta che indica il livello del dispiacere (e dell’arrabbiatura) per quella che, ai piani alti del governo, è vista come «una provocazione», destinata a cadere in Parlamento. Non senza malizia, fonti di governo ricordano che il procuratore Francesco Lo Voi, cui si deve l’avviso di garanzia, ha fatto ricorso al Consiglio di Stato perché Mantovano gli avrebbe tolto l’aereo dei servizi con cui, per motivi di sicurezza, volava da Roma a Palermo e ritorno.

APPROFONDISCI CON IL PODCAST

Se la premier ha brandito come un’arma in favor di social media il foglio vergato con «distinti ossequi» da Lo Voi, è perché sente che gli italiani sono con lei dal lato garantista della barricata. Non teme che lo scontro con le toghe deflagri, sembra quasi puntare alla battaglia finale. Ci mette la faccia, cerca il consenso e, tra Instagram e Facebook, fa il pieno di applausi: «Forza Giorgia», «Il popolo è con te». Sui social rimbalzano anche critiche feroci e il sospetto, a sinistra, che eversiva non sia la magistratura, ma la reazione della premier. Lei però si sente nel giusto, tanto da aver dato il via libera in tempo reale ai manifesti che FdI rilancia sul web: «La magistratura rossa attacca il presidente del Consiglio».

Iscriviti alla newsletter di Corriere Roma

Richiedi prestito online

Procedura celere

 

29 gennaio 2025 ( modifica il 29 gennaio 2025 | 08:01)

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 



Source link

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link