DeepSeek, innovazione geniale o manovra della Cina contro gli Usa? La «distillazione» e il vertice del fondatore con il premier cinese nel «Trump Day»

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Per gli esperti non siamo davanti a un vero cambio di paradigma. L’accusa dei tecnici di OpenAI: utilizzato il modello di intelligenza artificiale di proprietà di Altman

NEW YORK – Innovazione geniale, tecnica efficiente e raffinata per sfruttare meglio le tecnologie, già esistenti, sviluppate nella Silicon Valley o operazione studiata a tavolino dai cinesi per tentare di destabilizzare le imprese tecnologiche Usa più avanzate, quelle che hanno il maggiore valore strategico per la potenza avversaria di Pechino?

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L’ipotesi che attorno a DeepSeek fosse stata costruita una manovra tecnopolitica era emersa già lunedì mattina, nel momento del crollo in Borsa di tutti i titoli legati all’intelligenza artificiale e alla produzione di elettricità (visto che il nuovo modello cinese sembra consumarne molta meni energia): alcuni analisti e tecnologi (come il grande innovatore Yann LeCun, ora scienziato capo di Meta-Facebook) avevano invitato a non considerare la novità una rivoluzione o un colpo basso geopolitico, ma come la dimostrazione della superiorità dei modelli open source, che possono essere migliorati da tutti, rispetto a quelli chiusi (come OpenAI che, secondo Elon Musk, ha tradito la sua missione e capovolto la filosofia dei fondatori). Altri, come Neal Khosla, Ceo di Curai, un’impresa che applica l’AI alla sanità, avevano, invece, formulato un’accusa politica: «DeepSeek è una psyop, un’operazione psicologica di Stato voluta dal partito comunista cinese per danneggiare la competitività delle imprese americane».




















































Avevamo citato queste ipotesi che, però, sembravano perdere fondamento davanti ai giudizi ammirati non solo di Marc Andreessen, ma anche del capo di OpenAI, Sam Altman, apparentemente il grande sconfitto nell’affare DeepSeek, e dello stesso presidente Donald Trump che, anziché formulare accuse o seminare dubbi, aveva invitato le imprese americane a prendere atto di una novità che sembrava un cambio di paradigma: «Rimboccatevi le maniche».

Già martedì, però, studiando più a fondo l’innovazione della start up cinese, molti esperti erano arrivati alla conclusione che non siamo davanti a un vero cambio di paradigma, ma all’invenzione di una scorciatoia geniale. Nella notte, poi, i tecnici di OpenAI hanno consegnato al Financial Times la clamorosa accusa: DeepSeek avrebbe usato una tecnica denominata distillazione per addestrare il suo modello di intelligenza artificiale usando quello di proprietà della società di Sam Altman, in violazione delle sue regole di servizio. A quel punto sono stati in tanti a ripensare a una curiosa coincidenza: il 20 gennaio scorso, mentre Trump giurava in Campidoglio, a Pechino il fondatore di DeepSeek, Liang Wenfeng, ha incontrato, assieme ai leader di altre aziende dell’AI, il primo ministro cinese Li Qiang.

E ora la questione DeepSeek rischia di diventare un’altra pagina del contenzioso tra i governi di Washington e Pechino, già ricco di dossier su TikTok, dazi, squilibri commerciali, violazione dei brevetti, fentanyl, tensioni su Taiwan e l’espansionismo del gigante asiatico nel Mar Cinese meridionale. A indicare la possibilità di un cambio di rotta del presidente, la dichiarazione di David Sacks, nominato da Trump “zar” dell’intelligenza artificiale e delle criptovalute: «È possibile che ci sia stato un furto di proprietà intellettuale. Esiste questa tecnica di distillazione con la quale un modello succhia conoscenza da un altro modello. Ed esiste evidenza sostanziale che DeepSeek ha distillato, estratto conoscenza dai modelli di OpenAI: non penso che siano felici per questo».

La parola ora è al presidente che, sul piano internazionale, sta cercando di intavolare un negoziato su più dossier con Xi Jinping. Mentre, all’interno, con l’ordine esecutivo col quale ha cancellato gli interventi regolamentari in campo digitale di Joe Biden, ha anche dato mandato a David Sacks di preparare un action plan per l’intelligenza artificiale, sviluppando ulteriormente le direttive date alle imprese del settore alla fine del suo primo mandato. Forse un tentativo di creare maggiori sinergie tra i giganti digitali Usa che oggi, compatti nel sottrarsi a ogni tipo di regolamentazione, sono divisi da strategie industriali diverse e dalle aspre rivalità fra i tycoon.

29 gennaio 2025 ( modifica il 29 gennaio 2025 | 16:54)

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