Benvenuti nel III millennio! Gli albori della seconda amministrazione Trump

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Con l’elezione per la seconda volta di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti d’America – o la terza secondo alcuni – non si inaugura un secondo mandato di un presidente della “prima potenza mondiale” e “prima democrazia del mondo”, ma un mondo nuovo. Questo non è un elogio del modello trumpiano, ma una constatazione delle circostanze che stanno muovendo il mondo negli ultimi anni, o decenni, che porta necessariamente al cambio degli scenari mondiali in cui questa elezione costituisce solo uno spartiacque evidente e preciso, come lo fu la caduta del muro di Berlino: Fukuyama viene smentito anno dopo anno.

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Il dato di partenza è che la seconda presidenza non sarà uguale alla prima. Il Donald Trump vincitore delle elezioni del 2016 era un miliardario che aveva speso tanti soldi in una campagna elettorale senza crederci nemmeno lui, che aveva vinto contro tutti i pronostici, inclusi i proprî. Era, ancora, un ex democratico, finito nel partito repubblicano come tanti altri, al quale partito si era dovuto rivolgere per sapere cosa e come fare per governare. Il mestiere lo ha imparato, come si fa per tutti i mestieri, facendolo, e alla fine del proprio turno aveva già dimostrato di saperci fare.

Le elezioni del 2024 sono una piena dimostrazione di ciò tra alti (la scelta strategica di investire tanto in Pennsylvania) e bassi (il rifiuto di prepararsi il duello con Kamala Harris, rivelatosi disastroso). La scelta della sua nuova squadra, già durante la campagna elettorale, è una piena dimostrazione di un politico che a volte sbaglia, ma sa dove vuole andare.

Se Trump avesse perso le elezioni, al di là del trionfo del woke – e più in generale dell’ideologia liberal progressista e relativista -, la sua presidenza sarebbe stata un incidente della storia. Invece questa presidenza certificherà l’esistenza di un pensiero identitario pronto a reagire. La storia non è un ineluttabile cammino verso il “progresso” agognato dall’internazionale progressista.

Il secondo mandato costituirà una alternativa a una chimera con due teste. Sicuramente a un pensiero liberal progressista, con tutti gli aggettivi che conosciamo e ci si diverte solitamente ad aggiungere, ma anche ad un (ormai) ex centro-destra, talmente arroccato nella difesa della propria posizione di potere da essere sempre più armato nella guerra a destra e nel tentativo di cercare collaborazione con le sinistre, a cominciare dalla CDU tedesca e dai neocon negli USA, ormai i grandi sconfitti da Trump.

La sua prima presidenza fu contorniata dalle vittorie di diversi alleati in tutto il mondo, molto scorretti, in primis ricordiamo Jair Bolsonaro, il quale si è rivelato poi il meno capace di gestire la propria presidenza. Anche altri identitarii riuscirono ad ottenere risultati notevoli, poi congelati dalla presidenza Biden, che ha riportato il mondo politico vecchio dello scorso secolo ma lo ha lasciato in un incerto equilibrio (“tornerà Trump?”).

Il mondo si sta spostando sempre più a destra, anche a causa della radicalizzazione della sinistra, che non riuscendo più a riproporre la rivoluzione proletaria nella chiave della fine del secondo millennio ha operato un misto di libertinismo dei costumi, accompagnato dalla auto-percezione come “fonte di diritti”, abolizione della proprietà privata in favore della gestione dalla cosa pubblica (pensiamo ai mezzi di trasporto), liberismo economico, a beneficio di pochissimi, accompagnato da tassazioni eccessive per tutti gli altri, un furente modello di società liquida senza identità, in cui l’immigrazione costituisce un palliativo per chi non sapendo recuperare la propria cerca altrove identità altrui, senza volersi scomodare da casa.

In questo modello appare significativo l’ingresso di Elon Musk, ex moderato di sinistra che, dopo aver compreso questi sommovimenti nella sua area politica, si è ri-orientato gradualmente sempre più a destra tanto da diventare un riferimento per la altright, la destra alternativa americana, o la destra “a destra” europea che sembra avere lo scopo di creare la destra moderna. Finalmente moderna significa superare ancoraggi arcaici senza l’accoglimento di tutte le istanze del progresso: perciò sarà sfida di questa destra mostrare chi sa anticipare i tempi e non inventare (brutte) favole. Attenzione però a eccedere nel dare a Musk rilevanza sul piano intellettuale.

Così c’è chi pensa ai diritti arcobaleno e chi pensa a conquistare Marte. Quello che rappresenta Musk infatti è molto di più: un compimento (ancora in fieri, o se vogliamo aristotelicamente, in potenza) del legame tra scienza-tecnica e politica. Non che prima non esistesse, non che non ci fossero scienziati che esprimessero opinioni politiche, almeno latamente intese, ma rimanevano parte della società civile, anche quando interrogati su come affrontare politicamente grandi sfide. Musk non è uno scienziato, ma può inaugurare una ri-saldatura tra un mondo tecnico-scientifico e uno politico.

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Il rapporto tra scienza e politica è piuttosto complesso, non lo indagheremo qua. Adesso Musk, con incarichi di governo, promette di dare spinte enormi a un settore che già negli ultimi anni è cresciuto esponenzialmente. La sfida della seconda presidenza Trump sarà proprio mettere assieme pezzi della società civile in maniera organica per produrre una armoniosa sintesi multidisciplinare per dare la spinta alla civiltà occidentale di rinascere dagli abissi in cui si è gettata con l’autocritica della cancel culture.

Elon Musk resta allora la punta sullo sfruttamento della tecnica nella politica del nuovo millennio: la televisione sembra la macchina dei boomers, Facebook sembra il brontosauro della rete, Musk sa sfruttare pienamente le potenzialità del social network (“Musk non ha comprato un social network ma la libertà di parola”). Le altre democrazie occidentali si chiudono a riccio e iniziano le purghe staliniane di chiunque si allei col nemico sovranista, e Musk dà supporto gratuito, e a volte eccessivo a tutti i potenziali alleati.

La parte più innovativa di ciò, se pensiamo allo scorso secolo, era l’enorme difficoltà di accesso alla rete pubblica, che resta comunque controllata dal sistema istituzionale. Oggi nonostante l’aumento dei canali, la vera apertura si registra nell’etere, dove il talento individuale può far nascere nuovi punti informativi e di diffusione della cultura. A maggior ragione dopo che Zuckerberg a sorpresa, anziché usare il suo potere contro Trump, cerca di abbassare le ostilità e rivela la scoperta dell’acqua calda: il fact-checking era censura.

Il vero giocatore di queste elezioni presidenziali però non è stato Elon Musk: sottovalutata, con un percorso politico di estremo rispetto e assolutamente corretta come proposta di posizionamento troviamo Susie Wiles, che da tanti anni ormai collabora per le campagne elettorali dei repubblicani segnando un successo dietro l’altro e rimanendo sempre umilmente dietro le quinte.

Insomma: la destra recupera progressivamente i proprî valori identitari. La sinistra si inasprisce, qua e là qualche centro radicale riesce a fare da terzo polo sistemico. Il centro-destra e il centro-sinistra non trovano più spazio per governare autonomamente e far rivivere il sogno post-guerra fredda di poter determinare in un gioco di alternanza “più Stato o più mercato” la propria regola di cosa sia la democrazia. Fukuyama aveva torto: la storia va avanti in uno scontro tra identità che dopo l’apnea riprendono il respiro e cercano di riaffermare sé stesse in maniera vivida.

Ma l’evoluzione storica non è solo ideologica, bisogna guardare gli effetti sulla politica internazionale. Tanto per citare i punti più caldi: nazioni come la Georgia in bilico rispetto all’Unione Europea, l’Ucraina che potrebbe perdere pezzi, Israele che passa da un mandato di cattura per Netanyahu a un probabile allargamento ai danni della Siria e una ridefinizione degli equilibri complessivi.

Ovviamente due questioni cruciali saranno i rapporti tra occidente e Russia, atteso che:
1) non si può pensare a una guerra permanente, soprattutto dal momento che il popolo europeo non è moralmente favorevole (anzi);
2) la stessa Unione Europea, dopo essersi affrettata a nominare tutti i vertici esecutivi tra gli amici del duopolio PSE-PPE, scopre che la maggioranza è – nella sostanza e quindi nei fatti– costituita da PPE e i partiti a destra.

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Qui nonostante il tono trionfale degli amici del partito democratico Usa, nessuna politica a sinistra, a partire dal fortunatissimo Green Deal, avrà voti sufficienti, e qualsiasi proposta verso destra troverà mezzo parlamento favorevole; con il beneplacito della sinistra interna che potrà accontentarsi di costituire la maggioranza formale col più esiguo voto della storia europea: 370, ben al di sotto della soglia psicologica dei 400.

La parte finale per la giocherà lo Stato sovrano più longevo: il Vaticano, quando dovrà decidere la nuova guida, se ripetere un gesuitismo 2.0 o se tornare su vecchi passi, più fedeli alla dottrina del magistero e… ai fedeli. Come ogni elezione, è innegabile che l’Impero (metaforicamente inteso), abbia molta rilevanza nella scelta, pensiamo chi erano i presidenti americani nel 2006 e 2013. Ora che Trump è presidente, il risultato potrebbe essere anche più sorprendente. Lo scopo è rigenerare lo spirito dell’Occidente, e attrarre il resto del mondo.

Foto: ritratto ufficiale della Casa Bianca

Le opinioni espresse negli articoli del Belfablog sono quelle dei rispettivi autori e potrebbero non rispecchiare le posizioni del Centro Studi Machiavelli.



Giulio Maria Sibona

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Laureato in Giurisprudenza, specializzato in Diritto agroalimentare quale settore strategico italiano di economia reale. Appassionato di politica, storia, filosofia, spiritualità. Da oltre 10 anni scrive di politica nazionale e internazionale, sulle trasformazioni che il mondo sta vivendo.



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